Dicembre 2000

Nelle terre di Federico

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I gioielli del diadema
A. P.
 
 

 

 

 

Nel castello svevo,
un busto:
si ritiene
che sia l'unico
che raffiguri
lo Stupor mundi.

 

Sopra l’Ofanto e Canosa, oltre Canne della Battaglia, a poco più di 150 metri sul livello del mare si staglia Andria, fondata da Pietro I Normanno nel 1042. Fu città prediletta da Federico: la Porta di Sant’Andrea reca un’iscrizione con sue parole. Fu il Conte di Ruvo, Fabrizio Carafa, a riceverla per 100 mila ducati insieme a Castel del Monte, il celeberrimo castello incluso nel patrimonio mondiale dell’umanità ad iniziativa dell’Unesco, ed ora effigiato in un’euromoneta. Il figlio del Conte, Antonio, ottenne poi il titolo di Duca di Andria dallo spagnolo re Filippo II. Durante la Repubblica napoletana del ‘99, la città fu saccheggiata dai francesi per la sua fedeltà al re di Napoli, Ferdinando di Borbone. L’ultimo dei Carafa, Ettore, fu per questo decapitato nella partenopea piazza del Mercato. Fra le curiosità storiche: Giuseppe Garibaldi fu deputato di Andria nel primo Parlamento del regno d’Italia.

Narra la leggenda che, dopo la distruzione di Cartagine, con la terza guerra punica, la Peucezia venne divisa in premio tra i reduci romani. Al patrizio Caius Oratus toccò in sorte un territorio sul quale fece sorgere Corato. Qualunque sia l’etimologia, è certo che questo centro ai piedi delle Murge è di origine latina. Dal 1040 al 1073 fu sotto Pietro il Normanno, il quale lo fortificò, edificandovi anche castelli e chiese romaniche. Nel 1240 Federico vi giunse per la prima volta, ne rimase colpito e fece scrivere sulla porta della città un elogio a Coratus felix e alla sua terra fertilissima. Corradino di Svevia la onorò per la sua incrollabile fedeltà, di cui ancora oggi c’è traccia nello stemma cittadino. Con la vittoria degli Angioini, la terra di Corato venne assegnata in feudo al Conte di Montescaglioso.

Ricca di bauxite, dedita all’estrazione della più bella pietra calcarea di Murgia, a circa 440 metri sul livello del mare, Spinazzola è sulla linea di confine della Terra di Bari e si affaccia sui calanchi di Basilicata. Il nome deriva forse da una stazione romana “ad pinuml”, situata sulla Via Appia, caratterizzata da un gigantesco pino solitario. Fu uno degli ultimi centri a cadere nelle mani dei Normanni: Roberto il Guiscardo la espugnò nel 1079. Dopo essere stata feudo degli Orsini, dei ferrillo, dei Pignatelli e dei Tuttavilla, divenne feudo ecclesiastico e in seguito baronale. Nel dicembre 1811, con decreto di Murat, passò alla provincia di bari. Tra i suoi personaggi illustri, papa Innocenzo XII (1691-1700), al secolo Antonio Pignatelli, che determinò una svolta epocale nella storia della Chiesa, con l’emanazione di una bolla contro il nepotismo.

Di antica origine apula, Barletta (Barolum) divenne in epoca romana il porto di Canos. Si sviluppò sotto il dominio dei Normanni, quando vi si stabilirono gli abitanti della distrutta Canne e divenne capoluogo della regione. Fu una delle residenze di Manfredi, figlio di Federico e, raggiunse il massimo splendore sotto il dominio angioino. Contesa dai francesi nel XIV e nel XV secolo, vi ebbe luogo (nel 1503) la celebre Disfida di Ettore Fieramosca. La dominazione spagnola durò fino ai primi del Settecento. Un’escursione di una dozzina di chilometri conduce a Canne della Battaglia, importante sito archeologico: qui abita il mito della battaglia vittoriosa di Annibale contro i romani (216 avanti Cristo). Nel castello svevo, un busto: si ritiene che sia l’unico che raffiguri lo Stupor mundi.

Fu chiamata Saline di Barletta, prima di assumere, nel 1879, il nome di Margherita di Savoia, in onore della regina sabauda. Federico vi istituì il monopolio statale del sale e Carlo d’Angò diede le saline in appalto ai banchieri fiorentini che avevano finanziato la sua discesa in Italia. In seguito a guerre e a saccheggi, i salinari si spostarono a Barletta, continuando tuttavia a lavorare nei bacini costieri. Nel ‘500, per ragioni difensive, venne edificata una torre di avvistamento. Con l’arrivo dei Borbone, i salinari tornarono a vivere sui luoghi di lavoro. Carlo III incaricò Luigi Vanvitelli, nel 1754, di ristrutturare le saline. Dopo il 1910 vennero modernizzati i sistemi di lavoro e le paludi furono trasformate in saline,anche per contrastare la malaria. Nel 1930 sorsero le prime terme, ma solo dopo la seconda guerra mondiale se ne decise il rilancio, all’insegna della “tre S”: sole, sale, salute.

