Mentre negli Stati Uniti Borsa e Pil
viaggiano di pari passo, lo stesso non può dirsi per lItalia,
la cui struttura
di piccole
e medie imprese
è mal rappresentata in Borsa.
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Mai, come nel caso del debito pubblico, vale il detto secondo cui
tutto è relativo. Un volume del debito pubblico
considerato ingente per una piccola economia peserebbe come il battito
delle ali di una farfalla sulleconomia di un grande Paese.
Questo vale anche per il debito privato: ciò che sarebbe
insopportabile per un individuo a basso reddito, può rappresentare
uninezia per chi appartiene alle fasce più alte della
distribuzione del reddito: costui, con la sua capacità di
reddito, avrebbe sempre la possibilità di destinarlo al risparmio
nella misura congrua a onorare quel debito.
Sono queste ovvie ragioni che spingono gli economisti a confrontare
il debito pubblico dei vari Paesi, più che in valore assoluto,
attraverso la percentuale sul Prodotto interno lordo del debito
stesso. Sebbene questo sia luso invalso, si tratta pur sempre
di unapprossimazione. In realtà, anche in questo caso
si trascura un aspetto importante del problema.
Un uguale rapporto debito pubblico/Prodotto interno lordo nasconde
una diversa sostenibilità del medesimo, in funzione della
propensione al risparmio che si associa di volta in volta al Pil:
propensioni al risparmio diverse nei vari Paesi alterano, quindi,
la significatività del semplice confronto fra i rapporti
tra debito e Pil. La stessa osservazione si può avanzare
a proposito dellandamento nel tempo del rapporto debito/Pil
in un dato Paese: se, ad esempio, esso declina, ma al tempo stesso
diminuisce anche la propensione al risparmio, non è affatto
detto che la sostenibilità del debito migliori.
Qui finisce infatti lanalogia tra il debito pubblico e il
debito privato: un privato può adattare la propria propensione
al risparmio alle esigenze di servizio del proprio debito. Nel caso
del debito pubblico, la propensione al risparmio non è decisa
dal debitore, ma dal sistema privato delle imprese e delle famiglie.
In generale, si può dire che luso di confrontare i
rapporti debito pubblico/Pil tra Paesi diversi, o per uno stesso
Paese, in tempi diversi, si basa implicitamente su due ipotesi:
che la propensione al risparmio sia omogenea nei vari Paesi, oppure
che, rispettivamente, si mantenga stabile nel tempo. Così
non è. In particolare, per quanto riguarda lItalia,
il rapporto debito/Pil a fine secolo e millennio è bensì
diminuito (di otto punti). Contemporaneamente però anche
la propensione al risparmio del settore privato (famiglie e imprese)
è diminuita (di sette punti). Ciò significa che la
sostenibilità del debito pubblico italiano era migliorata
di ben poco. Nello specifico, risulta che nello stesso periodo la
capacità di assorbimento del debito pubblico da parte delleconomia
italiana si sia ridotta. A questo fenomeno ha probabilmente contribuito
lallora accresciuta attrattiva dellimpiego azionario
del risparmio. Tuttavia, questultimo fattore è sembrato
svolgere un ruolo meno determinante, rispetto a quello di una propensione
calante al risparmio, nel problema della sostenibilità del
debito pubblico. Se il buon andamento della Borsa avesse agito da
propellente del Pil, allora per questo verso (quello del denominatore
del rapporto debito/Pil) la sostenibilità avrebbe
potuto risentirne positivamente.
Il problema è che mentre negli Stati Uniti dAmerica
Borsa e Pil viaggiano di pari passo, lo stesso non può dirsi
per lItalia, la cui struttura di piccole e medie imprese è
mal rappresentata in Borsa.
Anche questo tende a conferire al problema della sostenibilità
un ulteriore aspetto preoccupante, essendo essa più dipendente
dalla variabilità, in genere maggiore, delle scelte di portafoglio
degli investitori, soprattutto esteri.
Queste considerazioni spingono ad accentuare limportanza di
una politica capace di incidere sul numeratore del rapporto tra
debito pubblico e Prodotto interno lordo e sul livello della propensione
al risparmio: in altre parole, viene ribadita la necessità
di una politica più spinta di privatizzazioni, quanto al
primo punto, e quanto al secondo, di una politica della finanza
pubblica basata su un mix diverso di prelievo fiscale
e di controllo della spesa pubblica. Un reddito disponibile troppo
compromesso dalla leva fiscale spinge le famiglie a difendere i
propri consumi abituali attraverso la diminuzione della propensione
al risparmio.
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