
Giugno 2002
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Le Giravolte |
percorsi
per: rosario scrimieri - aldo tavolaro - giovanni perrone-salvatore
masciullo - florio santini |
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Una colomba in bronzo poggiata sulla semisfera
in alabastro con le ali raccolte indica il compiacimento di Dio
sul suo tempio.
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E sillumina Fulgenzio
s. antonio da padova
La prima pietra per la costruzione della chiesa è stata
posta il 22 maggio (ricorrenza di Santa Rita da Cascia) 1901 e la
costruzione è stata terminata nelle sue strutture architettoniche
con la consacrazione dellaltare il 9 maggio 1910.
Progettata dalling. Carmelo Franco, in stile gotico pugliese,
con riminiscenze romaniche, costituisce insieme allannesso
Convento dei Frati, alla Biblioteca, alla Pinacoteca dArte
francescana, al Museo di Cultura cinese, al Museo di Storia naturale
e al cinema, un complesso di notevole interesse religioso-culturale,
sede anche della Provincia Francescana.
La pianta della chiesa, dedicata a S. Antonio da Padova, è
a navata unica con cappelle laterali, abside poligonale e transetto
i cui lati terminano con due absidi.
Le superfici laterali e quelle frontali delle absidi, del transetto
e della cupola sono tutte dipinte a tempera con temi sacri ispirati
alla vita di santi e sono quasi tutte opere del Rev.do Padre francescano
Raffaello Pantaloni (1888-1952).
I primi dipinti sono quelli relativi allabside di destra riguardanti
gli episodi più salienti della vita di San Francesco (1926)
rappresentati, tra fregi ornamentali di varia natura, insieme a
santi e sante francescani; questo ciclo è stato dipinto insieme
a P. Antonio Jerone, anchegli francescano.
Il secondo intervento riguarda labside sinistra con la rappresentazione
del dogma dellImmacolato Concepimento di Maria (1930-31)
in cui, ai lati dellImmacolata, sono rappresentati la cacciata
di Adamo ed Eva dal Paradiso terrestre e lAnnunciazione.
Il terzo intervento riguarda labside dellaltare maggiore
con in alto il Redentore e in basso le Glorie di SantAntonio
da Padova (1933).
Lultima parte dipinta in ordine di tempo è la cupola,
decorata con la raffigurazione della Santissima Trinità (1936).
Sotto i tre quadri che narrano la vita di SantAntonio, Titolare
della chiesa, si nota un loggiato costituito da archi acuti: si
tratta di trifore che mettono in comunicazione il coro superiore
con la chiesa. Anche il coro superiore riservato ai monaci è
stato dipinto da Padre R. Pantaloni: si tratta in questo caso di
dieci quadri sulla vita di San Francesco e di otto figure a grandezza
naturale di santi e sante francescani.
Nel 1933-36 si realizzarono la balaustra in stile neo-gotico
e lorgano. La balaustra, di struttura molto esile, fu più
volte restaurata e consolidata.
Sugli altari laterali della navata centrale sono presenti delle
tele di grande valore artistico, quasi tutte dipinte dal prof. Luigi
Scorrano, autore anche della tela raffigurante la Madonna del Rosario
che insieme a quella di Santa Rita, opera dellartista Raffaele
Maccagnani, racchiudono laltare dellImmacolata, posto
sullabside sinistra, mentre i due quadri di S. Ludovico e
di S. Elisabetta, entrambi di Giovanni Stano, sono posti sullabside
di destra a coronamento dellaltare di San Francesco dAssisi.
Sul presbiterio poggiava un baldacchino posto su quattro esili colonne
in finto marmo (cemento), alcune già lesionate, coronato
da una copertura in legno, sotto il quale era posizionato laltare.
Il presbiterio e gli spazi limitrofi
Larea presbiteriale era racchiusa dalle pareti poligonali
dellabside centrale. Lungo il suo perimetro esterno era collocata
una balaustra in marmo traforata da archi a sesto acuto alta 75
cm., realizzata nel 1933-36, con tre aperture in corrispondenza
dei rispettivi lati per consentire laccesso al presbiterio
dallaula assembleare. La sua presenza fisica interrompeva
la continuità spaziale e funzionale con laula dellassemblea,
ostacolando il rapporto dialettico tra i ministri celebranti e i
fedeli. Al centro dellarea presbiteriale, su un pavimento
in seminato alla veneziana, era collocato, su una pedana costituita
da due gradini da 16 cm. cadauno, il grande e voluminoso baldacchino,
dalle dimensioni di mt. 3,10x3,30, alto mt. 5,80. Questo è
costituito da quattro colonne in finto marmo (cemento) di 20 cm.
di diametro sormontate da una trabeazione in legno intagliato e
coperto a cuspide da un lanternino sempre in legno traforato con
archi a sesto acuto. Sotto di esso era posizionato laltare
rettangolare realizzato con quattro colonnine e mensa in marmo.
