Ci si chiede se quel che è accaduto
in Russia con la
dissoluzione
dellimpero
comunista non sia
il destino possibile anche di Francia, Svizzera, Italia, Spagna
e la stessa Inghilterra.
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Corsi, Baschi, Bretoni, Occitani, Furoni, Ulster-Irlandesi, Scozzesi,
sono nomi di popoli che stanno scomodi negli Stati-contenitori
di cui fanno parte e ai quali, a volte con mezzi violenti e a volte
col gioco pacifico della scheda elettorale, creano serie difficoltà.
Il fatto è che a questi protagonisti dellautonomia
o dellindipendenza nello scenario attualistico si affiancano
sempre più numerosi comprimari decisi a far risaltare identità
e presenze fino ad oggi soffocate o ignorate. Si tratta di raggruppamenti
di solito contraddistinti con laggettivo etnici,
vale a dire di popoli cui non sta bene il vestito-statuto di minoranze
e che vorrebbero trovare una via di mezzo tra la tolleranza minoritaria
e limpossibile dimensione di Stato.
Per indicare questi innumeri popoli dEuropa, tra Oder e Don,
tra Gibilterra e Caucaso, occorrerebbe una mappa geo-etnica particolare
e particolarmente complessa, in cui alla distrettualizzazione geografica
tipica delle burocrazie degli Stati si sostituisca il colorato e
frammentatissimo atlante dei gruppi-popoli aventi una
loro specifica consistenza, anche modesta, di parlata, di costumanze,
di tradizioni, di cultura endogena e di culture di scambio.
Nei media oggi tengono banco le informazioni sui più irrequieti
e scontenti di questi popoli, soprattutto nellarea euro-meridionale
e in quella euro-occidentale, nelle cruente vicende che hanno visto
o continuano a vedere coinvolti Baschi spagnoli (con propaggini
in terra francese), Corsi francesi, Irlandesi dellUlster,
e Serbi, Croati, Albanesi, Kosovari, Montenegrini. Ma lEuropa
dei popoli, che completa quella delle nazioni, è molto più
articolata. Al punto che ci si chiede se quel che è accaduto
in Russia con la dissoluzione dellimpero comunista e col riemergere
protagonico delle cento nazionalità-popoli che lo componevano
non sia il destino possibile anche di Paesi europei come la Francia,
la Svizzera, lItalia, la Spagna e la stessa Inghilterra; se
poi oltre ai popoli del tessuto storico mettiamo anche quelli di
nuova immigrazione africana o asiatica non cè che dire,
sarà un complicato rebus.
Va da sé che una cosa è la forza dei popoli, unaltra
la debolezza delle etnie che sono stanziate in territori di ridotte
dimensioni, con economie in grandissima parte non autosufficienti,
con interrelazioni e sistemi di scambio condizionati da confini
erratici, di fronteggiamento in molti casi, e con presenze di altre
minoranze non integrate o integrate in parte. Il tentativo di redigere
una carta delle etnie è stato fatto. La carta
risulta da una specie di decomposizione e disarticolazione dei macro-Stati
dellEuropa attuale, sostituiti dalla geografia dei popoli
ricavata dalla cancellazione delle verniciature consuete nazionali,
con le vecchie radici ridipinte e ricomposte nei tessuti ritenuti
originari. Così la Spagna si suddivide in cinque grandi unità
territoriali: una parte centrale, dalla Castiglia allAndalusia;
i Paesi Baschi, con la Navarra; poi Galizia, Catalogna e la Regione
Valenciana.
La Francia si suddivide tra la Frantzia (larea
centro-settentrionale che si prolunga fino alla Vallonia belga),
la Bretagna, lOccitania, lo spazio aquitano-tologano-provenzale.
La Corsica ha un popolo, come la Sardegna. Si stacca
dal Belgio la parte delle Fiandre che riassorbe anche le minoranze
fiamminghe stanziate in territorio francese.
