Dicembre 2000

Tra storia e cronaca

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Transizione economica
e Stato di diritto
Richard W. Rahn Economista-Editorialista New York Times - Washington Times - Wall Street Journal
 
 

 

 

 

La corruzione è così diffusa che è quasi impossibile per gli uomini d'affari onesti sopravvivere senza pagare i funzionari pubblici o i protettori.

 

Con la caduta del comunismo prima nell’Europa dell’Est e poi in Unione Sovietica, un certo numero di gruppi di esperti, provenienti da istituzioni multilaterali come il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale, dai governi occidentali, dal mondo accademico e da Istituti di ricerca, si recarono in questi Paesi per fornire vari tipi di consulenza. Risultò una certa coerenza tematica nei pareri espressi, sebbene ci fosse grande disaccordo riguardo ai tempi e alle priorità. In generale, i Paesi reduci dall’esperienza marxista furono incoraggiati a:


– liberalizzare i mercati (eliminando il controllo dei prezzi);
– creare una moneta stabile e convertibile;
– privatizzare la proprietà immobiliare e le imprese;
– permettere il libero commercio;
– predisporre e applicare un sistema fiscale razionale;
– dotarsi di un bilancio pubblico veritiero, evitando disavanzi eccessivi;
– stabilire un sistema normativo coerente e ragionevole;
– istituire uno Stato di diritto, garantito da una magistratura civile professionale
e non corrotta.