Lambone era posto a sinistra in primo piano ed era costituito
da una base e piano di appoggio in ferro battuto di scarso valore;
la Sede in legno di modestissima fattura era posta sulla parete
laterale destra, mentre il Tabernacolo, realizzato negli anni Sessanta,
era del tutto incassato nella parete frontale di fondo, nascosto
completamente dal baldacchino, inadatto alla pratica dellAdorazione
del Santissimo.
Tutto lo spazio era corredato di scanni, anchessi in legno,
necessari alle frequenti concelebrazioni, trattandosi di una comunità
di frati. Sulla parete posteriore del presbiterio è collocata
la sacrestia, un vano spazioso, luminoso e ben arredato, che completa
larea interessata dallintervento.
Al piano superiore, esattamente in corrispondenza della sottostante
sacrestia, è posto il coro, dove la comunità dei frati
si riunisce in preghiera, per celebrare lEucarestia e per
cantare. Questo ambiente, coperto a volte a stella in muratura,
alto sette metri, è comunicante con la chiesa attraverso
un loggiato costituito da nove arcate a sesto acuto poggiate su
colonnine di marmo. Linsieme è in piena armonia di
stile e di colore grazie alla decorazione pittorica di P. Pantaloni
ed è un fondamentale elemento spaziale di raccordo tra il
coro superiore (luogo di preghiera e di canto) e larea presbiteriale
(luogo di celebrazione).
Il progetto e la sua realizzazione
I princìpi ispiratori nellaffrontare le problematiche
riguardanti gli interventi di adeguamento degli spazi liturgici
secondo la riforma liturgica sono la Costituzione della sacra liturgia
(1963), 122-130, del Concilio Ecumenico Vaticano II; La progettazione
di nuove chiese, Nota pastorale della Commissione Episcopale per
la Liturgia, CEI 1993; Ladeguamento delle chiese secondo la
riforma liturgica, Nota pastorale della Commissione Episcopale per
la Liturgia, CEI 1996; Spirito creatore. Proposte e suggerimenti
per promuovere la pastorale degli artisti e dellarte, nota
dellUfficio Nazionale per i beni ecclesiastici (1997).
Al capitolo III, lettera C, della Nota pastorale Ladeguamento
delle chiese secondo la riforma liturgica - Le chiese da adeguare,
al punto 51 si legge così:
«La chiesa parrocchiale, con altri analoghi centri di attività
pastorale, rappresenta il caso più tipico e frequente nel
quale si richiede il progetto di adeguamento liturgico. Tale progetto
implica un particolare impegno per evidenziare il presbiterio, la
sede del presidente e lambone. Notevole attenzione deve essere
rivolta al recupero della centralità dellaltare nuovo...
Siccome nella pastorale parrocchiale ha grande importanza la celebrazione
dei sacramenti, notevole cura deve essere riservata alle celebrazioni
del matrimonio, delle esequie cristiane, alladeguamento del
battistero e del fonte battesimale oltre che delle sedi confessionali».
Nellavviare la progettazione di adeguamento dellarea
presbiteriale si sono tenuti presenti le indicazioni e i suggerimenti
delle Note sopra riportate, soprattutto in considerazione del fatto
che ladeguamento è parte integrante della riforma liturgica
voluta dal Concilio Vaticano II. In questo quadro di riferimento
le chiese devono avere «le capacità di modificarsi
in relazione della riforma liturgica, dal momento che il loro legame
con la liturgia è costitutivo: sono infatti luoghi creati
per la liturgia e perciò adeguabili ad essa».
Partendo da queste considerazioni si è progettato il nuovo
spazio presbiteriale della chiesa parrocchiale di S. Antonio, con
la finalità di raggiungere quattro principali obiettivi:
1) Compensare le già complesse forme architettoniche e le
loro ricche decorazioni cromatiche con scelte formali e iconografiche
semplici ed essenziali.
