Il rifiuto di un ruolo prefissato dalle convenzioni
sociali è già un primo,
importante segno
di novità.
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Antonietta e i Borboni (Capone editore, 1998, pp. 368), lopera
con la quale la leccese Emilia Bernardini esordisce nella narrativa
(nel 1994 aveva pubblicato un libro di poesie, Mal di luna), rientra,
come chiarisce lo stesso sottotitolo, nel filone del romanzo
storico, un genere nato nellOtto-cento, ma che può
vantare illustri esemplari anche nel nostro secolo. Per essere ancora
più precisi, essa si colloca a metà strada tra un
romanzo storico e una biografia romanzata, anche questo un genere
assai coltivato nel Novecento, dal momento che qui si narra, come
scrive lautrice nellIntrodu-zione, la «vera storia»
di Antonietta de Pace, una delle figure più note della lotta
risorgimentale nel Mezzogiorno, alternando, con notevole equilibrio,
la ricostruzione storico-documentaria allinvenzione letteraria.
Il libro, che si legge tutto dun fiato, nonostante la mole,
copre un periodo di quasi settantanni, durante i quali le
vicende della protagonista, nata a Gallipoli nel 1818, sintrecciano
strettamente con gli avvenimenti storici della nazione. E sono,
come tutti sanno, avvenimenti fondamentali per la storia dItalia:
dai moti del 48 allo sbarco dei Mille, dallunità
allannessione di Roma. La Bernardini, che è pronipote
della de Pace, segue i momenti pubblici ma anche quelli privati
dellavventurosa vita della sua ava con unammirazione
non dissimulata, ma che emerge anzi chiaramente da queste pagine
e che a giusta ragione Michele Prisco nella Presentazione definisce
«empatia», cioè quasi unidentificazione
totale con questo personaggio.
La fabula ha inizio dunque nel 1831, anno al quale risalgono tre
lettere che si finge siano spedite dalladolescente Antonietta,
dal paese natio, alla sorella Carlotta, ammalata e in cura alla
Selva di Fasano. E già questo è un modo originale,
da un punto di vista narrativo, di presentare la protagonista, anzi
di farla presentare ai lettori direttamente da se stessa, mentre
in seguito la narrazione sarà condotta sempre in terza persona.
Dalle lettere emergono infatti alcuni aspetti del suo carattere,
come la vivacità, lanticonformismo, lapertura
ai problemi degli altri.
Ma una funzione assai importante, ai fini della delineazione della
sua personalità, svolgono anche le pagine seguenti, che narrano
del viaggio compiuto da Antonietta insieme ai genitori nelle terre
paludose di Ugento, di proprietà della madre, per prestare
soccorso ai contadini, afflitti da malattie endemiche come il tifo
e la malaria. E qui la visione delle terribili condizioni di vita
degli abitanti di queste zone rappresenta quasi una presa di coscienza
per la giovane. Come pure un ulteriore momento di maturazione per
lei è costituito dalla conoscenza della storia di una popolana,
Tonina, la donna del pilone, che le fa prendere la decisione
di dedicarsi agli studi giuridici per difendere i più deboli
e gli indifesi.
Questa scelta era in netto contrasto con le abitudini delle famiglie
altoborghesi e aristocratiche in quel periodo. Come si legge infatti
nel primo capitolo, le ragazze «venivano ritirate in giovane
età dagli studi condotti nei conventi, dopo aver ricevuto
una buona educazione formale che obbediva ai tabù e alle
mode eleganti del tempo, con una cultura generica e labitudine
a conversare in francese. Quindi si avviavano al ruolo di spose
e padrone di casa, ammirate e lodate in proporzione diretta al successo
ottenuto nellalta società» (p. 15).
Il rifiuto quindi di un ruolo prefissato dalle convenzioni sociali
è già un primo, importante segno di novità,
che Emilia Bernardini mette giustamente in rilievo in questa prima
parte, tra le più convincenti del libro, e che riconduce
al discorso sulla condizione femminile nellOttocento e sulla
volontà di emancipazione, impersonata dalla de Pace, che
a mio avviso è una delle chiavi principali di lettura del
romanzo.
Ancora più radicale sarà poi la scelta di Antonietta
di partecipare attivamente, mettendo spesso a repentaglio la sua
esistenza, alle lotte contro i Borboni, per affermare le proprie
idee, spinta da un senso di giustizia e dallamore per la libertà.
E dora in avanti la narrazione sarà incentrata sulle
imprese della de Pace, unica donna in mezzo agli altri patrioti
napoletani e salentini, ricordati nel romanzo, che avevano aderito
alla Giovane Italia di Mazzini: Epaminonda Valentino,
il cognato, Carlo e Alessandro Poerio, Giuseppe Libertini, Liborio
Romano, Sigismondo Castromediano, Giuseppe Pisanelli, Nicola Schiavoni,
Gioacchino Stampacchia, Nicola Mignogna e altri ancora.