Esistente già in età preistorica, Trani compare ufficialmente per la prima volta nella Tabula Peutingeriana, una sorta di guida Michelin dell’antichità. La città fu soggetta all’autorità romana fino al 476 dopo Cristo. Nel IX secolo, dopo la distruzione di Canosa, divenne sede della Cattedra Vescovile. Nel 1063 vi furono promulgai gli Ordinamenta maris, il più antico codice marittimo del mondo. Dal pronto ci si imbarcava anche per terre remote, misteriose (fino alla Nuova Zelanda, terra dei paori), e qui si faceva ritorno dopo viaggi fantastici. La prosperità economica continuò sotto Federico, quando furono costruiti la Cattedrale (uno splendido assolo, il più cospicuo monumento romanico della Puglia, insieme con quelli di Ruvo e di San Nicola di Bari), il Castello, la Chiesa dei Templari. Nel 1808 perse il titolo di capoluogo. Tra il XVIII e il XIX secolo si registrò una forte espansione urbanistica, con la nascita di molte ville signorili suburbane. Celebri ovunque l’estrazione dei suoi marmi e la produzione del suo vino moscato.

Abitata anticamente da pastori, Canosa raggiunse un notevole sviluppo grazie al commercio della lana e alla vicinanza a grandi vie di comunicazione, come la via Traiana, e altre, di cui non restano tracce, che la mettevano in contatto con i siti costieri. Il fiume Ofanto ha costituito senza dubbio una via di comunicazione importante come sbocco sull’Adriatico. Dalla collina sulla quale quasi pigramente si stende, la città infatti domina il Tavoliere e gran parte della Valle dell’Ofanto. Accanto alla produzione della lana, Canosa era celebre anche per la produzione di vini. Si può percorrere la sua storia attraverso i resti dei suoi monumenti e delle sue splendide, uniche opere d’arte: dall’epoca dauna (raggiunse il suo massimo splendore di questi tempi, come testimoniano i numerosi ipogei con pregevoli reperti) a quella romana, tardoantica e medievale. Nel suo castello Federico soggiornò durante i lavori di costruzione di Castel del Monte.

Sorgendo sul gradone delle Murge, e per questo definita “balcone della Puglia”, la giroscopica Minervino Murge, secondo la leggenda, deve il nome al tempo della battaglia di Canne, quando un soldato romano sposò una pastorella nel tempio di Minerva. Risalente al II millennio avanti Cristo, ebbe un’economia fiorente nell’VIII-VII secolo a. C. Il primo nucleo abitativo si insediò lungo l’impluvio che digrada dalle Murge, denominato “Matitani”. Testimonianze archeologiche romane si hanno in due iscrizioni funerarie risalenti al II secolo dopo Cristo e nella villa romana in località Lamalunga, di epoca tiberiana. Nell’XI secolo i Normanni iniziarono la costruzione del castello. La suddivisione del latifondo, alla fine dell’800, favorì un notevole sviluppo economico. nel secondo dopoguerra, con l’abbandono dell’agricoltura, anche Minervino dovette fare i conti con un’emigrazione di massa.

Trinitapoli trae le sue origini da Salapia, la “Venezia dei Dauni”, sorta intorno al X secolo avanti Cristo. Fu popolata anche grazie alle migrazioni dalla città medievale di Salpi che, oggi distrutta, era uno dei luoghi di diletto di Federico, che qui amava venire a cacciare. I monaci dell’Abbazia benedettina della Trinità di Monte Sacro, sul Gargano, fecero costruire una chiesa: Ecclesia Sanctae Trinitatis, intorno alla quale sorse il Casal trinità. Fu feudo di nobili famiglie e tra il ‘500 e il ‘700 Commenda Magistrale dell’Ordine dei Cavalieri di malta. Nel XIX secolo si passò dalla pastorizia alla cerealicoltura, con la specializzazione della coltura della vite. Si ebbe così una crescita economica, demografica e urbanistica, tali da rendere inappropriato il nome di Casale, cambiato in Trinitapoli nel 1963. Durante la seconda guerra mondiale un pilota britannico, John Bradford, scoprì e fotografò molti siti archeologici sepolti nel territorio del tavoliere Dauno.

   
   
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