Settembre 2000

ASSORDANTI SILENZI

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La beffa di Federico
Welt
 
 

 

 

 

 

E, infine,
le indagini più
intriganti: quelle dalle quali
si attendevano
le più spettacolari rivelazioni...

 

Ne è passato di tempo dal giorno in cui si richiuse il sepolcro di Federico II! Era stato aperto il 2 novembre del ‘98, giorno evidentemente emblematico per i morti, e lo si era risigillato dopo ben settantuno giorni, durante i quali erano stati effettuati prelievi, indagini, analisi, con il sovrapprezzo di ipotesi e di annunci (o pre-annunci) sensazionali, che poi si erano tramutati in deluse ritrattazioni. Poco meno di due mesi e mezzo, durante i quali si era frugato, setacciato, sezionato, prima che il pesante coperchio del sarcofago fosse rimesso al suo posto, che venisse smontata la camera sterile che vi era stata costruita sopra e intorno, che venissero spenti microfoni e telecamere. Prima di smorzare i quarzi del palcoscenico storico-scientifico allestito nella Cattedrale di Palermo, un’ultima operazione, non proprio doverosa: l’inserimento nella tomba di una targa d’oro e di una pergamena nelle quali il sindaco, Leoluca Orlando Cascio, e l’assessore regionale ai Beni Culturali Salvatore Morinello ricordano l’ispezione conclusa nell’anno di grazia 1999. Ciascuno ha diritto al suo spicchio di memoria storica, senza andar tanto per il sottile per le sue dimensioni.
Ricognizione per fare che cosa? Per quale profonda e irrinunciabile ragione si sono affaccendati in tanti attorno a quello sparuto mucchietto di tibie, di mandibole, di peroni, di ossa iliache, cioè attorno a quanto resta dello svevo Stupor Mundi, del suo discendente Pietro II d’Aragona e di una creatura sconosciuta, con ogni probabilità una giovanissima principessa di Casa Hohenstaufen, della quale rimane uno scurito scheletrino? Diario dei lavori. Le analisi delle malte di sigillatura del coperchio e quelle microbiologiche hanno accertato l’assenza di colonie microbiologiche attive. Perfetto. Sono state poi aspirate le polveri depositate sui tessuti, sulle pareti e sul coperchio del sarcofago; sono stati effettuati microprelievi dei tessuti, di frammenti metallici del globo imperiale, di frammenti del materiale ligneo, e, infine, le indagini più intriganti: quelle dalle quali si attendevano le più spettacolari rivelazioni, col prelievo di microframmenti ossei dai corpi contenuti nel sarcofago, per l’accertamento del patrimonio genetico del nipote del Barbarossa. L’individuazione del genoma – venne proclamato senza riserve – consentirà tra l’altro di verificare se Federico II era o meno affetto da eventuali malattie genetiche!

E questo sarebbe stato un dato fondamentale. Del grande imperatore sappiamo, o meglio, sapevamo quanto ci era bastato per secoli: che era stato poeta e astrologo, alchimista e matematico, astronomo e filosofo, promotore di straordinarie architetture e di altrettanto straordinarie amicizie. Ma non era sufficiente. Ignoravamo se, ad esempio, soffrisse di diabete! Che, come è ormai noto al colto e all’inclita, è dato di conoscenza irrinunciabile. Come si pretende di giudicare un uomo del genere, se prima non si scopre quale sia stato il suo tasso di glicemia? Calma e gesso, dichiararono i ricercatori del progetto genoma (che studia le patologie moderne attraverso quelle del passato, anche remoto). Fra tre mesi – aggiunsero, rispondendo a domanda – sapremo assolutamente di tutto e di più. E si portarono via il loro frammentino d’osso prelevato da un arto inferiore dall’équipe del professor Alfredo Salerno, direttore dell’Istituto di Patologia generale del policlinico palermitano. Depositato in un contenitore sterile, il frammentino venne chiuso ermeticamente e conservato alla temperatura costante di quattro gradi.
Era il 7 gennaio, primo giorno successivo alla ricorrenza della Befana. Che nel ‘99, evidentemente, più che di regali era stracarica di antracite e di litantrace, cioè di vile carbone da distribuire a piene mani, anche nelle ore seguenti. Di lì a due giorni, infatti, la prima doccia scozzese: l’esame del Dna sulle spoglie imperiali venne dichiarato “a rischio”. Perché mai? Perché quel benedetto frammentino osseo poteva essere stato “inquinato”, il che avrebbe impedito inesorabilmente di conoscere e rivelare il codice della vita del Puer Apuliae.
Delusissimo il professor Salerno: le probabilità di accertare il Dna fridericiano erano poche, addirittura scarse. Non restava che sperare che non ci fossero state contaminazioni del tessuto osseo di Federico da parte di altre mani nel corso dei secoli. Ma questo – aggiunse lo studioso – è assai difficile. Unica consolazione, riflettemmo sul momento, è che la mafia non c’entra, o come dicono oggi coloro che hanno la formidabile bravura di tradurre direttamente dal dialetto all’italiano, non ci azzecca!
Allora, scoperchiatura e frugamenti del tutto inutili? Precisamente così: a tanta distanza, e col silenzio assordante calato su tutta la vicenda, siamo ormai rassegnati: dobbiamo rinunciare per sempre a sapere se lo Svevo, fondatore dell’Università di Napoli, fosse daltonico; se il Re cristiano che per amicizia e considerazione intellettuale ebbe e passò alla Cristianità Gerusalemme, e che tanto era affascinato dalla cultura araba avesse il colesterolo un poco fuori posto; se il poeta che fu l’anima della Scuola Siciliana, che parlava correntemente latino, greco, volgare, francese, tedesco e arabo, fosse insidiato da un principio di gotta; se il cabalista che seminò di manieri il suo glorioso Regno, coronato dal superbo, misterioso e intrigante Castel del Monte abbia lasciato in eredità anche qualche gene stortignaccolo.

Estrosi indagatori di tutto il mondo, disunitevi! Deponete cazzuole e curiosità, rinunciate a ricognizioni, prospezioni, asportazioni. Rinunciate alle tentazioni della fama da spettacolo. Noi non sapremo mai neppure perché quei tessuti cerebrali, uguali a milioni di altri tessuti cerebrali, abbiano generato un pensiero e un’azione più alti degli altri. Non appureremo mai perché e come Federico si sia tanto innamorato del Sud, avendo in terra germanica regioni e ricchezze di gran lunga più consistenti. Lasciate che il nobile Imperatore riposi in pace, con gli imperscrutabili segreti della sua esistenza e della sua grandezza.
Sit tibi terra levis: augurateglielo, una volta e per sempre, nei secoli dei secoli. Amen.

   
   
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