Questa crisi
strutturale trasmette alla città una serie di sfide e dilemmi
etici capaci
di suscitare
sentimenti estremi di solidarietà
e di ostilità.
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Nel corso dei secoli, con il mutare dei tempi e dei dominatori,
cambiarono anche le desinenze del suo nome: Hydrus, Hydron, Hydronton,
Hidrenton, i latini lo tradussero poi in Hydruntum e inoltre Otrànto,
Otràntu, Utràntu, Utrànto, e infine Otranto,
rappresenta la sintesi della civiltà salentina antica e sempre
nuova, è una voce di richiamo per la sua sacralità,
per la sua grandezza storica, artistica e turistica. Le sue origini
sono remotissime, tra i suoi fondatori si ricordano i nomi di Minosse,
Dedalo, Ercole, Japigio, Lizio Idomeneo, i Candioti, e anche lEnea
virgiliano, profugo dalla patria distrutta, toccò questa
terra bella e ridente. Otranto come molte città del Salento,
della Calabria e della Sicilia fece parte della Magna Grecia e fu
tra le più cospicue sedi in cui fiorì il commercio
con il Levante.
Passata poi ai Romani, abili conquistatori, questa città
salì a nuova importanza, divenendo luogo di imbarco per le
gloriose legioni romane e dei latini diretti in Grecia, Apollonia,
Durazzo e Costantinopoli, e venne arricchita di privilegi, statue,
strade e fontane. Sotto la dominazione dellImpero Romano,
Otranto continuò a tenere la sua zecca, coniò in bronzo
lasse, il semisse, il triente, il quadrante, il sestante,
loncia, e in argento i quinari. Aiutati dalla secolare tradizione,
che si perpetua viva nel tempo, molti scrittori locali e stranieri
ritengono come verità legittimamente dimostrata il fatto
della venuta di San Pietro in Otranto. A tal riguardo, Arditi afferma:
«Ma quel che avvenne di più memorando e portentoso
sotto limpero dei Romani si fu lapprodo di S. Pietro
proveniente dAntiochia nellanno 43 dellera cristiana.
Come giunse, il Santo Apostolo predicò la legge del Vangelo
e vi ebbe dedicata una chiesina e vuolsi stata la prima Cattedrale».
Il Cantù soggiunge che San Pietro venendo dAntiochia
approdò a Brindisi, quindi ad Otranto e a Taranto lasciò
vescovo Amasiano. Anche Scherillo, Albino, Ceccaroni, Ferrari, Morelli,
il cardinale Cesare Baronio e i nostri arcivescovi Morra, Orsi,
De Aste, nelle relazioni delle visite pastorali, parlano dello storico
avvenimento.
Cadde lImpero dei Cesari, e Otranto nel 544 fu assediata dai
Goti, guidati dal re Totila, la città resistette e tenne
fermo finché nel 546 vennero ad aiutarla i capitani greci
Isacco e Giovanni. Sfrattati i Goti dallItalia per opera di
Belisario e Narsete, nel 552 Otranto rimase in mano ai Bizantini,
divenendo la scala principale del commercio per lOriente e
sede del governo bizantino. LImperatore Giustiniano la elevò
a capoluogo della regione e divenne residenza dei governatori civili
e militari. Il De Ferrariis sostiene che Otranto per opera dei greci
augusti «fu anticamente la rocca; quantunque lantica
città non fosse compresa in troppo ampio circuito. Imperocché
io credo che non eccedesse lo spazio di undici stadii da quel che
può congetturarsi prima della guerra dei Turchi; ora è
tutta uguagliata al suolo. La città antica era munitissima;
il muro, comè fama, era congiunto a cento torri, di
alcune mi si mostravano le vestigia, quandera fanciullo, e
lultima fino ai nostri tempi serbò il nome di Centenaria».
