Ad un tipo dal viso intagliato dal vento di sabbia,
con gli stinchi di certi santi eremiti e con tanta civiltà
del deserto alle spalle, non lasci lobolo del bianco buono.
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In Mauritania
lasino arpista racconta
Trovai albe limpide e fredde, cielo terso fino a mezzogiorno e
un sole, oscurato dalla puntuale sabbia pomeridiana, che fa dolere
la testa, sudare, batter la fiacca, innervosire senza ragione. Invece,
i Mauri hanno spesso freddo: ho visto bambini andare a scuola di
corsa per riscaldarsi; con metodo, senza fatica apparente, fino
a quando riuscii a seguirli, lo sguardo abbacinato dalla luminosità
bianca, spettrale, lungo il rettilineo che attraversa la città
sovrapposta al deserto.
Sembrava una visione simbolica del Terzo Mondo; mi venne fatto di
ricordare, allimprovviso, gli studenti garfagnini che correvano
per riscaldarsi, lungo una strada orlata di neve vera, mentre viaggiavo,
ogni mattina, verso il liceo di Castelnuovo, gelato, sulla corriera
della Fiumana Bella, lungo la valle del Serchio
Qui le donne guardano il forestiero con inattesa, insidiosa malizia;
io guardavo le capre mangiare carte ministeriali, scientificamente
tritate a custodia di sopraggiunte burocrazie da sviluppo, e persino
le bottiglie vuote di plastica dellacqua minerale europea,
rimestando tra i mucchi di ghiotte immondizie che si formano agli
angoli delle case abitate dalla cooperazione internazionale o assistenza
tecnica che dir si voglia.
Trovavo, tuttavia, risoluta gentilezza, non servilismo ad uso turistico.
A Dakar esiste lalbergo Téranga, a Nouakchott
il Marahaba. Ambedue significano Benvenuto:
il primo in wolof, il secondo in arabo.
I Mauri non amano le espansioni; sono introversi come chi visse
per secoli nel silenzio. Sentono lindipendenza in modo austero.
Dakar, inoltre, a fronte di altre capitali africane, diviene metropoli
colma di benessere.
Per questo, osservavo le presenze commerciali italiane; una macchina
da gelati, per i neri di Dakar; una lavanderia industriale, per
i bianchi di Nouakchott.
Insufficiente, questo mio indagare, passeggiando in mezzo a gente
bruciata dal sole, essiccata dalla parsimonia dei nomadi.
Fu così che presi a far domande ad un giovane geologo, una
di quelle intelligenze del nostro Sud che, trapiantate, danno risultati
tali da farci disprezzare ogni luogo comune sulle migrazioni.
Non per caso, quella sera, invitato a parlare nella residenza del
console onorario dItalia a Nouakchott, presenti altri nostri
operatori in Mauritania con rispettive coraggiose mogli, scelsi
un argomento a me caro: Italiani nel mondo.
Ma il mio tecnico non chiacchiera volentieri; indica
carte misteriose, spiega; regala sorridendo accette preistoriche,
rose del deserto, stromatoliti di 860 milioni di anni fa, nonché
immagini meravigliose, fissate dallelicottero durante i voli
verso linterno; anche perché, ogni tanto, un autocarro
gigante si perde e si trasforma in piccolissimo oggetto da ritrovare.
Nella sabbia, nemmeno a dirlo, dove le coordinate servono fino ad
un certo punto
Fu così che, senza rischio alcuno, vidi in fotografia le
dune del deserto, le croste del cosiddetto continente intercalare,
le arenarie con fratturazione a colonne e una tomba di pietre con
lasse orientato verso la Mecca.
Vorrei non sembrasse poco.
Quanto si sente ignorante un addetto culturale, in situazioni del
genere! Perchè non ammetterlo? Lauto sinoltra
fuori strada, con iniziative pistaiole degne del passato carovaniero
di chi la guida: un passato senza curve.
Ben poco mi resta da vedere: il mercato, dominato dalle catinelle
a fiori, destinate a mille usi; le piccole fucine, dove sono fabbricati
cofanetti in legno e argento, bracciali e cavigliere. Questultime
sono molto grosse e pesanti, così da far pensare al perché
del lungo passo delle donne ammantate, che mai perde la caratteristica
solennità.
Volli insistere: linnata fierezza del Mauro fu irremovibile
nel vietarmi approcci.
Gente regale; non ebbi coraggio; ad un tipo dal viso letteralmente
intagliato dal vento di sabbia, con occhi simili alle fessure della
terra secca, con gli stinchi di certi santi eremiti e con tanta
civiltà del deserto alle spalle, non lasci lobolo del
bianco buono.
Pensavo che, a parte il colore della pelle, non tutti sanno rifiutare
una transazione. A proposito di fierezza femminile, poi, devo aggiungere
che la mia vita è stata ricca di tristi confronti e di brusche
delusioni. Per esempio, dopo alcuni anni di lontananza da casa,
seppi che lormai ex moglie, dopo una lunga, ostinata, vendicativa
fedeltà calabrese, pur di potersi sentire sicura sotto un
tetto, pur di poter contare sopra una qualunque ricchezza anziché
sulla mia inetta poesia, alla fine, aveva affidato la propria materiale
esistenza economica ad un altro gentiluomo. Niente da eccepire,
ma
confesso che quellinatteso baratto mi fece soffrire;
addirittura molto, molto di più di quando mia madre era morta
in decorosa povertà.
Meglio cambiare argomento, rifugiarsi ancora una volta nel sogno,
che, a mio avviso, sta per «nel mondo come vorresti che fosse».
Tuttavia, considerando che mè venuto da ricordare mia
madre in un passaggio così estemporaneo e impoetico a proposito
di fierezza femminile, voglio dedicare alla sua memoria, sempre
educativa e ricorrente, un saluto conclusivo che, senza dubbio,
le sarebbe piaciuto.
florio santini
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