2) Rendere più funzionale e semplice lo svolgersi delle
azioni liturgiche, in considerazione delle prevalenti
concelebrazioni in corso, trattandosi di una comunità di
religiosi.
3) Dare centralità alle celebrazioni sacramentali intorno
allaltare, con la disposizione organica su di un unico piano
di tutto il sistema degli oggetti funzionali a forte
connotazione liturgica (ambone, sede del presidente e seggi).
4) Garantire una lettura unitaria dello spazio e della sua figurazione
estesa a tutta larea presbiteriale, molto frammentaria per
la presenza del voluminoso baldacchino, per gli eterogenei e improvvisati
elementi di arredo e per il degrado delle murature perimetrali con
le relative decorazioni pittoriche.
Per ottenere gli obiettivi suddetti si è provveduto a:
a) rimuovere lattuale pavimento in seminato alla veneziana
e la balaustra in marmo, operazione giustificata anche dalla necessità
di distinguere con materiali diversi lo spazio della celebrazione
(presbiterio) da quello dellascolto (aula), che è rimasto
quello esistente, opportunamente restaurato, levigato e lucidato;
b) trasferire il baldacchino dal piano del presbiterio al piano
superiore, nel coro dei frati, con lutilizzo globale del suo
uso, in sostituzione del piccolo altare in legno. Il suo posizionamento,
più verso la parete traforata del presbiterio, gli consentirà
di essere intravisto dai fedeli dal piano dellassemblea, conservando
la memoria storica di un oggetto che per decenni ha caratterizzato
lo spazio presbiteriale della chiesa di S. Antonio;
c) sostituire il vecchio pavimento logorato e degradato con un
nuovo pavimento più resistente, in marmo rosa aurora del
Portogallo, disegnato in funzione dei poli celebrativi che caratterizzano
la liturgia sacramentale;
d) realizzare dei nuovi oggetti liturgici basati sullessenzialità
della linea, sullimportante valore evocativo-simbolico, sul
rigore compositivo e sulla irrinunciabile qualità artistica.
e) risanare le murature perimetrali contro il fenomeno dellumidità
di risalita con la realizzazione di uno sbarramento chimico orizzontale
allaltezza del piano del presbiterio ed eseguire minuziosamente
un lavoro di restauro per il recupero totale delle decorazioni e
delle pitture.
Larea presbiteriale, pur conservando la quota di 46,5 cm.
dal piano dellassemblea, è stata modificata nella forma
divenuta curva nella zona centrale avanzando di poco verso laula.
Questo leggero avanzamento, insieme alla diversa modulazione dei
gradini, consente una più organica disposizione degli arredi
sacri (altare, ambone e sede) per ottenere una più funzionale
liturgia sacramentale, avendo previsto spazi più idonei per
i matrimoni, ordinazioni sacerdotali, ecc.
Lo spazio di pertinenza dellaltare, elemento centrale di tutto
il sistema dei segni è più avanzato di
posizione rispetto a quello precedente. Poggia direttamente su di
un piano unico; ciò consentirà ai sacerdoti concelebranti
di muoversi con facilità intorno allaltare, e ai fedeli,
disposti nellaula, di seguire con più attenzione le
azioni liturgiche. Lambone è posto sulla
sinistra ed è proiettato verso lassemblea, da dove
sarà proclamata la parola di Dio.
La sede del presidente è collocata insieme ai due seggi su
una pedana in marmo, anchessa su un piano differenziato da
quello dellaltare, ben visibile da tutti in modo da favorire
la guida alla preghiera e al dialogo, e costituisce un polo molto
importante in quanto viene occupato da chi guida lassemblea
e da chi presiede la celebrazione nella persona di Cristo, Capo
e Pastore.
Il Tabernacolo, seguendo i suggerimenti della Commissione
diocesana indicati in sede di approvazione del progetto, è
stato collocato sulla parete dellaltare dellImmacolata
per favorire la pratica dellAdorazione Eucaristica.
La croce in bronzo poggia sul piano del pavimento, mentre tutti
gli altri elementi di arredo mensola, scanni per i celebranti,
per i lettori e per gli accoliti sono sistemati organicamente
intorno allaltare.