La maggior parte di queste raccomandazioni fu parzialmente seguita dai Paesi in transizione, ma nessuna nella misura sperata da quasi tutti gli esperti occidentali. Nonostante questi limiti, un certo numero di Paesi (ad esempio la Polonia, l’Ungheria, la Repubblica Ceca, l’Estonia e la Slovenia) ha realizzato la transizione con sostanziale successo, mentre altri hanno fallito nel tentativo di raggiungere un grado accettabile di progresso, in particolare l’Ucraina, la Federazione Russa, numerose repubbliche ex sovietiche, la Bulgaria e la Romania. La mia tesi è che il singolo fattore che ha pesato in maniera più determinante sugli insuccessi sia stato il non essere riusciti a istituire uno Stato di diritto funzionante.
La performance relativamente scoraggiante delle repubbliche ex sovietiche della Romania e della Bulgaria non può essere spiegata con il non essersi impegnati nella riforma in maniera altrettanto vigorosa che in Polonia, Estonia, Repubblica Ceca e Ungheria. Per esempio, la Russia si è impegnata in estese privatizzazioni, tra cui quelle delle abitazioni e delle piccole proprietà terriere (le dacie); ha stabilito libero mercati con un controllo dei prezzi relativamente limitato; e ha avuto una moneta relativamente stabile tra la primavera del ‘95 e l’agosto del ‘98. Analogamente, la Bulgaria si è impegnata fin dal ‘92 a realizzare estese privatizzazioni della piccola proprietà; ha stabilito mercati ampiamente liberi; ha permesso la proprietà privata della maggior parte delle abitazioni e dei piccoli appezzamenti di terreno; e ha registrato un’inflazione quasi inesistente negli ultimi due anni, quale risultato della creazione di un sistema di cambi di riferimento. Il livello relativamente basso di investimenti e la conseguente performance economica di questi Paesi si spiegano solo con la maggior diffusione della corruzione che li distingue dai Paesi che hanno avuto più successo. L’Ucraina, ad esempio, è stata costantemente in cima (o vicina alla cima) nelle classifiche dei Paesi corrotti, e la sua terribile performance economica ne è testimonianza.
Dal momento che la mia esperienza personale è molto significativa in relazione al discorso che sto facendo, la esporrò in maniera sintetica. Nel ‘98 mi sono unito a un gruppo di esperti organizzato dall’Hudson Institute per aiutare la prima transizione in Ungheria. Nel ‘90 divenni co-presidente del Bulgarian Economic Growth and Transition Project. Ho ricoperto per breve tempo il ruolo di consulente nella Banca Nazionale dell’Estonia e dei funzionari di governo in Russia. Nei primi anni ‘90 ho creato un certo numero di joint-venture con privati e società nei Paesi ex comunisti, insegnando il capitalismo democratico del libero mercato e sperando anche di fare profitti. Ho creato e gestito iniziative commerciali nell’Europa dell’Est e nell’ex Urss, e ho svolto funzioni di consulente economico per molti funzionari governativi di quei Paesi. La maggior parte di noi consulenti aveva capito l’importanza dello Stato di diritto nello sviluppo di economie di successo. Ciò che non abbiamo sufficientemente colto è stata la difficoltà a creare sistemi giuridici e di governo efficienti e non corrotti.
Chiunque legga i giornali conosce bene il livello di corruzione di Russia, Ucraina, Bulgaria, Romania, e così via. La corruzione è così diffusa che è quasi impossibile per gli uomini d’affari onesti sopravvivere senza pagare i funzionari pubblici o i “protettori”. Possedere un’impresa straniera non offre alcuna sicurezza, come non ha rilevanza la dimensione dell’impresa. Nell’agosto ‘99, per esempio, la stampa finanziaria si è occupata in maniera approfondita delle perdite enormi subite dalla Amoco-BP nei suoi investimenti in un’impresa petrolifera russa, dovute, sembra, alle pratiche immorali dei partner russi e dei concorrenti. Le maggiori banche e istituzioni finanziarie americane ed europee hanno subìto perdite ingenti dalla cattiva conduzione degli affari e dalla corruzione in Russia e in altri Paesi. Anche il Fmi è stato “incastrato” dalla Banca Nazionale Russa.
Quando si cerca di fare affari in questi Paesi, risulta evidente che i casi di corruzione citati non sono esempi isolati, ma una realtà fortemente diffusa. Praticamente tutti gli uomini d’affari occidentali hanno da raccontare storie personali sul punto. Nel nostro caso specifico, il nostro personale è stato minacciato e le nostre proprietà saccheggiate o distrutte.
I cittadini americani sono soggetti al Foreign Corrupt Practices Act, che vieta il pagamento di tangenti a funzionari pubblici stranieri. Perciò, era molto più difficile per le società americane fare offerte per imprese che venivano privatizzate o vendute sul mercato, rispetto ai concorrenti tedeschi o coreani, (per le società tedesche pagare tangenti non solo era legale, ma fino al ‘98 esse erano deducibili dalla tasse). Effetto paradossale della legislazione americana, peraltro, fu che, dopo il collasso finanziario russo del ‘98, inavvertitamente le imprese statunitensi persero meno denaro di quelle tedesche o coreane.
