Il terrorismo
ha insomma
distolto lattenzione dalla reale
situazione della
nostra economia, dalla sua debolezza, dai suoi vizi.
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Gli scandali che fanno tremare Wall Street? Lunica cosa che
mi sorprende è che qualcuno ne sia sorpreso. Che fossero
necessari migliori controlli sulla contabilità delle aziende
era già evidente quasi dieci anni fa. Lincertezza della
ripresa economica? Non è ancora ripartito il ciclo degli
investimenti. E cresce il rischio di unulteriore perdita di
fiducia dei consumatori. Il protezionismo attuale? In questo modo
si ferma il processo di liberalizzazione degli scambi mondiali,
uno dei motori della crescita economica internazionale. Eppure,
sono ottimista. Ma il mio è un ottimismo di lungo periodo:
ci vorrà tempo prima che la situazione cambi.
Fra il 93 e il 94 ho lavorato a lungo, insieme ad alcuni
colleghi economisti, a un progetto di riforma degli standard di
contabilità delle aziende americane.
Che il sistema fosse a rischio, e che i controlli fossero inadeguati,
era evidente fin da allora. Ma tutti preferivano guardare da unaltra
parte. Anzi, sia gli gnomi di Wall Street sia il Tesoro americano
sia soprattutto la Silicon Valley, tutti fecero pressione per impedire
qualsiasi riforma. La Borsa correva, tutti guadagnavano ed erano
felici che le cose andassero avanti così. Paradossalmente,
se non fossero intervenuti i fatti dell11 settembre, oggi
staremmo anche peggio.
Nel senso che il pessimismo dei consumatori e degli investitori
sarebbe ancora maggiore. L11 settembre ha provocato infatti
una reazione volontaristica, direi patriottica. E ha
spinto lamministrazione a varare un pacchetto straordinario
di aiuti alleconomia. Il terrorismo ha insomma distolto lattenzione
dalla reale situazione della nostra economia, dalla sua debolezza,
dai suoi vizi. Ora ci vorrà tempo per superare i danni creati
dagli scandali. Ma adesso si cominciano per lo meno ad ascoltare
le prime serie riflessioni sullo stato delleconomia. Come
dice la vecchia teoria: quando il fiume è pieno, non si vedono
le pietre sul fondo; quando è vuoto, le pietre vengono fuori
tutte. Ormai è diventato un problema politico. E la Sec,
lOrgano di controllo dei mercati, si vede costretta ad agire.
Ma fino a questo momento non ho visto alcuna azione adeguata.
Lincertezza di consumatori e investitori è aggravata
anche da una crescita economica contraddittoria. La recessione del
2001, pur breve e morbida, è in realtà la somma di
due recessioni, dovute rispettivamente allesaurimento del
ciclo delle scorte e del ciclo degli investimenti. Per quanto riguarda
le scorte, ci sono segni di recupero. Ma per gli investimenti, ancora
niente. In più, cè il problema dellalto
indebitamento delle famiglie americane, che continuano a consumare
e a indebitarsi. Oggi, il tasso di risparmio delle famiglie statunitensi
è attestato attorno all1 per cento del reddito. Non
può evidentemente scendere. Per contro, non può neanche
salire, perché questo significherebbe, appunto, una riduzione
dei consumi, dannosa per leconomia.
Infine, il protezionismo di Bush. Per tutti gli anni Novanta la
crescita economica mondiale è stata determinata in buona
parte dalla liberalizzazione degli scambi e dallo sviluppo dei cosiddetti
Paesi emergenti. Per questo, trovo estremamente dannoso latteggiamento
della Casa Bianca: basta pensare ai dazi sullacciaio o al
Farm Bill, la nuova legge che riempie di sussidi gli
agricoltori americani. In questo modo si rischia di bloccare ogni
ulteriore liberalizzazione del commercio mondiale. E di aggravare
le condizioni dei Paesi meno sviluppati, col pericolo di un aumento
dei rancori, della povertà, della disperazione di buona parte
dellumanità. A parole, Bush dice di essere per il libero
commercio, ma nei fatti sta andando nella direzione esattamente
opposta. E certamente vero che anche la politica agricola
europea è da biasimare. Ma cè una differenza
oggettiva. Perlomeno, lEuropa se ne sta rendendo conto. E,
a differenza dellAmerica, incomincia a muoversi nella direzione
giusta.
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