Gli arredi sacri
Partendo dalla constatazione che la chiesa leccese di S. Antonio
a Fulgenzio presenta unarea presbiteriale quanto mai ricca
di immagini e di colori con gli splendidi affreschi di P. Raffaello
Pantaloni, Armando Marrocco ha operato nella sua progettazione avendo
nella mente e nella mano una sorta di ovvio imperativo,
e cioè entrare in punta di piedi nella spazialità
sacra per eccellenza, conferendo ai segni da inserire una sorta
di pondus non solo allusivo e referenziale, ma quanto mai reale
e tangibile.
Laltare si compone di due blocchi di marmo rosa aurora del
Portogallo sovrapposti. La parte inferiore, un cubo di cm. 80 di
lato del peso di 7 tonnellate, si presenta in grezzo con sul fronte
i simboli eucaristici scolpiti ad alto rilievo. Appare come se fosse
una pietra scartata e divenuta angolare che sostiene la mensa, anchessa
in marmo.
La mensa, di cm. 120x240 per 20 cm. di altezza, del peso di 12 tonnellate,
è scolpita sui lati quasi fosse una tovaglia, con decorazioni
varie che richiamano la preziosità delloggetto: ondulature,
pieghe, motivi stellari. Il blocco marmoreo che sostiene la mensa
ha un rigonfiamento centrale, come se la materia lievitasse dallinterno
per spaccarsi poi nel segno di croce. Su di essa emergono scolpiti
i simboli eucaristici.
La sacra mensa, sostegno della Cena eucaristica, poggia sulla potenza
vitale di Cristo, «pietra scartata dai costruttori e divenuta
testata dangolo».
Lo stesso motivo di panneggio si ripete nellambone, diviso
in due parti, ma scolpito in un solo blocco di marmo del peso di
6 tonnellate. La parte inferiore si presenta come un solido blocco
lavorato in grezzo con una smussatura nella sua parte centrale dalla
quale nasce un ramo di ulivo, segno di pace universale, scolpito
ad alto rilievo, che si eleva fino al panneggio sovrastante, sede
dellevangelario.
Sul panneggio è scolpito il simbolo dellevangelista
San Giovanni, a ricordo della sua testimonianza divina: «In
principio era il Verbo...» (Gv 1, 1-18). Lambone (liturgia
della Parola) è in armonia e in stretto rapporto con laltare
(liturgia eucaristica).
Con lo stesso criterio è stata realizzata la sede del presidente.
Il motivo del panneggio è scolpito in modo morbido e accogliente;
sullo schienale sono incisi il giorno e la notte, lo scorrere del
tempo verso la Parusia. Gli scanni dei celebranti accanto alla sede,
sempre in marmo, sono sobri, semplici, conservano gli stessi elementi
decorativi di panneggio e sono rifiniti con un cuscino di pelle.
Il tutto si inserisce armonicamente in uno spazio caratterizzato
dal recupero totale delle decorazioni pittoriche magistralmente
restaurate e salvaguardate dalla signora Adriana Falco.
Il tabernacolo è costituito fondamentalmente da due elementi:
una sfera di 54 cm. di diametro, in azul macauba del Brasile, contenente
la custodia in argento dorato sorretta da una sella
in marmo rosa aurora del Portogallo, e da una semisfera vuota sempre
di 54 cm. di diametro in alabastro di Volterra, contenente al suo
interno una lampada che consente alla semisfera di essere sempre
luminosa per indicare la presenza della Santa Eucarestia
durante le celebrazioni e durante lAdorazione del Santissimo
Sacramento.
Una colomba in bronzo dorato, poggiata sulla semisfera in alabastro
con le ali raccolte, indica il compiacimento di Dio sul suo tempio.
rosario scrimieri
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Il problema investe la dignità della donna, la sua origine
di Dea Madre, di grande sacerdotessa, di creatrice di vita...
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La lobby rosa
dee madri orgoglio e pregiudizio
«Uomo, tu sei il padrone, la donna è
la tua schiava, è Dio che lha voluto». Non lo
dico io, ma S. Agostino (Serm. 322). Occorre precisare che Agostino
ribadisce un concetto già espresso da Paolo di Tarso: «Le
mogli siano sottomesse ai mariti... il marito infatti è capo
della moglie...» (Ef. 5, 22-24). E San Paolo precisa ancora:
«Le donne nelle assemblee tacciano perché non è
loro permesso parlare; stiano invece sottomesse... Se vogliono imparare
qualcosa, interroghino a casa i loro mariti, perché è
sconveniente per una donna parlare in assemblea» (I Cor. 14,
34-35). E San Paolo insiste: «La donna impari in silenzio,
con tutta sottomissione. Non concedo a nessuna donna di insegnare,
né di dettare legge alluomo...» (I Tm. 2, 11-15).