Beneficiaria massima di un atlante del genere è senza dubbio
la Germania: le spettano di diritto lAlsazia, la Svizzera
tedesca, lAustria, compreso lAlto Adige o Sud Tirolo
italiano. Compare la regione indipendente del Friuli. La Cecoslovacchia
è già scissa in due Stati indipendenti, la Boemia
e la Slovacchia. Lex Jugoslavia si è dissolta in Slovenia,
Croazia, Bosnia-Erzegovina, Serbia e Montenegro, con Vojvodina e
Kosovo, Macedonia e altre micro-aree irrequiete o macro-aree (Istria-Fiume)
che stanno rialzando testa e memorie storiche. La Macedonia si avvicina
in parte alla Bulgaria, in parte alla Grecia; lEpiro del nord,
albanese, guarda a quello del sud, greco. La Transilvania romena
ha voglia dUngheria, Stato che guarda con estrema attenzione
ai territori che ha dovuto cedere alla fine del secondo conflitto
mondiale alla Russia. LUcraina indipendente assorbe mezza
Moldavia, spaziando dal Dnestr al Don. Un po più a
settentrione, passando per una Bielorussia che reclama maggiore
libertà, si raggiungono i tre Stati baltici. La zona caucasica
è un mosaico variopinto: vi si incontrano popoli di quattro
gruppi linguistico-etnici: indoeuropei (gli Armeni), turchi (gli
Azeri), iranici (gli Osseti) e i caucasici veri e propri (Georgiani,
Adigezi, Agusci, Abkazi, Ceceni e Lesghi).
Allinterno di quella che oggi è la Repub-blica di Russia
e che si estende dal Niemen a Vladivostok, la carta geo-antropologica
è un alternarsi di macchie etniche: sono le varie nazionalità,
unottantina, sul centinaio registrato dai linguisti, che avevano
diritto di rappresentanza nel Soviet delle nazionalità, assemblea
che affiancava come seconda istanza del Congresso del Popolo il
Soviet dellUrss.
Proseguendo nella lettura di questa carta delle etnie,
troviamo segnate le disarticolazioni dellex monolite Urss:
la Carelia è finlandese, e le diverse repubbliche, regioni,
province cosiddette autonome del sistema politico ex sovietico (Sciuvasci,
Morduini, Tatari, Baschiri, Komi, fino ai Tedeschi del Volga e ai
turcofoni dellarea meridionale) reclamano quel diritto allautonomia
o allindipendenza che avevano visto sprofondare nel gigantesco
calderone dellimpero sovietico.
Certo, se è diciamo abbastanza facile ricostruire
queste mappe territoriali caratterizzate da un nome specifico di
regione (per lo più coincidente con quello della popolazione
che in misura predominante vi abita), appare estremamente difficile
isolare allinterno in linee demarcate precise i vari gruppi
che vi si addensano. Prendiamo un caso tipico, quello della Bucovina:
unarea ben definita, nelle montagne est-carpatiche, tra i
fiumi Moldava, Siret e Prut; terra ad alti rilievi, boscosa, fertile;
poco più grande della Liguria, popolata da circa un milione
di persone; una storia e una cultura locali rispettabili; dopo un
paio di secoli di dominio turco, era entrata nellorbita del
macro-contenitore austro-ungarico (1774). La piccola capitale, Cernauti,
ha tre o quattro denominazioni (romena, russa, tedesca, polacca)
corrispondenti alle diverse fasi della sua appartenenza. Dopo il
1919, nello sfacelo dellimpero absburgico, venne assegnata
alla Romania, dopo il 45 e Yalta, si spaccò: due terzi
andarono alla repubblica sovietica dellUcraina, un terzo rimase
ai romeni. Oggi è già oggetto di un contenzioso tra
Ucraina e Romania, e si parla di scorporare una parte della repubblica
di Moldavia in procinto di tornare alla Romania (per plebiscito),
dalla quale era stata staccata, e di barattare il ritorno della
Bucovina ai romeni con la cessione allUcraina della Transdnistria
moldava.
