E, infine,
le indagini più
intriganti: quelle dalle quali
si attendevano
le più spettacolari rivelazioni...
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Ne è passato di tempo dal giorno in cui si richiuse il sepolcro
di Federico II! Era stato aperto il 2 novembre del 98, giorno
evidentemente emblematico per i morti, e lo si era risigillato dopo
ben settantuno giorni, durante i quali erano stati effettuati prelievi,
indagini, analisi, con il sovrapprezzo di ipotesi e di annunci (o
pre-annunci) sensazionali, che poi si erano tramutati in deluse
ritrattazioni. Poco meno di due mesi e mezzo, durante i quali si
era frugato, setacciato, sezionato, prima che il pesante coperchio
del sarcofago fosse rimesso al suo posto, che venisse smontata la
camera sterile che vi era stata costruita sopra e intorno, che venissero
spenti microfoni e telecamere. Prima di smorzare i quarzi del palcoscenico
storico-scientifico allestito nella Cattedrale di Palermo, unultima
operazione, non proprio doverosa: linserimento nella tomba
di una targa doro e di una pergamena nelle quali il sindaco,
Leoluca Orlando Cascio, e lassessore regionale ai Beni Culturali
Salvatore Morinello ricordano lispezione conclusa nellanno
di grazia 1999. Ciascuno ha diritto al suo spicchio di memoria storica,
senza andar tanto per il sottile per le sue dimensioni.
Ricognizione per fare che cosa? Per quale profonda e irrinunciabile
ragione si sono affaccendati in tanti attorno a quello sparuto mucchietto
di tibie, di mandibole, di peroni, di ossa iliache, cioè
attorno a quanto resta dello svevo Stupor Mundi, del suo discendente
Pietro II dAragona e di una creatura sconosciuta, con ogni
probabilità una giovanissima principessa di Casa Hohenstaufen,
della quale rimane uno scurito scheletrino? Diario dei lavori. Le
analisi delle malte di sigillatura del coperchio e quelle microbiologiche
hanno accertato lassenza di colonie microbiologiche attive.
Perfetto. Sono state poi aspirate le polveri depositate sui tessuti,
sulle pareti e sul coperchio del sarcofago; sono stati effettuati
microprelievi dei tessuti, di frammenti metallici del globo imperiale,
di frammenti del materiale ligneo, e, infine, le indagini più
intriganti: quelle dalle quali si attendevano le più spettacolari
rivelazioni, col prelievo di microframmenti ossei dai corpi contenuti
nel sarcofago, per laccertamento del patrimonio genetico del
nipote del Barbarossa. Lindividuazione del genoma venne
proclamato senza riserve consentirà tra laltro
di verificare se Federico II era o meno affetto da eventuali malattie
genetiche!
E questo sarebbe stato un dato fondamentale. Del grande imperatore
sappiamo, o meglio, sapevamo quanto ci era bastato per secoli: che
era stato poeta e astrologo, alchimista e matematico, astronomo
e filosofo, promotore di straordinarie architetture e di altrettanto
straordinarie amicizie. Ma non era sufficiente. Ignoravamo se, ad
esempio, soffrisse di diabete! Che, come è ormai noto al
colto e allinclita, è dato di conoscenza irrinunciabile.
Come si pretende di giudicare un uomo del genere, se prima non si
scopre quale sia stato il suo tasso di glicemia? Calma e gesso,
dichiararono i ricercatori del progetto genoma (che studia le patologie
moderne attraverso quelle del passato, anche remoto). Fra tre mesi
aggiunsero, rispondendo a domanda sapremo assolutamente
di tutto e di più. E si portarono via il loro frammentino
dosso prelevato da un arto inferiore dalléquipe
del professor Alfredo Salerno, direttore dellIstituto di Patologia
generale del policlinico palermitano. Depositato in un contenitore
sterile, il frammentino venne chiuso ermeticamente e conservato
alla temperatura costante di quattro gradi.
Era il 7 gennaio, primo giorno successivo alla ricorrenza della
Befana. Che nel 99, evidentemente, più che di regali
era stracarica di antracite e di litantrace, cioè di vile
carbone da distribuire a piene mani, anche nelle ore seguenti. Di
lì a due giorni, infatti, la prima doccia scozzese: lesame
del Dna sulle spoglie imperiali venne dichiarato a rischio.
Perché mai? Perché quel benedetto frammentino osseo
poteva essere stato inquinato, il che avrebbe impedito
inesorabilmente di conoscere e rivelare il codice della vita del
Puer Apuliae.
Delusissimo il professor Salerno: le probabilità di accertare
il Dna fridericiano erano poche, addirittura scarse. Non restava
che sperare che non ci fossero state contaminazioni del tessuto
osseo di Federico da parte di altre mani nel corso dei secoli. Ma
questo aggiunse lo studioso è assai difficile.
Unica consolazione, riflettemmo sul momento, è che la mafia
non centra, o come dicono oggi coloro che hanno la formidabile
bravura di tradurre direttamente dal dialetto allitaliano,
non ci azzecca!
Allora, scoperchiatura e frugamenti del tutto inutili? Precisamente
così: a tanta distanza, e col silenzio assordante calato
su tutta la vicenda, siamo ormai rassegnati: dobbiamo rinunciare
per sempre a sapere se lo Svevo, fondatore dellUniversità
di Napoli, fosse daltonico; se il Re cristiano che per amicizia
e considerazione intellettuale ebbe e passò alla Cristianità
Gerusalemme, e che tanto era affascinato dalla cultura araba avesse
il colesterolo un poco fuori posto; se il poeta che fu lanima
della Scuola Siciliana, che parlava correntemente latino, greco,
volgare, francese, tedesco e arabo, fosse insidiato da un principio
di gotta; se il cabalista che seminò di manieri il suo glorioso
Regno, coronato dal superbo, misterioso e intrigante Castel del
Monte abbia lasciato in eredità anche qualche gene stortignaccolo.
Estrosi indagatori di tutto il mondo, disunitevi! Deponete cazzuole
e curiosità, rinunciate a ricognizioni, prospezioni, asportazioni.
Rinunciate alle tentazioni della fama da spettacolo. Noi non sapremo
mai neppure perché quei tessuti cerebrali, uguali a milioni
di altri tessuti cerebrali, abbiano generato un pensiero e unazione
più alti degli altri. Non appureremo mai perché e
come Federico si sia tanto innamorato del Sud, avendo in terra germanica
regioni e ricchezze di gran lunga più consistenti. Lasciate
che il nobile Imperatore riposi in pace, con gli imperscrutabili
segreti della sua esistenza e della sua grandezza.
Sit tibi terra levis: augurateglielo, una volta e per sempre, nei
secoli dei secoli. Amen.
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