Tommaso dAquino sembra voglia spiegarci il perché di
tanta ostilità e dice: «In quanto individuo, la donna
è un essere meschino e colmo di degradazioni» (Summa
theol. XCII, I).
E potremmo continuare per molto ancora a far posto a queste opinioni
che, in alcuni casi, fanno sorridere (per non metterla sul drammatico),
come il dubbio di San Bonaventura che si chiede se la donna risorgerà
o meno con luomo in sede di giudizio universale. «E
se risorgerà e qui è San Tommaso che si fa
prendere da un altro dubbio conserverà la sua subordinazione
alluomo come nella vita terrena? E ciò soltanto a causa
della sua imbecillitas». Qui stiamo attenti: San
Tommaso non dà dellimbecille alla donna, ma imbecillitas
vuol dire senza bastone (baculus), senza un appoggio.
Questa sfilza di santi non ci deve far credere che soltanto loro
avessero una visione negativa della donna, se anche Aristotele,
in un suo lemma, definisce la donna «un errore della natura.
Mi si dirà che siamo andati un po troppo lontano nel
tempo e molte cose son cambiate. E allora avviciniamoci un po.
Arriviamo al XVI secolo con Erasmo da Rotterdam, il princeps
humanistorum, che non si sbilanciava mai neppure tra il Papa
e Lutero (ricordiamo il suo motto: Nulli concedo), eppure
sulla donna si pronuncia (Elogio della pazzia) e dice: «E
vero che la donna è un animale stolto e senza sale, mi fa
ridere...». E qui quel fa ridere è molto
offensivo perché allude alla sola funzione duso, quella
ludica. E sempre Erasmo cita Platone che, nel Timeo, non sa se porre
la donna fra gli animali ragionevoli o fra le bestie.
Continuando così rischio di annoiare il lettore e quindi
mi fermo, anche se si potrebbe continuare per pagine e pagine.
Ma questo preambolo è necessario per ricordarci il numero
e lautorevolezza dei pareri ostili alla donna che, diciamolo
pure senza ipocrisie, in molti casi albergano ancora nel subconscio
della gente, uomini e donne.
E generale la lamentela della disparità in Italia tra
uomini e donne nelle rappresentanze politiche, nelle imprese, negli
affari, nelle cariche pubbliche e qualcuno ha scritto: «..LItalia
è arretrata rispetto al mondo occidentale che conta (Usa,
Inghilterra e socialdemocrazie nordiche) dove cè maggiore
emancipazione femminile sia lavorativa che politica» (Roberta
Tatafiore). Guarda caso, si tratta in maggior parte di sfere luterane
e calviniste, comunque non cattoliche, mentre noi qui in Italia
abbiamo sotto gli occhi la discriminazione, tra maschi e femmine,
che fa la Chiesa Cattolica non ammettendo al sacerdozio le donne.
Stiamo attenti a non sottovalutare il subconscio che da duemila
anni e più custodisce pregiudizi acquisiti entrati a far
parte di noi e, nonostante il polverone che si alza trattando della
parità dei sessi, non si osa far cenno a tali blocchi mentali
posati sulle nostre teste come coperchi sulle pentole.
Alberoni ci ricorda linvidia che si scatena contro chi emerge,
chi eccelle e, guarda caso, linvidia è il primo peccato
che si affaccia sulla scena del mondo con Caino. Ma non basta, come
non basta un semplice branco, come non basterebbe la soluzione scelta
da Lisistrata di Aristofane, perché il vizio è a monte.
Il problema investe la dignità della donna, la sua origine
di Dea Madre, di grande sacerdotessa, di creatrice di vita che non
accattona quote, non digrigna i denti, ma si ricolloca
di diritto sul suo altare. E qui è opportuno ricordarci che
Goethe, leggendo Plutarco, scoprì che nellantica Grecia
le madri erano dette dee.
Per concludere, linizio di questa faticosa riconquista sta
nel rifiuto da parte della donna, specie quelle più giovani,
di farsi strumentalizzare nelleffimero, nel fatuo, nellindecente
oggi tanto caro e abusato dalle televisioni, dai rotocalchi e dalla
pubblicità.
E, appunto, una faticosa riconquista.
aldo tavolaro
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Sono proprio i nobili e la Curia vescovile, i poteri forti, a dare
impulso e diffusione al fenomeno delle fortificazioni.
