E chi non ricorda
la proposta
di un ministro delle Finanze italiano, che offrì
ai contrabbandieri pugliesi un posto
di lavoro, purché smettessero il loro traffico?
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La lotta contro leconomia sommersa o illegale è un
atto dovuto da parte delle autorità di un Paese. Lesistenza
di corpose attività economiche svolte in regime di illegalità
totale costituisce un elemento di degrado della società e
delleconomia, per le distorsioni che ne derivano nei confronti
di chi rispetta le leggi, per gli abusi e la lesione dei diritti
nei confronti di lavoratori, clienti e concorrenti, per il sostegno
che attraverso tale via si dà alla criminalità spicciola
e a quella organizzata, che finisce per costituire la sola autorità
che riceve rispetto, e perciò è la sola in grado di
governare interi territori o fasce sociali ed economiche.
Per lungo tempo questo fenomeno è stato tollerato e giustificato
in Italia come il prodotto di una società aliena alle regole
in una prima fase di industrializzazione. Anzi, taluno ne ha visto
una sorta di alternativa alla criminalità, quasi che luna
potesse fare a meno dellaltra. Chi non ricorda lesegesi
che ne fecero il teatro e il cinema del dopoguerra, rappresentando
onesti e simpatici contrabbandieri? E chi non ricorda
la proposta di un ministro delle Finanze italiano, che offrì
ai contrabbandieri pugliesi un posto di lavoro, purché smettessero
il loro traffico?
Oggi però lItalia è una società moderna,
che deve reprimere la criminalità, più che giustificarla,
se vuole esprimere tutte le sue potenzialità di crescita.
Per questo va dato merito ad Antonio DAmato di aver avviato
sin dallinizio del suo mandato una forte campagna contro il
sommerso; e va riconosciuto al Governo di essersi subito mosso con
provvedimenti volti a favorire un rientro dal sommerso. Se queste
misure non hanno ancora dato i risultati sperati, ciò non
vuol dire che lobiettivo fosse sbagliato, ma che occorre insistere,
magari con altre misure, e senza dimenticare la repressione, che
costituisce pur sempre la migliore arma per impedire al sommerso
di vivere e moltiplicarsi.
I recenti dati forniti dallInps indicano chiaramente che
il fenomeno può essere colpito con la repressione. Nel primo
trimestre di questanno lattività dispezione
è stata incrementata del 24 per cento, e questo avrebbe prodotto,
secondo lIstituto, la scoperta di ben 3.956 aziende che operavano
in nero. Sono così emersi ventottomila nuovi lavoratori.
Ciò testimonia come la repressione sia possibile solo che
lo si voglia, e non si confonda, come troppo spesso si fa, il vero
sommerso (ossia lattività illegale) con le presunte
irregolarità di posizioni lavorative derivanti dalle diverse
interpretazioni dei dettami legislativi in materia di collaborazioni
e prestazioni lavorative. In altre parole, serve una vera determinazione
a sopprimere il sommerso, e non la pervicacia a spulciare le posizioni
di imprese regolari, con la speranza di trovare inadempienze formali,
che fanno lievitare il numero degli accertamenti, senza scalfire
ciò che è veramente illegale.
Se la lotta al sommerso non produce risultati, questo non deve essere
motivo di soddisfazione per lopposizione, ma ragione per collaborare
tutti a un risultato che va al di là delle posizioni politiche.
Ciò che invece mi ha lasciato sempre perplesso e contrario
è lidea di fare della lotta al sommerso uno strumento
della politica economica a breve termine, per ridurre il disavanzo
pubblico. Certo, se si riduce il sommerso migliora il clima economico
e possono realizzarsi maggiori incassi per lo Stato. Ma la risultante
complessiva nel breve termine è molto più controversa,
e non necessariamente positiva.
La lotta al sommerso costa, sia che lo si voglia reprimere, sia
che lo si voglia incentivare a emergere. A fronte di tali costi,
i benefici immediati possono essere non corrispondenti. Molte attività
illegali non potrebbero sopravvivere nella legalità. Anche
quando si tratta di emersione volontaria, è probabile che
lazienda che si autodenuncia finisca per ridurre complessivamente
la propria forza lavoro, per non risultare appesantita.
Molte attività sono illegali non solo per evadere tasse e
tributi, ma soprattutto per evadere le regole relative alle condizioni
di lavoro e ai processi produttivi (igiene, sicurezza, tutela di
marchi, e così via). Per queste imprese le incentivazioni
fiscali e contributive sono del tutto insufficienti; e non si può
certo derogare sulla sicurezza dei lavoratori e dei clienti.
Sullammontare del sommerso in Italia si fantasticano cifre
prive di ogni fondamento. Se fosse vero che il Paese ha un sommerso
pari al 30 per cento del suo reddito, esso avrebbe un reddito pro
capite superiore a quello degli altri Paesi europei, specie se valutato
in parità di potere dacquisto. Ciò, oltre che
palesemente irreale, porterebbe ad escludere del tutto lItalia
dalle politiche di sostegno dellUnione europea. Siamo pronti?
La speranza di risolvere i problemi della finanza pubblica italiana
attraverso la lotta al sommerso è unillusione coltivata
a lungo. Negli anni Novanta, nel periodo delle grandi manovre di
risanamento finanziario, a fronte dei sacrifici imposti dalle circostanze,
lestrema sinistra si ribellava, reclamando più lotta
allevasione e meno sacrifici per i lavoratori: quasi che un
tale scambio fosse possibile. Si era soliti contrapporre alle ipotesi
di manovre su pensioni e spesa pubblica da parte del governo la
proposta di «ridurre del 10 per cento levasione fiscale»:
ci si accontentava del 10 per cento per ottenere risorse
pari allammontare delle manovre suggerite.
Oggi, di fronte alla necessità di ridurre la spesa pubblica
per perseguire una riduzione della pressione fiscale, si tenta di
ripercorrere la via della riduzione dellevasione per abbassare
le tasse a tutti. Nel medio e lungo termine questo è sicuramente
un obiettivo da perseguire. Ma nel breve periodo questa possibilità
non esiste, se non per importi marginali: quelli prodotti da una
vera lotta allevasione. Una lotta da condurre con gli strumenti
di una repressione fatta più di intelligence
presso gli ambienti delleconomia nera e illegale, che di controlli
formali su chi già paga fin troppe tasse e contributi.
I controlli
La guerra al nero sarà condotta dallAgenzia
delle Entrate attraverso un sistematico controllo dei dati
a disposizione.
Tutti i gestori di servizi di pubblica utilità (telefono,
elettricità, acqua, gas) saranno tenuti a inviare le
informazioni sulla titolarità dei contratti di utenze
non riconducibili alluso domestico.
Nella lista dei cattivi finiranno prioritariamente
quei contribuenti sospetti che non hanno presentato la dichiarazione
di emersione che scade il 30 novembre prossimo.
I datori di lavoro che presenteranno ai sindaci il piano per
la cosiddetta emersione progressiva potranno applicare
una retribuzione di partenza inferiore del 30 per cento rispetto
al minimo contrattuale.
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