D’altra parte, il buonismo dei governi occidentali alimentò la corruzione in Bulgaria e Romania. Le sanzioni economiche imposte alla Jugoslavia alimentarono il contrabbando in quei due Paesi. I contrabbandieri avevano le risorse per pagare consistenti tangenti ai funzionari pubblici, contribuendo ad aumentare la corruzione dei regimi. Come ora si sa con certezza, le sanzioni privarono la Jugoslavia virtualmente di nulla, ma fecero crescere il livello dei prezzi domestici, e una quota di questa inflazione rappresentò il costo delle tangenti pagate ai funzionari in Bulgaria, Romania, Macedonia, ecc. L’estesa corruzione dei funzionari nei Paesi vicini erose inoltre il rispetto della legalità e aumentò il livello di cinismo.
La conseguenza di questa corruzione è esattamente quella che ci si poteva attendere. I Paesi più corrotti hanno livelli notevolmente inferiori di investimenti domestici e stranieri, oltre che di crescita economica, rispetto a quelli meno corrotti. Gli imprenditori locali e stranieri incontrano, in questi Paesi, ostacoli pressoché insormontabili, dal momento che non hanno certezze su ciò che sarà loro consentito e su quali saranno i costi. La corruzione agisce come una pesante e imprevedibile tassazione e, per questo, riduce notevolmente l’ammontare di forza-lavoro e capitali forniti. Come risultato, la Russia e altri Paesi, tra quelli corrotti, continuano a subire deflussi di capitali, nonostante tutti gli aiuti. Dato il livello di corruzione, ciò che sorprende non è la situazione negativa in cui questi Paesi si trovano, ma il fatto che le loro economie, sebbene incapaci di crescere, continuano a funzionare abbastanza bene, tanto da permettere alla popolazione di sopravvivere.
Se i consulenti e le istituzioni occidentali avessero saputo, dieci anni fa, ciò che sanno ora, che cosa avrebbero dovuto fare? E, ancora più importante, cosa si dovrebbe fare adesso, dall’esterno? I consulenti occidentali in parte fallirono per non avere adeguatamente compreso la storia e la cultura delle popolazioni con cui avevano a che fare. La Polonia, la Repubblica Ceca e l’Ungheria erano nazioni europee nel vero senso della parola. La Russia non lo era, dal momento che non ha mai avuto un diritto commerciale chiaro e coerente e una giustizia esecutiva a tutela dei diritti di proprietà e dei contratti. La storia dimostra che il commercio non può svilupparsi appieno senza il diritto di proprietà e un diritto commerciale funzionale. E’ importante ricordare che lo sviluppo di un sistema di “common law” in Olanda e Inghilterra ha anticipato la rivoluzione industriale, e quindi ha permesso che il capitale necessario venisse accumulato e investito con profitto nelle nuove industrie. La Russia ha cercato di realizzare una rivoluzione industriale senza una legge che non fosse il diritto amministrativo, il quale a sua volta cambiava ad arbitrio dei governanti. Le persone che vivono in regime di norme amministrative incoerenti, arbitrarie e mutevoli, tendono ad avere poco rispetto della legge.
A partire dai primi anni del XX secolo, quasi tutti i Paesi dell’Europa occidentale sono vissuti sotto sistemi giuridici efficienti, fosse il sistema di “common law” inglese, fossero sistemi derivati dal codice napoleonico. In Russia, il regime autocratico durò fino al 1907 (dopo la rivoluzione del 1905), quando il primo ministro Pyotr Stolypin e la Seconda Duma cominciarono a creare un sistema giuridico moderno. L’assassinio di Stolypin nel 1911 bloccò il progresso, e tutto ciò che era stato raggiunto venne distrutto dalla rivoluzione del ‘17.
Il sistema giuridico comunista era strutturato non per proteggere la proprietà privata o le transazioni commerciali, bensì per soddisfare le esigenze del Partito e di coloro che erano al potere. Tutto ciò, insieme all’incapacità dei comunisti di comprendere come avviene la crescita economica, e alla loro fiducia implicita nel modello di società “a somma zero” piuttosto che nella società delle opportunità, li indusse ad insegnare alla popolazione le lezioni sbagliate. Se voi credete che l’unico modo per migliorare il vostro standard di vita sia peggiore di quello di qualcun altro, l’idea di un contratto da cui entrambe le parti escano arricchite non vi verrà naturale.
Anche se non sappiamo come modificare velocemente atteggiamenti e comportamenti così radicati, i nostri sforzi di aiuto non dovrebbero rafforzare modi d’agire indesiderati. Il collasso del comunismo sorprese buona parte dell’amministrazione Bush e del Congresso quasi quanto i comunisti stessi. La risposta americana al cambiamento consiste, quasi sempre, nel voler fare qualcosa, anche quando non ce n’è motivo. Una delle risposte sbagliate fu l’approvazione del cosiddetto SEED Act, che finanziò la creazione di “Fondi per l’impresa”, con lo scopo di offrire capitale di rischio per i nuovi affari in ciascuno dei Paesi in transizione. Dopo aver ricevuto i fondi iniziali dai contribuenti americani, si credette che i “Fondi per l’impresa” fossero autosufficienti e avrebbero procurato profitto ai contribuenti.
I Fondi esistono ormai da oltre dieci anni, e ho notato che l’unico con un bilancio attivo è quello polacco. I Fondi hanno generalmente avuto una cattiva gestione, con affari compiuti nel proprio interesse, registrando diversi episodi di corruzione, e, per la maggior parte, sono serviti solo come cattivo esempio. Il Fondo bulgaro, ad esempio, creato inizialmente per assistere l’agricoltura della Bulgaria, fu usato dai dirigenti per costruire lussuose dimore per il personale diplomatico americano e per finanziare un panificio francese, i cui proprietari, a loro volta, scapparono con la cassa. Gli unici ad avvantaggiarsi dei Fondi sono stati i loro stessi dipendenti (per la maggior parte americani) e i loro legali, il che non rappresenta esattamente un buon esempio di libero mercato capitalista e di democrazia, incarnando piuttosto un caso di quei “capitalisti di Stato subentrati ai comunisti in molti Paesi.
