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a. b.
armando marrocco
florio santini
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Andar
per chiese e cattedrali
Lincontro ferragostano al Trullo è di
rigore: teatro dialettale, (anche con testi scritti per loccasione),
su un incantevole fondale di pietra leccese, assaggio di specialità
salentine, persino i fuochi dartificio, il Mediterraneo a
vista nella luminosa sky-line rivierasca dalle Pesculuse a Leuca,
per la meraviglia di ospiti convenuti da ogni parte dItalia,
e sempre varianti. Anfitrione, Rosario Scrimieri, architetto, che
a questa anabasi estiva dà il significato del relax (e dellorgoglio
di appartenenza a una piccola patria), dopo le fatiche
che lo portano a lavorare, sotto legida di Signum-Centro
per lArte, in ogni angolo della penisola. Ultime prove
concluse, gli interventi nella Cattedrale di Santa Maria Assunta,
a Soleto, quella della guglia Orsini, e nella chiesa
di SantAnna dei Palafrenieri, che monta la guardia dopo il
cancello monumentale di ingresso al Vaticano.
Nella Cattedrale soletana è stato realizzato il rifacimento
del presbiterio, (primo di una serie di interventi previsti), che,
come ha scritto Gino Di Mitri, «ha restituito allaltare
maggiore la sua antica livrea di argento dorato», con un intervento
di ottima filologia artistica che ha ridato splendore a questa sede
del prestigioso capitolo dellInsigne Collegiata, progettata
sul finire del 1700 dallarchitetto copertinese Adriano Preite
sulle rovine dellantica Matrice di rito greco. Rigore filologico,
dicevamo. Perché, sottolinea il tecnico restauratore Maria
Prato, «lintervento di restauro è stato mirato
al recupero delloriginale aspetto dellaltare. I saggi
di pulitura hanno dimostrato che i vari rifacimenti, decisamente
sgradevoli e inadatti, dequalificavano la struttura barocca, modificandone
la vivacità scultorea e i rapporti cromatici».
In prospettiva, questo intervento può essere ritenuto «un
cantiere-laboratorio che farà da paradigma agli interventi
successivi, poiché opera una riflessione radicale e critica
su quanto realizzato nei decenni passati».
Dalla periferia al cuore della Cristianità. SantAnna
dei Palafrenieri Pontifici, sorta su progetto del Vignola, è
chiesa ricca di storia. Qui Scrimieri è intervenuto, creando
la Penitenzieria che sfrutta al meglio «un piccolo spazio
posto sul lato destro della chiesa, un tempo utilizzato come deposito
e punto di collegamento, tramite una botola, con il sottostante
cimitero» (Sandra Mazza). Emblematico il percorso
realizzato dallintervento: scritte non puramente didascaliche,
ma profondamente meditative per i due momenti (prima e dopo) della
confessione; simboli a intarsio ligneo sulle porte di accesso ai
confessionali; un bronzeo Cristo Riconciliante (di Armando Marrocco)
a suggello del sacramento. Scrive Mazza: «I segni,
la luce e i colori, in stretto rapporto con quanto presente nello
spazio della chiesa, sono particolari inscindibili dalle caratteristiche
funzionali dellambiente, conferendogli con la loro qualità
la giusta caratterizzazione per essere identificato come il luogo
per la riconciliazione delluomo con Dio». E ci sembra
di poter dire che sono i colori, la luce, i segni che Scrimieri
si porta dietro dal suo buen retiro trullesco, dalla sua terra di
transito e di stazionamento di anacoreti, da quella penisola più
orientale dItalia in cui la pietra è carne viva, sempre
palpitante, nelle sue espressioni classiche e nello stesso tempo
rivoluzionarie (il barocco fu unautentica rivoluzione nellarte.
E il Salento è, con poche eccezioni, latitudine doriginale
barocco).
a. b.
Tre porte
aperte sul mare di Leuca
Porta centrale: Porta del Cielo.
E dedicata alla Beata Vergine Maria, è la Ianua Coeli
delle litanie lauretane. Attraverso la Porta del Cielo si entra
nel Tempio di Dio, inteso sia come accesso immediato al Santuario
de finibus terrae sia come accesso al Paradiso, ultima meta.
Maria Santissima è la Porta, il passaggio sicuro che conduce
alla salvezza, alla Verità, alla beatitudine eterna.
La porta bronzea si compone di due ante apribili sormontate da una
lunetta fissa traforata da dodici stelle stilizzate, simbolo mariano,
messe a corona della Porta del Cielo (Ap. 12,1).
