Dicembre 2000

Tormentone tasse

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Sosteneva De Gasperi
Giulio Andreotti
 
 

 

 

 

C'è poi il ritornello che da noi si evade perchè le aliquote sono alte;
e le aliquote sono alte perchè vi sono troppi evasori.

 

Le cronache del 4 settembre 1870 narrano che appena sbloccata Porta Pia i propagandisti del nuovo corso si sparsero per Roma gridando: «Sono arrivati gli italiani e non si pagano più le tasse!». C’è anche una versione secondo la quale non dissero «gli italiani», ma i «piemontesi». Ma poco importa. Così pure è meglio sorvolare sul fatto che parecchi cittadini non rispettavano fino allora gli obblighi tributari in una silenziosa protesta per la ritardata unità nazionale; gli stessi d’ora in avanti avrebbero continuato ad evadere, mettendo solo a pretesto la solidarietà verso il Papa disarcionato.
Mi è tornato alla mente questo episodio leggendo le infuocate prose che si incrociano per esaltare le drastiche riduzioni di aliquote decise dal governo tedesco e per dileggiare l’annuncio nostrano di una graduale discesa possibile al ritmo dell’uno per cento annuo. Chi come me è ultraottantenne non può sentirsi troppo sgravato, ma il quesito è più generale: anzi, i quesiti.
Prima di tutto vi è la considerazione del momento che, anche se con un certo anticipo, viene definito “elettorale”. Tutto quello che si dice o non si dice è pertanto di particolare delicatezza. Una buona regola degasperiana era quella di promettere sempre un po’ meno di quel che si è sicuri di poter mantenere. Faceva l’esempio, anche se rischiava di essere impertinente, dei venditori ambulanti.
Chi va una volta tanto in un mercato può anche vendere fumo, ma se si conta di tornarci regolarmente occorre stare molto attenti a quel che si vende.
C’è poi il ritornello che da noi si evade perché le aliquote sono alte; e le aliquote sono alte perché vi sono troppi evasori. Il meccanismo di verifiche incrociate ha portato lungo gli anni ad un discreto recupero di imposizione. Al riguardo sono sorpreso per il preannuncio della soppressione di strumenti accertativi, come le ricevute fiscali e le registrazioni di cassa, che sia pur lentamente hanno dato buoni risultati. Se è per simmetria europea non si dovrebbe agire per così dire a spicchi. Dovrebbe spingersi maggiormente la tendenza ad una totale armonizzazione tributaria tra i Paesi dell’Unione. Il che, tra l’altro, sarebbe logico anche a difesa delle distorsioni della concorrenza. Ricordo, poi, che per un’imposta (l’Iva) che è essenziale per il bilancio comune dell’Unione, già esistono regole uniche e parziali controlli esterni.
Oggi, a parte l’incidenza generale, vi sono picchi interni di crescita di entrate che esulano dal successo nella caccia agli evasori; vedi i contratti di Borsa e l’imposta sui giuochi.
Tornando alle aliquote, nessuno credo pensa più al sistema proporzionale, ma quando la curva del progressivo arriva troppo in alto, l’atteggiamento difensivo del cittadino (persona o società) è spontaneo: e va oltre un calcolo di effettiva sopportabilità. Si aggiunga che altri Paesi anche a noi molto vicini cercano di attrarre investimenti proprio con la moderazione delle aliquote. I trasferimenti avvenuti dal Nord Est non sono rilevantissimi, ma esistono.
Un tema importante, anche se di difficile gestione, è quello delle detrazioni. Vi è al riguardo una forte diffidenza – per il timore dei trucchi –, ma in alcuni Paesi (in testa gli Stati Uniti d’America) imperniano su questo un elemento formidabile di spinta economica.
Morale della favola. Non illuderei la gente con promesse di un incisivo alleggerimento a breve termine. Le decisioni del Governo Schroeder sono in verità impressionanti. Ma bisogna considerare le differenze oggettive tra le due Nazioni ed anche attendere i loro risultati. Esistono però, con effetto sicuramente positivo, i vincoli di bilancio imposti dalla moneta unica. Sono rose che non potevano non fiorire.

   
   
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