Nel 567 Otranto respinse Alboino e i Longobardi che lassalirono
violentemente. Nell846 fu assediata barbaramente dai Saraceni
guidati dal condottiero Saba, «che dopo averla spogliata di
largo bottino la distrussero demolendo mura e castello». Nell880
ancorò nel suo porto limponente flotta dellimperatore
Basilio il Macedone, venuta a scacciare quei barbari, a riconquistare
e a restaurare i luoghi sottratti al dominio greco. Nel 1055, questa
città fu battuta e presa dai Normanni per opera di Roberto
il Guiscardo. I Bizantini però nel 1067 rioccuparono Otranto,
Brindisi e Taranto scatenando lira del Guiscardo, che personalmente
marciò alla volta della città, dopo aver occupato
la piazzaforte di Obbiano (forse lattuale Uggiano la Chiesa).
Otranto cadde definitivamente nelle mani dei Normanni nel 1069,
e così dopo cinque secoli si concluse la dominazione bizantina
nellItalia Meridionale.
Ma la Terra dOtranto continuò ancora a lungo a sentire
linflusso orientale: nella lingua, nella vita quotidiana,
nella cultura, nei costumi, nellarte, nella liturgia. Roberto
il Guiscardo dopo la conquista intuì subito limportanza
strategica e politica che Otranto poteva avere ai fini delle sue
imprese e mire espansionistiche, perciò si preoccupò
di fortificarla, munendola di altre bastite e riattandone il castello.
Proprio in questa città, nel 1080-81, egli preparò
la sua spedizione in Oriente contro lImperatore Alessio I
Comneno e da questo porto salpò con la sua flotta. Successivamente
il Guiscardo, a Roma, lottò in aiuto del Papa contro Enrico
IV e nel 1085 ritornò ad Otranto, dove si imbarcò
per la Grecia, ma la morte lo colse il 17 luglio di quello stesso
anno a Cefalonia e il suo corpo fu trasportato ad Otranto via mare.
Qui i fedeli del duca si resero conto che il cadavere era in stato
avanzato di putrefazione e decisero di lasciare il cuore e i visceri
del defunto in questa città e il resto del corpo imbalsamato
fu traslato a Venosa. Il 1° agosto 1088, questa città
vide consacrare la sua cattedrale da Roffredo, arcivescovo di Benevento,
assistito dallarcivescovo di Otranto Guglielmo e dagli arcivescovi
Urso di Bari, Alberto di Taranto e Godino di Brindisi. La consacrazione
fu resa più solenne dalla presenza di Ruggero I, duca di
Sicilia, fratello del Guiscardo e di Ruggero Borsa, figlio dello
stesso Guiscardo. Questo è testimoniato da un documento che
si trova nellArchivio Vaticano, i documenti che erano conservati
nella città furono distrutti nel 1480 dai Turchi.
Alla costruzione della cattedrale, probabilmente avvenuta allinizio
degli anni 80, dopo il Mille, sotto il pontificato del Papa Gregorio
VII, concorse certamente la generosità di Roberto, che ne
vide gli inizi, e dei suoi figli Ruggero e Boemondo. Otranto, obiettivo
conteso dai dominatori più accaniti, anello di congiunzione
tra Oriente e Occidente, segna nellarte della superba cattedrale
la romanità perenne. La snellezza delle linee architettoniche,
la singolare struttura degli archi poggiati su granitiche colonne,
la disposizione delle sue simmetriche navate, la cripta ricca di
svariate colonne e capitelli, sintesi e somma di diversi elementi
stilistici: dal greco, al bizantino, al normanno, attuati in unespressione
di aspirazioni ideologiche e spirituali, orientati a far sentire
la globalità delluomo.
Qualcuno ha detto che larte è lo specchio fedele di
unepoca e di una civiltà e se questo è vero
si può affermare che la storia di Otranto è in gran
parte nella sua cattedrale. E poi, quel mosaico pavimentale, eseguito
dal monaco-artista Pantaleone è un libro di fede, di arte,
di vita, un poema musivo, specchio del mondo. Lingegno di
Pantaleone affonda le sue radici nei tre alberi allegorici delle
navate che rappresentano la storia del mondo e dellumanità,
e vede nellalbero della vita con il suo bene e con il suo
male le convergenze e le divergenze dellumano operare e pensare.