Tutta la superficie bronzea è lavorata ad alto e basso rilievo
in un contesto universale di nubi attraversate da segni, da strade
a più direzioni che formano crocevia di genti, di situazioni,
di speranze. Maria Porta del Cielo venerata nel Santuario di Leuca,
Leuca porta del Mediterraneo. Nella parte centrale la porta ha un
rigonfiamento, una forza misteriosa che, spingendo dallinterno,
dilata la materia, simbolo della maternità verginale e spirituale
della Madonna che continua a generare Cristo agli uomini e gli uomini
a Cristo.
Il taglio delle ante forma il Tau, segno dei salvati dalla Croce
di Cristo. In basso è posta la data del Giubileo del 2000
a testimonianza del tempo nel quale essa è stata realizzata,
speciale contesto storico e spirituale. Accanto emergono gli stemmi
del Papa e del Vescovo della Diocesi.
Lo scultore ha omesso il figurativo in quanto ritiene che linterno
del Santuario sia già ampiamente ricco di immagini mariane.
La Porta del Cielo non rappresenta, bensì presenta se stessa
quale idea così concepita e realizzata: non immagine, ma
concetto di un mistero grande come la maternità divina della
Vergine. La Porta, insieme alle altre due laterali, è armonizzata
con il contesto ambientale esistente, composto soprattutto di pietra
leccese, carparo, terra, mare, cielo.
Porta laterale sinistra: Esodo.
La Porta è dedicata allEsodo, al percorso delluomo
dalla schiavitù del peccato alla libertà della Grazia.
Attraverso di essa si accede allo spazio situato sul lato sinistro
del Santuario.
La porta si compone di due ante apribili sormontate da una lunetta
fissa. Le ante si dividono in tre aree che raffigurano le parabole
del Figliol Prodigo e del Samaritano (in alto) e la migrazione dei
popoli (in basso). I soggetti indossano abiti attuali: è
lesodo di fine millennio, crocevia geografico e spirituale,
movimento di popoli e di anime alla ricerca di unesistenza
migliore, libera, vera. Lesodo delle genti: figure modellate
e sfumate quasi fossero plasmate dal tempo e dalle intemperie.
Sullanta sinistra, in alto, il Figliol Prodigo col padre al
centro di unarchitettura fantastica. Il padre è presentato
senza particolari, come fosse una fonte luminosa.
Sullanta destra, in alto, il Buon Samaritano è presentato
da Madre Teresa di Calcutta che assiste un moribondo.
Al centro della porta, nellincrocio delle aree, vi è
un rigonfiamento o spaccatura della materia, la forza del Cristo
che continua a spezzare i vincoli di schiavitù umani dati
dal peccato individuale (Figliol Prodigo) e dal peccato sociale
(Samaritano e migrazione).
I simboli eucaristici del Pane e del Vino e i rami dulivo
simboli di pace e della terra salentina. Nella lunetta sono incastonati
vetri fusi colorati, blu, rosa, giallo, al centro la colomba giubilare
dello Spirito Santo. Il bronzo è frastagliato per trasmettere
luce allinterno dello spazio. Il movimento bronzo-vetro si
collega al rapporto costa-mare del Capo di Leuca. Tutto è
modellato in movimento: incroci di vie, rilievi, sporgenze, solchi,
incisioni, punti stellari, conferiscono allopera un aspetto
cosmogonico.
Porta laterale destra: Stella del Mare.
La Porta è dedicata alla Beata Vergine Maria, Stella Maris.
Attraverso questa porta si accede al lato destro del Santuario,
ove è collocata la statua della Madonna. Più allinterno,
lo spazio è adibito alle confessioni.
La Porta si compone di due ante apribili sormontate da una lunetta
fissa. Sulle ante è raffigurata una barca nel mare agitato,
nubi e segni di vento. Nella lunetta, al centro, fra le nubi e le
stelle del cielo, è posta la Stella del Mare (vetrata), punto
sicuro verso cui orientare la rotta della vita.
Il mare geografico, imprevedibile, circonda il Capo di Leuca; il
mare esistenziale, anchesso imprevedibile, circonda la vita
delluomo. Maria Santissima conduce con materna intercessione
lumanità verso il Cristo, porto sicuro di salvezza.
armando marrocco
Lo chiamavano
teatro cerebrale
In verità, una certa malinconia lo aveva sfiorato
una singola volta; ma sera trasformata in stato di grazia,
anche quella.
Per un quasi ripetitivo destino, cera stato un secondo errore
di diagnosi durante la sua adolescenza, che giustificherà
pur senza risentimento la sua futura sfiducia nei medici. Un morbillo
tardivo lo aveva fatto rimanere immobile e febbricitante, lungo
alcuni mesi di pneumotorace al polmone sinistro. La lesione, circoscritta,
guarì bene e presto, in quanto fatto acuto; tanto che, in
seguito, poté praticare ogni tipo dattività
sportiva, senza proibizioni di sorta.