Nei capitoli centrali perciò il racconto si carica di tensione
e talora raggiunge anche una certa suspense, grazie allabilità
dellautrice che mette in atto unefficace strategia comunicativa.
Antonietta e i Borboni infatti non è una semplice biografia
della de Pace, ma una narrazione sempre vivace, mossa, varia. Tra
i numerosi episodi che restano impressi nella memoria, vorrei segnalare,
ad esempio, quello relativo alle visite che Antonietta compie nelle
carceri borboniche, in qualità di vivandiera,
ma in realtà per portare la corrispondenza dei patrioti,
dove la Bernardini dimostra una forza realistica notevole, come
nella descrizione di certi atti di ferocia gratuita che venivano
compiuti dalle guardie nei confronti dei detenuti.
E ancora degni di essere ricordati sono altri momenti, come la partecipazione
della donna alle barricate del 48 o quello, di grande vivacità
descrittiva, in cui essa, un attimo prima di venire arrestata dalla
polizia borbonica, riesce a inghiottire alcune carte compromettenti
per farle sparire. Non manca nemmeno, nella costante tensione del
racconto, qualche situazione quasi umoristica, come
la definisce Prisco, come quella che si verifica durante il processo,
allorché la de Pace sinventa il nome di un Peppino
qualsiasi, pur di non rivelare il nome di Giuseppe Libertini, al
quale erano diretti alcuni proclami mazziniani, indicati in una
sua lettera con il nome in codice di capponi.
Ma lepisodio forse in assoluto più riuscito, da un
punto di vista strettamente narrativo, è quello della fuga
di Antonietta dalla carrozza che doveva portarla a Gaeta anche stavolta
con dei documenti di estrema pericolosità per lei e per gli
altri congiurati. Qui infatti emerge proprio la capacità
della Bernardini di dar vita a una narrazione avvincente, che tiene
i lettori col fiato sospeso fino allepilogo di questa vicenda.
Negli ultimi capitoli del romanzo la tensione gradualmente si allenta
e sembrano prevalere daccapo i momenti intimi della vita della donna,
come la storia damore con Beniamino Marciano, il compagno
di vita e di lotta che più tardi sposa, o il dolore per la
perdita del nipote prediletto Francesco, caduto nella battaglia
di Bezzecca. Ma anche adesso non mancano altri episodi che la vedono
protagonista in avvenimenti pubblici, come lentrata a Napoli
in compagnia di Garibaldi nel 1860, una sorta di omaggio che le
viene concesso dal generale proprio per il suo impegno e che rappresenta
il suo personale trionfo, o la consegna di un dono alla
regina Margherita a nome delle donne napoletane, da lei fatta un
po a malincuore, essendo una convinta repubblicana.
Ma se Antonietta de Pace, come è giusto che sia, è
la protagonista della storia narrata, una folla di personaggi popola
il libro, realmente esistiti, come i patrioti che prima ho nominati,
o dinvenzione, che lautrice segue sempre attentamente,
quasi prendendoli per mano e non abbandonandoli mai. E sono talmente
numerosi che forse ci sarebbe voluto un indice dei nomi alla fine,
come si fa per le opere saggistiche.
Uno spicco particolare, rispetto alle figure maschili, hanno quelle
femminili, che permettono alla Bernardini di proseguire la sua riflessione
sulla condizione della donna nellOttocento sia tra le classi
aristocratiche sia tra quelle popolari. Una figura seguita con trepida
attenzione, dalla fanciullezza alla tragica scomparsa, è,
ad esempio, quella di Francesca, la cugina di Antonietta. Molto
belle sono le pagine che descrivono la sua partenza dalla Turchia,
insieme con il padre e la fedele governante Nicole, dopo la morte
della madre. Qui infatti la scrittrice riesce a penetrare nello
stato danimo di una bambina che abbandona definitivamente
il piccolo mondo in cui era vissuta fino ad allora.
Francesca, più avanti, la ritroviamo ormai donna e andata
in sposa a un nobile napoletano, il principe Umberto di Conversano,
secondo, come si diceva prima, un rituale consueto e assai ambito
per le fanciulle di un certo ceto sociale. E questo il destino,
a cui si ribella Antonietta, e del quale resta vittima invece la
cugina, condannata al ruolo di sposa infelice di un marito traditore
e brutale. E la morte violenta per mano di un soldato, allorché
la donna a cavallo si reca ad avvertire la de Pace di distruggere
certi documenti segreti, sembra una morte quasi voluta, poiché
rappresenta la sola possibilità di fuga da una situazione
senza via di scampo.
