Settembre 2002

DEBITO PUBBLICO

Indietro
Puntare a un mix spesa-fisco
Antonio Marzano Ministro Attività Produttive
 
 

 

 

 

Mentre negli Stati Uniti Borsa e Pil
viaggiano di pari passo, lo stesso non può dirsi per l’Italia,
la cui struttura
di piccole
e medie imprese
è mal rappresentata in Borsa.

 

Mai, come nel caso del debito pubblico, vale il detto secondo cui “tutto è relativo”. Un volume del debito pubblico considerato ingente per una piccola economia peserebbe come il battito delle ali di una farfalla sull’economia di un grande Paese. Questo vale anche per il debito privato: ciò che sarebbe insopportabile per un individuo a basso reddito, può rappresentare un’inezia per chi appartiene alle fasce più alte della distribuzione del reddito: costui, con la sua capacità di reddito, avrebbe sempre la possibilità di destinarlo al risparmio nella misura congrua a onorare quel debito.
Sono queste ovvie ragioni che spingono gli economisti a confrontare il debito pubblico dei vari Paesi, più che in valore assoluto, attraverso la percentuale sul Prodotto interno lordo del debito stesso. Sebbene questo sia l’uso invalso, si tratta pur sempre di un’approssimazione. In realtà, anche in questo caso si trascura un aspetto importante del problema.

Un uguale rapporto debito pubblico/Prodotto interno lordo nasconde una diversa sostenibilità del medesimo, in funzione della propensione al risparmio che si associa di volta in volta al Pil: propensioni al risparmio diverse nei vari Paesi alterano, quindi, la significatività del semplice confronto fra i rapporti tra debito e Pil. La stessa osservazione si può avanzare a proposito dell’andamento nel tempo del rapporto debito/Pil in un dato Paese: se, ad esempio, esso declina, ma al tempo stesso diminuisce anche la propensione al risparmio, non è affatto detto che la sostenibilità del debito migliori.
Qui finisce infatti l’analogia tra il debito pubblico e il debito privato: un privato può adattare la propria propensione al risparmio alle esigenze di servizio del proprio debito. Nel caso del debito pubblico, la propensione al risparmio non è decisa dal debitore, ma dal sistema privato delle imprese e delle famiglie. In generale, si può dire che l’uso di confrontare i rapporti debito pubblico/Pil tra Paesi diversi, o per uno stesso Paese, in tempi diversi, si basa implicitamente su due ipotesi: che la propensione al risparmio sia omogenea nei vari Paesi, oppure che, rispettivamente, si mantenga stabile nel tempo. Così non è. In particolare, per quanto riguarda l’Italia, il rapporto debito/Pil a fine secolo e millennio è bensì diminuito (di otto punti). Contemporaneamente però anche la propensione al risparmio del settore privato (famiglie e imprese) è diminuita (di sette punti). Ciò significa che la sostenibilità del debito pubblico italiano era migliorata di ben poco. Nello specifico, risulta che nello stesso periodo la capacità di assorbimento del debito pubblico da parte dell’economia italiana si sia ridotta. A questo fenomeno ha probabilmente contribuito l’allora accresciuta attrattiva dell’impiego azionario del risparmio. Tuttavia, quest’ultimo fattore è sembrato svolgere un ruolo meno determinante, rispetto a quello di una propensione calante al risparmio, nel problema della sostenibilità del debito pubblico. Se il buon andamento della Borsa avesse agito da propellente del Pil, allora per questo verso (quello del denominatore del “rapporto debito/Pil”) la sostenibilità avrebbe potuto risentirne positivamente.
Il problema è che mentre negli Stati Uniti d’America Borsa e Pil viaggiano di pari passo, lo stesso non può dirsi per l’Italia, la cui struttura di piccole e medie imprese è mal rappresentata in Borsa.
Anche questo tende a conferire al problema della sostenibilità un ulteriore aspetto preoccupante, essendo essa più dipendente dalla variabilità, in genere maggiore, delle scelte di portafoglio degli investitori, soprattutto esteri.
Queste considerazioni spingono ad accentuare l’importanza di una politica capace di incidere sul numeratore del rapporto tra debito pubblico e Prodotto interno lordo e sul livello della propensione al risparmio: in altre parole, viene ribadita la necessità di una politica più spinta di privatizzazioni, quanto al primo punto, e quanto al secondo, di una politica della finanza pubblica basata su un “mix” diverso di prelievo fiscale e di controllo della spesa pubblica. Un reddito disponibile troppo compromesso dalla leva fiscale spinge le famiglie a difendere i propri consumi abituali attraverso la diminuzione della propensione al risparmio.

   
   
Indietro
     

Banca Popolare Pugliese
Tutti i diritti riservati © 2000