Secondo alcuni storici, mentre Otranto ospitava nella roccaforte
alcuni cavalieri cristiani, che si preparavano a salpare alla volta
di Valona, per ricongiungersi poi agli altri fedeli della prima
crociata, nellaprile del 1097, i monaci basiliani sbarcavano
dallOriente per fondare nei dintorni della città lAbbazia
di S. Nicola di Càsole; secondo questa ipotesi il monastero
sarebbe sorto per opera dei Normanni, intorno al 1099. Il Rodotà,
i Parlangèli, il Devreesse e altri storici dicono che probabilmente
il monastero non fu fondato in epoca normanna, nel 1099, ma solo
restaurato e riaperto con laiuto di Boemondo. Anche se le
notizie storiche a tal riguardo sono discordanti, un fatto è
certo: San Nicola di Càsole fu il vero ponte di unione e
di transito tra la cultura orientale e quella latina, centro del
monachesimo italo-greco, possedeva una grande biblioteca con manoscritti
di inestimabile valore, crocevia e sintesi di culture, di fedi e
colori diversi, un sapere universale. Gli avvenimenti del 1480 non
distrussero completamente labbazia, il suo graduale tramonto
è testimoniato dalle relazioni delle visite pastorali degli
arcivescovi Pietro Antonio de Capua, nella cui relazione del 1537-40
si attesta lesistenza dellabate e di un certo numero
di monaci, e dallarcivescovo Lucio Morra, il quale nella sua
relazione del 1607 afferma che i monaci avevano già abbandonato
labbazia, la chiesa era intatta, ma alcune aule e la casa
monastica erano diroccate, oggi restano solo mura dirupate.
Tenendo presente i rapporti documentabili intercorsi tra Papa Gregorio
Magno e le diocesi salentine, possiamo notare che già alla
fine del VI secolo questa città era sede vescovile, con un
suo vescovo, un suo clero e un suo popolo. Purtroppo, la data precisa
non è documentabile per lincursione dei barbari e specialmente
per lincendio dellarchivio arcivescovile avvenuto per
opera dei Turchi nel 1480. Tuttavia spigolando tra le carte e i
documenti che alcuni studiosi hanno cercato di raccogliere, possiamo
dire che Otranto sin dal 431 ebbe come primo vescovo un tal Benedetto,
amico di San Paolino da Nola. In quanto allepoca della sua
erezione ad arcivescovado, molti dei nostri cronisti affermano che
ciò sia avvenuto nel 770 sotto il vescovo Marco, imperando
Leone VI Isaurico. Otranto fu elevata a sede metropolitica nel 968,
sotto limperatore Niceforo Foca, per opera del patriarca di
Costantinopoli Poliuto, con facoltà di nominare e consacrare
oltre i vescovi viciniori anche quelli di Acerenza, Tricarico, Gravina,
Matera e Tursi.
Alla fine del XII secolo, Otranto seguiva la sorte di tutte le città
del regno di Sicilia, sopportando poco gli ultimi re normanni, e
avvertiva già il fermento che preannunziava una nuova epoca.
Proprio in quel periodo il suo porto svolse un importante traffico
con i mercanti pugliesi, veneziani, ebrei, greci, armeni, slavi,
i quali attraverso Otranto comunicavano con le repubbliche marinare
e Costantinopoli. Installata in queste province nel 1194 la dinastia
sveva da Enrico VI, Otranto ospitò a lungo Federico II con
la consorte Iolanda di Brienne, giunti in questa città nellagosto
del 1227. Riccardo di San Germano afferma: «Nel mese di agosto
lImperatore, con lImperatrice sua consorte, venne in
Otranto, dove, lasciatala, passò in Brindisi dove era radunato
lesercito dei Crocessegnati».
Unepidemia costrinse limperatore a desistere e il 15
agosto 1227 fece imbarcare le truppe, mentre egli raggiungeva la
sposa in Otranto per un breve saluto, accompagnato da Langravio
dAssia, marito di S. Elisabetta, regina dUngheria. Giunta
la flotta in questa città, Langravio morì l11
settembre dello stesso anno, Federico si ammalò rimandando
il viaggio in Palestina al prossimo anno. Riavutosi appena dalla
malattia, limperatore fece ritorno a Brindisi, dove partì
alla testa di una buona flotta; dopo tre giorni di navigazione,
accorgendosi di non poter proseguire, tornò ad Otranto, dove
lo raggiunse la scomunica del Papa Gregorio IX il 29 settembre.