Troppo spesso, i fondi del Fondo Monetario e della Banca Mondiale sono serviti ad arricchire la nuova classe criminale, mentre il peso di questi prestiti è stato sopportato dai cittadini già oberati. Se Fondo Monetario e Banca Mondiale avessero insistito sulla privatizzazione delle risorse e sull’instaurazione di un sistema giudiziario operativo prima che i prestiti venissero concessi, si sarebbero certamente realizzati maggiori progressi. La critica secondo cui la World Bank dovrebbe essere abolita è fondata, dal momento che questa istituzione ha prodotto più danni che vantaggi. I suoi prestiti alle imprese pubbliche dei Paesi in transizione, realizzati in quel periodo, imponevano esplicitamente che i governi ne tutelassero il monopolio (il prestito alla Compagnia Telefonica Bulgara è un esempio specifico).
L’operato del Fondo Monetario è più eterogeneo. Di base, ha fatto un buon lavoro nell’addestrare i banchieri centrali e nel dare validi consigli per la creazione di sistemi finanziari trasparenti ed efficienti. Ciò nonostante, troppo spesso ha concesso prestiti sulla base di rendimenti promessi (che mai si sono realizzati) e non come premio per la buona condotta tenuta.
Gli aiuti stranieri, diversi da quelli umanitari, dovrebbero essere utilizzati solo come “premi”, per costringere i governi ad adottare politiche sane. Se un Paese mantiene basso il livello di corruzione e di criminalità e dà vita a buone politiche economiche, non ha bisogno di aiuti, dal momento che gli investimenti domestici e stranieri vi arriveranno in maniera naturale. Se i governi sono corrotti e non hanno politiche efficaci, si abusa inevitabilmente degli aiuti e dei prestiti stranieri.
Gran parte dei Paesi ex comunisti sono ricchi di risorse naturali, (petrolio, gas, carbone, metalli, oro, ecc.). In presenza di uno Stato di diritto, e se tali risorse fossero usate come garanzia per lo sviluppo di altre risorse, gli investimenti privati sarebbero abbondanti. Per esempio, la Bulgaria è ricca di giacimenti di oro. Le compagnie minerarie occidentali hanno espresso con forza l’intenzione di sfruttarli, ma non sono state in grado di ottenere le garanzie legali necessarie per realizzare investimenti tanto consistenti. Eppure, allo stesso tempo, Sofia lamenta la mancanza di posti di lavoro e di scambi con l’estero.
Fondo Monetario e Banca Mondiale potrebbero svolgere un ruolo costruttivo se concedessero sovvenzioni e prestiti solo dopo che i governi hanno istituito politiche appropriate e hanno creato meccanismi non corrotti per implementare le politiche (ad esempio, la privatizzazione delle terre con un sistema non corrotto di soluzione delle controversie). I governi in questione, spesso, si lamentano che le compagnie private “non pagheranno abbastanza” per le imprese di nuova privatizzazione e per le concessioni minerarie e petrolifere. Gran parte delle volte, i prezzi di offerta bassi sono una conseguenza del rischio politico e del costo della corruzione. Di nuovo, Fondo Monetario e/o Banca Mondiale potrebbero svolgere un ruolo costruttivo, servendo come garante contrattuale per l’acquirente privato. La garanzia dovrebbe andare ben oltre l’espropriazione, fino a garantire tutti i normali diritti di proprietà, gli oneri fiscali, la regolamentazione, il diritto di esportazione, ecc. Sarebbe necessario costituire un sistema giudiziario privato esterno – o un sistema di arbitrato obbligatorio – al di fuori del Paese in questione. Quest’ultimo potrebbe anche essere obbligato a tenere parte del suo oro e delle altre riserve come garanzia, con una custodia esterna al Paese, come meccanismo aggiuntivo di tutela.
Queste condizioni potrebbero risultare dure, e sicuramente gli ex comunisti e i nazionalisti locali, in ciascun Paese, potrebbero protestare contro la perdita di sovranità. Ciò nonostante, bisognerebbe introdurle. Chi non rispetta le condizioni non ottiene il denaro. La lezione è chiara: dare aiuti e prestiti senza condizioni e controlli adeguati è un gioco a perdere. I governi occidentali e le parti private, pur non riuscendo a bloccare la corruzione nei Paesi in transizione, possono renderla molto più costosa per il corrotto, e ricompensare molto più generosamente il comportamento corretto.
Troppi politici e giornalisti occidentali hanno mostrato acquiescenza verso l’atteggiamento di certi Paesi dell’Europa dell’Est e dell’ex Urss, che imputano all’Occidente le loro difficoltà. Gran parte degli aiuti occidentali sono stati dati come l’eroina a un tossicodipendente: – ne vogliono ancora e non mutano comportamento.
E’ il momento di dire ai capi e al popolo dei Paesi che arrancano: «La ragione per cui restate poveri è che siete corrotti. Siete padroni del vostro destino e, se volete avere lo stile di vita dei Paesi ricchi del mondo, dovete comportarvi in maniera responsabile».

   
   
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