Il fatto è che in quella regione vivono, in proporzioni più
o meno equivalenti, Ro-meni, Rutuni e Ucraini; ma vi sono stanziate
anche minoranze polacche, tedesche (la Bucovina dal 1774 fu Ducato
austriaco), ebree e armene. Come provincia ucraina, capoluogo Cernovci,
la Bucovina storica è solo un anodino distretto amministrativo.
In un ordine umano che riconosce la legittimità di popoli
e di minoranze, sono sufficienti le ripartizioni amministrativo-burocratiche?
E, specularmente, quali potenzialità politiche ed economiche
può avere unetnia-Stato nel contesto europeo o euro-asiatico?
Ma anche là dove i recenti sismi politici hanno ridato statuto
di indipendenza a popoli già sopraggiunti alla sovranità,
come i tre Paesi baltici, i problemi non sono del tutto risolti.
Con ogni probabilità, anzi, si sono moltiplicati. Usciti
dal rullo compressore-contenitore sovietico, i Baltici devono fare
i conti con la loro storia, con i loro popoli minori,
con quelli confinanti, con quelli travasati nel quarantennio seguito
alla loro sudditanza a Mosca sancita dal baratto Hitler-Stalin.
La Lituania, ad esempio, ha un contenzioso pregresso con la Polonia,
collegato alla cosiddetta clausola di Vilnius. Lattuale
città capitale dei lituani infatti era rimasta sotto sovranità
polacca nel periodo tra le due grandi guerre, pur essendo rivendicata
dai lituani. Fu solo dopo gli accordi Hitler-Stalin del 1939 che,
passata la Lituania nellorbita sovietica, la vecchia capitale
storica lituana divenne capoluogo della nuova repubblica federativa
sovietica. Oggi Polonia e Lituania aspirano, rivendicando ciascuna
il proprio diritto, a riavere o a mantenere la città che
fu culla del Granducato.
E vero: giustizia sembra infine fatta, il piccolo Stato-nazione
lituano ha tutte le credenziali internazionali in regola. Ma sta
di fatto che non è cessato il contenzioso con i suoi popoli:
comincia col rivendicare confini e capitale storica; non riconosce
ai suoi cittadini di nazionalità polacca (8 per cento) il
diritto di voto se non previa dichiarazione di fedeltà al
nuovo Stato; incorpora un 9 per cento di cittadini russi, con i
quali e per i quali è tuttora in atto un contenzioso complicato.
Così come, del resto, accade altrove, e più macroscopicamente
in quel dellisola di Cipro, col confronto durissimo tra Turchi
e Greci; oppure, tanto per restare più o meno nellidentico
scacchiere, nel Vicino Oriente e a Gerusalemme.
Nel Baltico non ci sono guerriglie o guerre in corso, ed è
escluso che vi possano essere in futuro. Forse perché lEuropa
fa da contrappeso autorevole. Anche se, per lintero Vecchio
Continente, per tutti i suoi Stati, per tutte le sue etnie, per
tutti i tentativi, autentici o fasulli, di secessione, col dopo-Maastricht
e le ormai bisecolari diplomazie delle sovranità
qualcosa dovrà pur muoversi. Chiedendosi, per lo meno: quale
Europa? DallAtlantico fin dove? Federata o confederata? Aperta
alle migrazioni o con migrazioni regolate? Con Trattato di Schengen
allargato, oppure no? E con quali diritti e doveri reali?
E con quali rappresentanze, regolate per Stato o per numero di abitanti?
Dominata da assi o da concerti o ancora da più
articolati rapporti negoziali? Come è dato vedere, il cammino
è ancora (troppo) lungo. Ostacoli, egoismi di parte, progetti
di primazia sono ancora dietro langolo. La storia dEuropa
è tuttora un gran magma incandescente.
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