Settembre 2002

 

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Attenzione al futuro
Paolo Savona  
 
 

 

 

 

 

 

Alle incertezze sul futuro della nostra economia e della politica economica del governo si è aggiunta la prescrizione del Fondo monetario internazionale di intervenire sul disavanzo pubblico, soprattutto sulla spesa pubblica per sanità e pensioni. La notizia ha avuto grande rilievo sulla stampa, ma non ha ricevuto quell’attenzione “comparata” che essa merita.
In una situazione di debolezza congiunturale, che si innesta in quella ancora più grave di debolezza strutturale (o, se si preferisce, competitiva) dell’economia italiana, suggerire una politica fiscale restrittiva, che si innesterebbe in una “già minacciata” politica monetaria dello stesso segno, sarebbe come portare vasi a Samo. Ovviamente, vasi rotti...
Il Fondo monetario internazionale conosce bene queste cose e, salvo prova contraria, (sempre possibile, ma, come suol dirsi, “carta canta”), la sua cultura resta fondamentalmente keynesiana, sia pure doverosamente mitigata dall’esperienza passata degli abusi che di essa sono stati fatti. Ma allora?
Per diretta esperienza, al quesito da me rivolto agli ispettori del Fondo, se essi condividessero le ipotesi rigidamente restrittive introdotte nei Trattati europei in materia fiscale, la risposta è stata: è irrilevante il nostro punto di vista, noi ci atteniamo alle «preferenze rivelate». Poiché l’Italia ha manifestato le sue preferenze a favore di una politica fiscale rigida e di un rientro dal debito pubblico in proporzione al Prodotto interno lordo, e le ha incorporate in trattati internazionali volontariamente cogenti, il Fondo non può se non prendere nota che il sentiero attuale diverge da quello democraticamente stabilito.
In questo ragionamento vi è spazio solo per diversità di interpretazione sugli andamenti congiunturali (e strutturali) previsti, e su questa strada si è avviato il nostro ministro del Tesoro. Noi gli auguriamo ogni successo, ma, per esperienza vissuta, gli raccomandiamo prudenza.
Il problema, però, è e resta di politica estera, dato che, da un lato, occorre convincere i partner europei ad abbandonare la linea farisaica di consentire la violazione del Patto di stabilità in nome della crescita, ma non interpretarlo diversamente o modificarlo; dall’altro, ottenere il sostegno del Fondo per questa azione, nonché degli Stati Uniti, più che convinti su questa politica, dato che la praticano attivamente. Nell’interesse di tutti. Chi ha infatti interesse che, in questo difficile momento politico internazionale, l’economia globale resti in recessione?
L’intervento che l’Italia deve effettuare nella spesa pubblica pensionistica e sanitaria non è giustificabile sulla base delle preferenze rivelate o di teorie che mal tollerano l’intervento dello Stato nel sociale, ma è giustificato dalla necessità di ridurre il peso degli oneri sociali sul costo del lavoro per rilanciare la competitività agendo su una delle sue componenti.
Più altri motivi, tra i quali giova ricordare la necessità che, per mantenere lo spirito di iniziativa in una società sviluppata, com’è certamente quella in cui noi italiani viviamo, occorre che i cittadini si diano carico in misura crescente del proprio futuro. Si chiama “responsabilità individuale” ed è alla base di questa fase del capitalismo mondiale, piaccia o non piaccia.

   
   
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