Occorre accettare come valore umano inalienabile
la libertà
di movimento delle persone su tutta
la terra.
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Generalmente, in occasione di qualche evento, un fenomeno socio-politico
assume dimensione particolare nella comunicazione e poi cade nelloblio,
sostituito da un successivo fenomeno. Oggi è il turno dellimmigrazione,
(grazie al convegno su Migrazione, scenari per il XXI secolo,
organizzato dallAgenzia romana per il Giubileo). Ieri era
stata la volta della lotta allAids, per il convegno internazionale
di Durban, problema oramai già archiviato nelle coscienze
dei lettori, dopo aver riempito le prime pagine di tutti i giornali
del mondo. Ma il problema resta anche dopo i convegni e merita di
rimanere anche nella memoria della gente, affinché si produca
quel comune sentire che è base necessaria per una buona trattazione
giuridica e regolamentativa dei vari problemi sollevati.
Con riferimento allimmigrazione, (argomento odierno), è
sbagliato a mio avviso trattare tale problema per
argomenti specifici e parziali, come sta avvenendo attualmente.
In modo particolare, è sbagliato affrontare il problema dellimmigrazione
soltanto affermando che lItalia e lEuropa hanno bisogno
di lavoratori per specifiche funzioni o perché la nostra
natalità è bassa.
Altrettanto errato è affrontare il problema dal lato delle
case per gli immigrati oppure della criminalità o ancora
dei servizi sociali e dei costi inerenti da affrontare.
E sbagliato non perché tali problemi non esistano,
ma perché così facendo si sollecitano singole soluzioni
riservate agli immigrati, ciò che aggraverebbe
i problemi della convivenza proprio con gli immigrati. Se gli immigrati
vengono da noi perché gli italiani non fanno più certi
lavori, dovremmo poi impedire agli immigrati di fare i lavori che
gli italiani invece vogliono fare? Se costruiremo case riservate
per gli immigrati, poi avremo i ghetti impenetrabili, al di fuori
della società civile. Se definiamo numeri e professioni da
importare, dovremo poi essere in grado di programmare
le nostre economie, quando invece abbiamo constatato il fallimento
di ogni dirigismo programmatorio. Se adotteremo leggi speciali per
reprimere la criminalità degli immigrati, distruggeremo la
possibilità e la speranza che gli immigrati si inseriscano
nella nostra società.
Non di leggi speciali abbiamo bisogno, ma di una revisione del nostro
ordinamento giuridico per correggere ed eliminare tutto ciò
che isola gli immigrati, costringendoli alla clandestinità
o al lavoro nero. Penso alle leggi sulle professioni e i mestieri,
che con le loro licenze e titoli di studio rendono ardua o impossibile
lattività degli immigrati. Penso alle regole del mercato
del lavoro e ai costi contributivi che sono stati concepiti quando
i lavoratori erano soltanto italiani. Penso alle leggi sugli affitti
che, anche dopo la fine dellequo canone, sono una barriera
allofferta delle abitazioni. Penso alle scuole con i loro
programmi e anche alle istituzioni che riservano il diritto di voto
e di rappresentanza esclusivamente ai cittadini italiani, persino
in zone dove gli italiani sono o saranno una minoranza.
Occorre rivedere queste normative per tutti e non soltanto per
gli immigrati, in modo che tutti siano sullo stesso piano e che
tutti siano nella possibilità di rispettare regole e leggi.
A quel punto, la tolleranza verso le trasgressioni dovrà
essere zero. Come è stato correttamente detto, è necessario
coniugare una riduzione delle regole con una repressione forte delle
trasgressioni.
E poi occorre accettare come valore umano inalienabile la libertà
di movimento delle persone su tutta la terra. I singoli Paesi possono
anche ricorrere a misure regolatorie dei movimenti delle persone
per evitare laffollarsi di problemi immediati cui dare una
risposta. Ma tali regolazioni vanno viste come una necessità
transitoria (pur se lunga), e non come un valore per difendere culture
o etnie che, nella storia dellumanità, si sono sempre
modificate radicalmente, dando luogo alla grande avventura delluomo.
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