Fino a poco tempo fa, la direzione sembrava
quella auspicata dagli europeisti: su questioni come i Balcani,
la Macedonia, lo Scudo stellare o il protocollo di Kyoto,
lUnione europea pareva sempre più in grado di
parlare con una voce sola. E daltra parte logico
che le competenze militari e diplomatiche tendano ad accentrarsi:
ciò garantisce infatti lefficienza delle maggiori
dimensioni e il consenso di unopinione pubblica che
vede nelle aspirazioni di pace il fondamento delliniziativa
europea. Con questi piani lEuropa si preparava a disporre
di una forza di reazione rapida di 60 mila uomini entro il
2003 e a recuperare il ritardo tecnologico delle proprie forze
armate.
La crisi dell11 settembre ha messo in luce alcune ambiguità
che fanno capo in particolare al ruolo, peraltro non comunitario,
della politica estera europea. La lentezza di decisione e
la scarsa legittimazione hanno dato la sensazione che lEuropa
sia sempre impegnata a prepararsi per la prossima crisi,
ma mai a risolvere i problemi urgenti.
In questo quadro si sono risvegliati gli istinti nazionali
dellInghilterra, della Francia, della Germania. Questultima
ha parlato di un «nuovo ruolo protagonista di politica
estera e della difesa della Germania», scordandosi per
la prima volta (negli ultimi cinquantasei anni) di aggiungere
«nellambito dellEuropa». Londra ha
ritrovato ragione del proprio ruolo di interlocutrice privilegiata
degli Stati Uniti. Parigi, a cui lEuropa sta a cuore
tanto da aver sabotato gli ultimi due vertici, ha visto lopportunità
di sollevare lo stendardo francese anche per avvantaggiarsi
sotto il profilo della politica interna. Come dimostra in
tuttaltro ambito il dibattito sul Patto di Stabilità,
rivolto soltanto a garantire margini opportunistici ai governi
nazionali, listinto domestico dei leader
europei è ancor molto vivo. Ha portato risposte fortunatamente
utili a sostenere gli Stati Uniti, ad esempio, nellimpresa
afghana, ma purtroppo controproducenti a sostenere lEuropa.
In questo spirito, (altro esempio), escludere lItalia
(comè accaduto nellincontro esclusivo tra
Francia, Germania e Inghilterra, unora prima del vertice
dei Quindici di Gand) è una scelta perversa ma coerente,
essendo il nostro il Paese più disponibile a rinunce
di sovranità nazionale a favore del progetto europeo.
Sono queste rinunce di sovranità nazionale, daltronde,
il vero, autentico insegnamento di pace che lUnione
europea ha sviluppato, dopo aver vissuto la guerra sul proprio
territorio e sulla propria pelle. Senza questo messaggio,
resta larmamentario dei vecchi Stati nazionali, il cui
fallimento è legato proprio alle loro ambizioni belliche
e di egemonia.
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