Il pontefice, desideroso di vedere attuato il suo disegno di liberazione
della Terra Santa e irritato dai continui rinvii di Federico II,
aggiunse alla pena spirituale anche la minaccia di privazione dellimpero
e dello scioglimento dei sudditi dal giuramento di fedeltà,
se egli non fosse partito sollecitamente con i Crocessegnati che
erano sulla flotta ancorata a Brindisi e ad Otranto. Nel giugno
del 1228 Federico II sciolse le vele per Soria, dove per tre anni
riportò vittorie e trionfi, e Otranto ricorda con orgoglio
la quinta crociata, che riunita nel suo porto partì benedetta
dallarcivescovo Tancredi degli Anibaldi, affezionato a Federico
e dal quale aveva ottenuto grazie e amplissimi privilegi per la
sua chiesa: questo è confermato dal Diploma di Federico II
a favore della chiesa otrantina del 9 giugno 1219. Il Maggiulli
dice che «Otranto doveva essere tale città che i dominatori
del mondo non poterono non tenerla docchio e fortificarla,
tanto più che era ritenuta da essi come il più sicuro
e vicino tragitto per lOriente».
Tuttavia il vero autore delle grandi e solide fortificazioni di
Otranto fu Federico II, il quale comprendendo limportanza
topografica e strategica nel 1228 fece riattare la cinta a torri
e cortine con fosso e barbacani e costruire un sontuoso castello.
Questa opinione è fondata sulla celebre Bolla di Alessandro
IV, datata da Anagni il 5 settembre l256. Limperatore nel
1230 si preoccupò anche di restaurare la Torre del Serpe,
diroccata a causa di un terremoto avvenuto nel 1116.
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La sua campagna pare in primavera
Un giardino dellEden,
Dal mare la sua riva è un tesoro che scorre.
Il suo nome è Otranto.
Biasimare non si potrebbe chi labita.
Se vuoi trascorrere vita serena,
Vai ad abitare là. |
Così lha descritta un nemico, nel XVI secolo, Ibn
Kemal, autore delle Storie della Casa di Osman, cronaca ottomana,
dove nel libro VII è narrata (chiaramente in chiave turca)
la conquista di Otranto del 1480, avvenuta per opera dei Turchi
e la riconquista del 1481 avvenuta per opera delle truppe di Alfonso
dAragona, duca di Calabria. Epoca in cui gli Otrantini scrissero
con il proprio sangue una pagina di storia, sventando così
il disegno di Maometto II di conquistare lItalia meridionale.
Anche oggi arrivano sulle nostre coste, senza rulli di tamburi.
Seguono altre rotte, affamati, disperati, vittime della povertà
e della violenza. Sbarcano da gommoni o da veloci motoscafi, unumanità
dolente, unumanità carica della speranza di nuove libertà,
di disagi e problemi, portatrice di disagi e problemi. Giovanni
Paolo II, sul Colle dei Martiri il 5 ottobre del 1980, ha detto:
«Ma una cosa è certa, il canale dOtranto piuttosto
che separare, unisce». Otranto, cerniera, porta tra Oriente
e Occidente, città simbolo di questa crisi planetaria che
vede gruppi consistenti di persone costrette a lasciare il proprio
Paese.
Questa crisi strutturale trasmette alla città una serie di
sfide e dilemmi etici capaci di suscitare sentimenti estremi di
solidarietà e di ostilità. In questo scorcio di fine
millennio, limmigrazione ancora una volta appare per Otranto
loccasione per provare la sua vocazione universale. Il comportamento
degli otrantini, e non solo, ma di tutto il Salento, nei confronti
dei profughi che sbarcano sulle nostre coste ha dimostrato e continua
a dimostrare una popolare solidarietà, molto più profonda
e sincera di qualsiasi altro gesto obbligato di ospitalità.