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Le memorie dellArneo
dalla masseria al turismo
Parlare di masserie fortificate a Nardò, significa
toccare un argomento molto importante della sua storia. Gli insediamenti
rurali fortificati rappresentano il mondo rurale e agreste della
Nardò di un tempo, che va dal XV al XVIII secolo. In questarco
cronologico, infatti, si origina e sviluppa tutto quel rapporto
storico, culturale, politico e sociale dal quale traeva significato
la masseria.
Questo complesso nasceva intorno ad un corpo di fabbrica, la torre,
che simboleggiava lelemento cardine su cui far leva successivamente
per la costruzione dei manufatti e dei vari ambienti destinati al
ricovero degli animali e quantaltro servisse per la conduzione
della masseria.
Lo sviluppo e il proliferare di tali insediamenti va ascritto innanzitutto
alla presenza di una certa classe di famiglie nobili (baroni) e
alla Curia vescovile, che hanno protetto i loro sconfinati
possedimenti rurali su tutto il territorio dellArneo. Sono
proprio questi poteri forti a dare impulso e diffusione al fenomeno
delle fortificazioni, che per Nardò segna una svolta determinante
sia dal punto di vista del lavoro, sia come immagine di potenza
socio-economica per tutta Terra dOtranto.
Il territorio pianeggiante e senza difese naturali era costantemente
invaso dai vari predoni (saraceni, corsari, ecc.), per cui i governanti
decisero di attuare una seria fortificazione delle coste onde dare
una maggiore sicurezza allentroterra dove la minaccia era
ancora più grave. Queste situazioni condizionano lo sviluppo,
lubicazione e la struttura tipologica di tutti quei complessi
rurali adibiti alla produzione e alla trasformazione dei beni primari,
in una società, quale quella di Terra dOtranto, fondata
essenzialmente sullagricoltura.
Un esempio concreto si può ancora ammirare in alcuni manufatti
giunti a noi in discrete condizioni come Giudice Giorgio,
Console, Pantalei, Olivastro,
Rotogaleta, Zanzara, Nucci,
Corsari, ecc.
La presenza di tante emergenze architettoniche, alcune imponenti,
fa di Nardò un territorio interessante, le cui strutture
storiche non devono essere considerate semplici tipologie abitative,
ma veri e propri centri di interesse turistico alternativo.
Il recupero dellantico, per destinarlo ad ospitalità
rurale, rappresenta un esempio e uno stimolo per migliorare il tenore
di vita delle famiglie rurali, attraverso questo modo nuovo di far
politica turistica alternativa. Sviluppare questo ruolo dellarchitettura
rurale significa far rivivere le antiche masserie fortificate, un
tempo veri e propri centri commerciali e di potere, come luoghi
di ospitalità favorendo una vacanza tranquilla e facendo
apprezzare quei siti che furono un caposaldo della storia di Nardò,
per tanti secoli, dandole un ruolo di potenza commerciale e prestigio
economico.
Attraverso questa strada inoltre si può armonizzare e tutelare
il paesaggio, valorizzando la promozione sociale e la prospettiva
occupazionale del territorio.
giovanni perrone-salvatore masciullo
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Nellisola degli dei la vita è di per se stessa musica,
danza, scultura, pittura, dono, voto, gesto rituale, teatro puro,
linguaggio corporeo.
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Sul Borobudur
mutare cielo non serve a
niente
Scalinate e bassorilievi e nicchie, secondo la gerarchia della
perfezione, qualcosa che fa pensare alle sublimi sfere dantesche.
Questo incontro mi fece sentire meno estraneo a Giava: prima, le
scene della vita quotidiana; poi, luomo incatenato dalle passioni;
infine, le tappe che conducono alla saggezza finale, quando le reincarnazioni
sono terminate.
Niente è fortuito: le statue di Buddha mostrano con un gesto
ieratico della mano i punti cardinali; per la meditazione, è
obbligatorio passeggiare sulle terrazze, avendo a destra i bassorilievi.
Eppure, in questo mondo complesso, non manca la realtà terrestre.
Un esempio, cosè il subak? Un praticissimo
comitato di gestione delle acque, che si occupa di conciliare gli
interessi dei proprietari dei campi di riso, gli uni sopra gli altri
razionalmente allagati. Ciò è molto bello; però,
la cosa che più ha colpito me cristianoide è questa.