Non ne aveva parlato a nessuno, per un suo vanitoso pudore. Quello
che lo stupiva era che il fatto riemergesse ora, dopo una vita intera,
dal buio profondo delle rimozioni. Sempre più si convinse:
era la volta delle sincerità liberatorie. Anche quel ricordo,
intimo, personalissimo, era pervaso, come ogni complesso evocato,
di serenità e di pace. Non per caso, sulla prescritta sdraia
da sanatorio egli ebbe occasione, giusto in tale obbligato luogo,
di leggersi tutti i romanzi della biblioteca di varia letteratura,
appartenuta ad un famoso magistrato, suo zio, importante anche da
defunto; e si sentì superiore ai distratti coetanei, che
non leggevano.
Egli, auspice quel romantico accenno di mal sottile, si sentiva
felicemente diverso; quasi un poeta malato, che amasse Menandro
e Leopardi, per i quali «muor giovane colui che al cielo è
caro».
Anche quel privilegio sparì velocemente; gli anni passavano.
Si mise a scrivere novelle; nemmeno di questo si ricordava; in sogno,
al contrario, tutto è chiaro, distintamente leggibile nello
stesso sonno, se così può dirsi.
Ecco, la trama dun racconto breve balena nella sua mente:
un uomo ama così tanto la sua donna che non consuma il matrimonio.
Costretto, per onore di maschio, a farla felice, si sente tradito,
ogni volta, da quellaltro chegli devessere. Quando
lei gli annunzia con enfasi il frutto della fisica, dunque per lui
soltanto materiale unione, rifiuta larrivo del figlio adulterino
e si chiude in uninnocua follia, ripetendo senza sosta davanti
allo specchio: «Io non sono io, nessuno è se stesso».
Quel racconto, allorigine, era esasperato e solipsistico,
forse perché ingenua imitazione pirandelliana dun giovane
in vena di teatro cerebrale; nella rivisitazione sognata, invece,
quella storia mediterranea diveniva manifesto paradossale di purezza
trasgressiva.
La stessa dolce pazzia delluomo innamorato dellamore
nulla aveva di triste: era voglia di spiritualità. Dura,
perciò, il convincimento del nuovo metro, della nuova chiave
di lettura, insomma, duna serie di accadimenti, che ora, soltanto
ora, a posteriori, per lui è bello e nuovo «rivedere».
Anche unaltra novella improvvisamente emerge, in quella meravigliosa
notte di rinascita mentale: un fanciullo era stato mandato in campagna,
in casa di agricoltori, per un periodo di primaverile convalescenza.
A letto da un po, si era svegliato con la sete; doveva scendere
in cucina a bere lacqua di fonte, dalla brocca di rame; a
metà della scala di legno, nel buio silenzioso, si era fermato
con gli occhi spalancati; la figlia del contadino, nuda, in piedi
contro la fiamma del caminetto, si stava asciugando, dopo aver fatto
il bagno del sabato nella grande tinozza ovoidale di terracotta
smaltata. Non sapeva desser guardata; si muoveva libera, appena
dietro il poco vapore e sembrava danzasse; anzi, danzava. Il ragazzo
non aveva ancora visto un corpo nudo di donna; la rivelazione non
chiesta lo spaventò.
Risalì furtivamente in camera, pensando che quella scena
proibita glielaveva sbattuta contro, contro la sua innocenza,
il diavolo, per divertirsi. Non era la figlia del contadino; era
una semplice apparizione. Di questo, più che mai, si convinse
il giorno dopo, in chiesa per la festa del patrono, quando gli apparve
la giovane donna, vestita e immobile, a testa china sul libro delle
preghiere, un velo nero sopra i lunghi capelli, che ora non si vedevano
più. «E stato il diavolo», ripeteva il
ragazzo, liberato da quella strana emozione passeggera. Nessun serpe
gli rimase in seno. Semmai, un sentimento sbigottito di ammirazione
quasi religiosa, che poi lo avrebbe trasformato in anacronistico
poeta della natura virginea.
Durante gli anni della goliardia parassitaria, goduta a Firenze
e a Pisa, si era meritato presso gli amici una certa fama di bel
conquistatore; in realtà, non poteva sopportare la volgare
domanda: «Cè stata?».
Per la stessa ragione semplicemente estetica, era quasi dottore
e ancora non aveva bestemmiato.
Suo padre morì allimprovviso, fu obbligato durgenza
a cercare un impiego qualunque, per mantenere se stesso e sua madre.
Il fratello maggiore si era appena sposato, ma, lui, essendo stato
partigiano sui monti ai tempi della Linea Gotica, da qualche parte
lo assunsero come diurnista di III categoria!
florio santini
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