Sembra quasi che gli avvenimenti, i fatti e gli eventi tragici del
passato, ma anche gloriosi, abbiano fatto scaturire nel cuore e
nella natura di questa gente unistintiva solidarietà,
una bontà, una genuinità, una spontaneità intrinseca,
connaturale. Nei secoli e nella storia Otranto ha svolto e continua
a svolgere una funzione di primo piano: è incontro e sintesi
delle diverse civiltà dei popoli. Ogni epoca, ogni popolo,
ogni pensiero, ogni tradizione e ogni cultura ha lasciato in questo
luogo un segno, una traccia evidente del passaggio. In questo meridione
carico di problemi, ma anche di progetti, di speranze e di buona
volontà, Otranto è stata e continua ad essere il punto
di incontro che qualifica la nostra epoca, svolgendo così
la sua missione verso lunità, sia pur nella diversità.
Otranto oggi è caratterizzata dalla sua dimensione turistica,
che chiaramente trova la sua base di sviluppo nel dato fisico ambientale,
ma anche storico e artistico, che dà alla città unimmagine
tutta sua. Il territorio è oggetto di una scelta turistica
orientata verso la realizzazione di strutture programmate scientificamente,
che rispettano e conservano le caratteristiche peculiari dellambiente
e del paesaggio, premessa fondamentale della vocazione turistica
otrantina. Come sappiamo, un ulteriore azzardato intervento delluomo
diventerebbe violenza deformante e snaturalizzante. Il turismo da
parte della domanda è un fenomeno, da parte dellofferta
è unattività continuamente mutevole, variabile,
fatta sempre di nuove possibilità, di nuove tecnologie e
metodi da utilizzare. Esso è unattività, unimpresa,
una componente economica occupazionale, un servizio offerto al meglio,
per questo Otranto lo affronta non solo affidandosi allintuizione
e allesperienza, perché queste se pur necessarie non
sono sufficienti, ma anche con grande responsabilità e professionalità.
Otranto alle soglie del terzo millennio si proietta con impegno
e consapevolezza nel domani, nel concreto, nelloperatività,
nel futuro occupazionale dei giovani, perché in questo territorio
non cè settore economico più del turismo in
grado di offrire una vasta e articolata gamma di molteplici attività,
dove ognuno può trovare il proprio interesse e la propria
parte: edilizia, impianti turistici e da divertimento, manutenzione,
servizi professionali, pubblicità, trasporto, animazione,
pronto soccorso, attività artigianali e commerciali, agricoltura
ortofrutticola, agriturismo, pesca, ecc. Molto importante è
stato anche lintervento fatto alcuni anni fa nella zona degli
Alimini, dove si è dato vita a valide ed efficienti strutture
turistiche. Spesso si dice «lerba del vicino è
sempre più verde». Sono molti gli italiani che compiono
lunghi viaggi per conoscere il mondo e poi non conoscono il proprio
Paese. Quasi dietro langolo di casa, senza fare lunghi viaggi,
nel tacco dello Stivale cè Otranto, con un mare limpido,
azzurro e pulito, (secondo lindagine della Goletta Verde),
dove si possono osservare gabbiani in volo, esplorare grotte marine
e costiere, con suggestivi effetti di luce e colori, sondare i fondali
pescosi e variegati. Sulla terraferma si possono scoprire le tracce
della civiltà mediterranea, il fascino dellarchitettura
contadina, che si alterna alla fastosità, alla storia, alla
sacralità, allarte dei suoi monumenti, le vie del centro
storico vivificate dai negozi e dai centri di ristoro, le caratteristiche
case bianche, gli alberghi sempre più confortevoli e attrezzati
con moderne strutture, la cordialità della gente; qui si
può vivere in diretta usi e costumi di antiche e ancora vive
tradizioni, gustare i sapori di una tipica e genuina gastronomia.
Il sole intenso è spesso temperato dal maestrale, la terra
ricca di ulivi secolari emana un buon odore. A Otranto si comprende
cosa è e comè il Mediterraneo, il suo clima,
la sua vegetazione, i suoi sapori, i suoi profumi, il suo cuore,
la sua storia, i suoi colori.
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