Se la struttura delle aziende si modifica verso assetti più
ristretti, il risultato è che la dinamica della produttività
in tutto il sistema economico frena.
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Paese davvero complicato, lItalia, con i suoi mille campanili
e gli oltre quattro milioni di imprese, e i suoi tre milioni di
lavoratori atipici. E chi vuole misurarne la qualità
della vita fa fatica, visto che per longevità lassù
Qualcuno ci ama, dando una speranza di 83 anni alle donne e di 76,7
agli uomini; però i sociologi che si occupano di Mezzogiorno
debbono vedersela con la tipologia della famiglia disoccupata
e col problema del sommerso che interessa un lavoratore su quattro.
Per questo le indagini statistiche battono il tasto delle diversità
come opportunità, ma anche come rischio.
Parliamo delle imprese. Nel contesto europeo, il nostro sistema
produttivo ha mantenuto la sua fisionomia particolare: da noi opera
infatti circa un quarto di tutte le imprese industriali europee
e un quinto delle aziende di servizi, ma in termini di addetti la
percentuale è rispettivamente del 15 e dell11 per cento.
La spiegazione del fenomeno è semplice: la dimensione media
delle aziende italiane è molto piccola. Si tratta di 3,6
addetti se si considerano tutte le imprese, mentre la media nellindustria
è di 8,6 addetti a fronte dei 15 della media europea. La
dimensione è un tallone dAchille, se si guarda alla
produttività del lavoro, che nelle aziende con meno di 10
addetti è pari al 44, 3 per cento di quella delle imprese
con meno di 250 addetti. Certo, questa situazione di svantaggio
non si verifica sempre e comunque. Accanto a un milione e mezzo
di imprese piccolissime (1-2 addetti) che non manifestano segnali
di modernizzazione organizzativa, ci sono 400 mila imprese altrettanto
piccole che hanno una buona struttura informatica e introducono
innovazione di prodotto o di processo.
Nellepoca del lavoro flessibile, anche la disoccupazione
è diventata un affare di famiglia. Sono 700 mila le famiglie
disoccupate, per circa due milioni di persone, il 68 per cento delle
quali vive al Sud. Dal 97 il benessere è cresciuto
anche nei nuclei familiari disagiati, ma la disuguaglianza Nord-Sud
è aumentata. Insomma, i 2.178 euro che rappresentano la spesa
media annua nascondono standard di vita familiare molto differenti.
Sotto il profilo congiunturale, tuttavia, limpatto redistributivo
della Finanziaria 2002 dovrebbe comportare un aumento del reddito
disponibile familiare di circa 172 euro, con luscita dalla
povertà relativa per circa 300 mila famiglie.
Insomma, siamo un Paese a crescita lenta. Lo sviluppo dellItalia
è piuttosto vischioso, ormai da parecchio tempo. E se la
malattia è difficile, ancora più ardua sembra la terapia
durto. Perché troppe volte è stato detto che
piccolo è bello, e pertanto si è valutata
la salute economico-produttiva del Paese sul metro della vitalità
e della prolificità delle piccole imprese. Si è definita
virtù la microdimensione, un mondo che ora si
illumina di tratti distintivi non del tutto nuovi, ma non meno preoccupanti
in termini di produttività, redditività e innovazione.
Ne esce rafforzata la tesi, sostenuta da studiosi e da capitani
dindustria, che la tendenza alla diminuzione della grandezza
aziendale sia il lato micro del fenomeno macro
della lenta crescita del Paese. Perché se la struttura delle
aziende si modifica verso assetti più ristretti, e questi
sono penalizzanti nel valore aggiunto per addetto, il risultato
è che la dinamica della produttività in tutto il sistema
economico frena. Mentre la chiave di volta del rilancio della crescita
passa ineludibilmente per unaccelerazione della produttività
e dunque per linversione della tendenza al rimpicciolimento
delle aziende.
La produttività di unimpresa medio-grande (oltre 250
addetti) è più doppia rispetto a quella delle piccole
(1-9 addetti); nellindustria manifatturiera il gap è
ancora più ampio. E vero che anche il costo del lavoro
è maggiore, ma laumento di questo al salire di dimensione
è meno che proporzionale ai guadagni di efficienza che derivano
da una migliore organizzazione, economie di scala, innovazione;
tanto che lincidenza degli utili sul valore aggiunto sale
dal 20,4 per cento nelle piccolissime, fino al 37 per cento nelle
medio-piccole (20-99 addetti) e poi si stabilizza. Il volume
dei profitti per addetto continua ad aumentare, quadruplicandosi
nel confronto tra la grande e la mini-azienda. Si può sostenere
che il minor costo del lavoro è almeno un non-incentivo a
crescere, ma certo la soluzione non è laumento di questo
costo.
La grandezza dellimpresa influenza il grado di informatizzazione
(che è un veicolo di produttività), linnovazione
di processo e di prodotto, e linvestimento in ricerca e sviluppo,
dunque in innovazione futura. Tra le imprese di 1-2 addetti, che
sono la stragrande maggioranza, solo il 43,7 per cento è
dotata di Pc o sistema informatico, quota che è già
al 93,3 per cento in quelle con 10-19 addetti. Nelle prime, solo
il 3 per cento ha introdotto innovazioni, quota che supera il 35
per cento tra le imprese con 50-99 dipendenti. Sotto i dieci addetti
le indagini di rilevazione italiane sono abbastanza limitate. Ma
il risultato non cambia: le migliori tra le migliori aziende, in
Italia, sono quelle con almeno 20 dipendenti.
Eppure, tendono a rimpicciolirsi. Levoluzione delle imprese
attive tra il 98 e il 99 (anni di espansione, sia pure
lenta) evidenzia che il passaggio prevalente è verso le classi
dimensionali più piccole, non quelle più alte (con
lunica eccezione della classe 1-2 addetti). E vero che
gli sviluppi della tecnologia aiutano a risparmiare risorse e quindi
a ridimensionarsi; ma questo fenomeno funziona a parità di
produzione, non in espansione, verso la quale andrebbero rivolti
i benefici delle nuove tecnologie. Tutto questo, per giunta, si
è verificato in un contesto di aumentata flessibilità
(orari, turnover).
Spesso si indica nella creazione dei gruppi un modo di crescita
delle aziende. Verissimo: attraverso le aggregazioni, che accrescono
la specializzazione e la competitività, si raggiungono masse
critiche che permettono una maggiore penetrazione e controllo dei
mercati, specie esteri. Ma i gruppi interessano una ridottissima
parte delle aziende attive (2,6 per cento del totale, con 26,4 per
cento degli addetti), e a far gruppo, di nuovo, sono soprattutto
le aziende dai 20 addetti in su.
Ci sono infine i distretti, quelli veri, dove le economie esterne
allimpresa (cultura del prodotto, rapidità di cambiamento,
innovazione condivisa) compensano lhandicap dimensionale,
anche in termini di redditività. Ma resta la bassa crescita
del sistema pur nel successo distrettuale, che quindi da solo non
basta.
Tornano in mente indagini in cui i giovani ribadiscono e accentuano
la propensione dei padri ad essere indipendenti, padroni del proprio
lavoro. Aspirazione legittima, purché non sia realizzata
con nuovo sommerso, già a livelli di patologica concorrenza
sleale. E che comunque mal si concilia con la necessità del
Paese di essere competitivo in un sistema globale.
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