Nella lotta tra il Bene e il Male, gli dei non sono capaci di resistere
agli attacchi dei demoni. E allora luomo eccezionale
a venire in aiuto dei terrestri.
La relazione col mondo soprannaturale ritorna nel teatro delle ombre,
dove gli attori non parlano, mentre linvisibile diviene visibile
e lineffabile si fa intendere. In breve, il Wayang
è rappresentazione psicoanalitica, calata in un cerimoniale
colmo di accessori differenti: la lampada, lo schermo, le figurine.
Tutto questo, oggi, è molto raro; eppure, credo che lautenticità
vera finì quando una sigla, altrettanto magica, comparve
in questi territori: V.O.C., la marca olandese della Compagnia delle
Indie Orientali. Miglior sorte non toccò ai kraton
decadenti, quando lantica potenza si ridusse alla Repubblica
Batava.
Una cosa non morì del tutto: lattaccamento al passato
culturale, sebbene la pressione islamica detti nuovi canoni di vita.
Larchitettura e la scultura giavanese, infatti, risentono
dellinterdizione a riprodurre in disegno luomo e lanimale.
La scultura ha resistito meglio, soprattutto la lavorazione del
batik e delle armi.
Siamo presto arrivati alliconografia del kriss.
Si tratta di un procedimento tecnico, impiegato per forgiare la
lama: ferro ordinario, più ferro di meteorite, più
nichel.
Quando la lama è pronta, il metallo viene esposto allattacco
dellarsenico o dellacido acetico. Il disegno allora
emerge e nel kriss si fa visibile il naga,
serpente mitico. La forma rettilinea del pugnale simbolizza il riposo
della contemplazione mistica, quella ondulata significa il vitalismo
delluniverso. La lama viene lasciata a contatto del cervello
di un serpente appena ucciso, per ricavarne potenze occulte.
Altra decorazione della base larga del pugnale è la garuda,
aquila divina. Anche il fodero parla: in legno prezioso, aderisce
allarma come il corpo allanima.
Un kriss-pusaka è venerato di generazione in generazione;
significa e distingue strati sociali diversi, come la stessa architettura
dei tetti.
Soprattutto a Bali, infatti, gli ornamenti occupano un ruolo importante.
Per esempio, un grosso intaglio rettangolare, diviso simmetricamente
in due? No, è una porta balinese, stretta quanto basta per
non far passare gli spiriti maligni. Una scultura raffigurante un
grande fior di loto? No, è il seggio dal quale la divinità
invisibile assiste alle cerimonie che si svolgono in suo onore.
Non esiste costruzione senza riferimento mitologico. Perché
tanti tetti, lun sopra laltro, verso il cielo? Le sovrapposizioni
ricordano forse che Visnù, sotto forma di tartaruga, serviva
dappoggio alla montagna del mondo. Quando cè
un morto da cremare, il suo ceto sociale viene espresso mediante
il numero dei tetti, sempre dispari, che sovrastano il suo catafalco;
molto denaro lo si spende per la torre di cremazione e per la barella
cerimoniale, che trasporta le spoglie mortali verso il luogo del
ricongiungimento con il cosmo e che viene scossa lungo il tragitto
dai portatori, per far perdere le tracce agli immancabili demoni,
mentre una lunga processione di donne, più che mai multicolore,
porta le offerte verso la fiammata conclusiva.
La testa di un bue può servire dornamento alla bara
di un paesano; il serpente naga ritorna quando si tratta di decorare
spoglie di un notabile; per luno e per laltro, ricchezza
di fiori e nessun pianto; anzi, il clima, quando la cremazione ha
luogo in riva al mare, è festoso.
Del resto, terminando con Bali questo tentativo di acculturazione,
nellisola degli dei la vita è di per se stessa musica,
danza, scultura, pittura, dono, voto, gesto rituale, teatro puro,
linguaggio corporeo.
Credo di aver già scritto queste cose, presentandole come
un subconscio ideale di vita. Lisola di Giava con i suoi enormi
fiori, il suo clima lussureggiante, la sua vegetale voglia desplodere,
in ogni epoca dellanno sempre fertile, fu per me qualcosa
di mezzo tra uno stupefacente e un narcotico.
Forse, avevo capito che mutare cielo non serve a niente; e iniziavo
un tardivo esame di coscienza, che non risolveva i miei imbarazzi,
ma che, quanto meno, alcune precise domande cominciava a porsele.
florio santini
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