Ma rappresentative di una certa condizione sono anche altre due
figure, appartenenti stavolta alle classi popolari, le cui vicende
sincrociano in momenti diversi con quelle di Antonietta. La
prima è Tonina, la donna del pilone, della quale
viene narrata la storia cupa e tremenda attraverso la tecnica del
flash back. E una vicenda di emarginazione e di degrado, che
sfocia in un assassinio, proprio a causa delle rigide convenzioni
sociali, a cui questa donna non si adegua, e che suscita linteresse
e la pietà della giovane. Laltra figura è quella
di Teresa, unumile contadina, che reagisce, a modo suo, alla
funzione a cui era destinata, quella di semplice fattrice,
riversando tutto il suo affetto e le sue attenzioni sullultimo
figlio, Nino, insieme al quale assiste la de Pace, rimasta ferita
dopo la fuga dalla carrozza.
Tra i personaggi maschili, emerge quello negativo di
Michele, il figlio adottivo di Gregorio de Pace, segretamente innamorato
della cugina Francesca, ambizioso al punto da progettare lomicidio
del padre per avvelenamento, come confesserà al giudice,
ubriaco, molti anni dopo essere stato assolto nel processo. E un
rilievo particolare ha pure il nemico numero uno della protagonista,
il re Borbone Ferdinando II, che non viene demonizzato dalla scrittrice,
come ci si potrebbe aspettare, ma è descritto invece come
un uomo ambiguo, complesso, tormentato.
Ma, accanto a questi e a tanti personaggi minori, unaltra
componente fondamentale del libro è lo sfondo ambientale
su cui si svolgono le vicende. Perché, se è vero che
la narrazione di fatti e azioni, sempre incalzanti, prevale sulle
descrizioni, è anche vero che queste non mancano e anzi risultano
sempre funzionali alla storia e alla migliore comprensione della
personalità di Antonietta.
Notevoli, ad esempio, come ho già accennato, sono le descrizioni
dei villaggi di contadini colpiti da gravi epidemie. Ugualmente
assai accurate sono quelle, in stridente contrasto con le precedenti,
delle abitudini di vita delle famiglie altoborghesi e aristocratiche,
soprattutto in occasione di feste e di ricevimenti nei sontuosi
palazzi salentini e napoletani. In queste pagine tutto è
puntualmente rievocato e passato in rassegna dallautrice come
in una carrellata cinematografica: dagli arredi alle suppellettili,
dagli abiti alle conversazioni. Così pure colpiscono per
la loro vigoria le rappresentazioni delle carceri borboniche e delle
condizioni nelle quali erano costretti a vivere gli arrestati per
motivi politici.
Ma il romanzo, come sè detto, pur avendo un impianto
di tipo tradizionale, non è una pura ricostruzione documentaria
della vita della de Pace, bensì unabile reinvenzione,
fatta con mezzi squisitamente letterari. La Bernardini infatti dimostra
di saper tenere costantemente sotto controllo lintreccio,
piuttosto complesso, da lei elaborato, rivelando una sorprendente
padronanza della tecnica narrativa, della quale, per finire, vorrei
portare alcuni esempi.
Già sè accennato alluso del flash back
nellepisodio della donna del pilone o al singolare
modo di presentazione della protagonista, che avviene direttamente
in prima persona attraverso lespediente epistolare. Ma assai
originale è anche la narrazione del complotto che porterà
allomicidio di Gregorio de Pace, in cui è implicato,
come sè detto, anche il figlio adottivo Michele. Infatti,
il punto di vista adottato allinizio di questa vicenda, per
produrre un effetto dattesa sui lettori, è quello di
un personaggio, Francesca, la giovane cugina di Antonietta, la quale
riesce ad avere le prime, ancora vaghe impressioni di quello che
stava per accadere attraverso un misterioso colloquio a cui si trova
casualmente ad assistere. E sono proprio queste impressioni che
conducono, in un secondo momento, ai sospetti dei familiari di Gregorio
e al processo.
A proposito poi della capacità dellautrice di tenere
le fila dei numerosi personaggi e di fare incrociare le storie secondarie
con quella principale, vorrei citare ancora lepisodio della
fuga dalla carrozza. Ebbene, qui il congiurato che avverte Antonietta
del pericolo è un personaggio, Vincenzo Vetrò, che
i lettori avevano incontrato bambino, molte pagine prima, al momento
del viaggio dei de Pace nelle terre di Ugento e che essi poi avevano
provveduto a fare sistemare da una nobildonna napoletana, essendo
rimasto orfano. A Napoli Vincenzo diventa un bravo parrucchiere,
aderisce al movimento mazziniano e un giorno, mentre sta svolgendo
il suo lavoro, viene a sapere che la donna in fuga per Gaeta era
ricercata. A questo punto riesce a raggiungere la carrozza che la
trasportava e ad avvertirla poco prima dellarrivo della polizia
borbonica, permettendole di mettersi in salvo attraverso la fuga.
Anche qui insomma la suspense è ottenuta attraverso il ricorso
a precisi procedimenti narrativi.
Ecco, è attraverso questa sapiente costruzione romanzesca
che Emilia Bernardini ci fa rivivere le vicende di Antonietta de
Pace e ci offre al tempo stesso uno spaccato ricco e variegato della
società meridionale nei decenni centrali dellOttocento.
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