Dalla magnifica edizione congediana, Hydruntum. Fonti documenti
e testi sulla vicenda otrantina del 1480, riportiamo la Nota
del curatore, Gino Pisanò, amico fraterno dellAutore
e custode di tutte le sue carte letterarie.
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Gli studi di Donato Moro (Galatina 1924-1997) che qui si pubblicano,
rieditati nei due tomi di un unico volume, sono il frutto della
sua vita spesa nella ricerca storico-culturale, nella cura filologica
di testi legati allUmanesimo meridionale, nella lettura critica
delle dinamiche ideologico-formali sottese allo sviluppo dellEtà
moderna, attività, queste, tutte riconducibili a un filo
ideale, a un unico tema, a un preciso e concreto luogo
della storia: Otranto.
Trattasi di numerosi contributi, fra saggi e articoli, scritti in
un arco temporale compreso fra il 1971 e il 13 agosto 1996, data
che rappresentò, per lamico perduto, linizio
di un calvario che si concluse con la morte. Amico, per me (volle
affidarmi tutte le sue carte letterarie), ma anche maestro
e donno di vita e di pensiero, sicché la pubblicazione
postuma dei suoi studi di matrice idruntina, fortemente voluta dalla
pietas di Maria Marinari, sua generosa e mitissima consorte, rappresenta
il saldo di un debito daffetto cui giova loraziano tu
calentem / debita sparges lacrima favillam / vatis amici. Sì,
dellamico poeta. Ché Donato coltivò due grandi
amori: quello per la sua Otranto e quello per la poesia.
Questultimo, forse, lo intrigò di più, perché
misura e segno della sua umanità, dei suoi tormenti interiori.
Ma la vicenda idruntina del 1480-81, universalmente nota per
il cruento epilogo dovuto ai turchi, rappresentò il terreno
di una milizia critico-storico-filologica dal carattere strenuo,
appassionato, direi sofferto per energie intellettuali e fisiche
profuse, per duelli cui non sempre lamicizia
fece velo, per inconcussa ricerca della verità documentale
cui egli subordinò ogni sentimento, ogni enfasi retorico-celebrativa,
ogni moto di umana o campanilistica simpatia.
Rigore scientifico e certezza filologica lo condussero negli archivi
ad esplorare o a ritrovare testimonianze di fonti inedite o rare,
di altre, talora, note, ma contraffatte da interpolazioni erudite
o celebrative seriori, donde la loro collazione e cura prodotte
con acuminata perizia, con animo equo, con sudditanza a un solo
valore: il vero.
I fatti di Otranto comportavano (e comportano) implicazioni e problematiche
coese alla storia italiana, europea, mediterranea, in bilico, per
oltre un decennio e per il sorgere dellImpero ottomano sulle
ceneri del Bizantino, fra il crepuscolo del Medioevo e laurora
dellEtà moderna, donde lo slargarsi dellorizzonte
regionale fino a comprendere quello di altre città (Napoli,
Firenze, Ferrara, Venezia, Roma) di polare grandezza nel quadrante
storico-politico dItalia allo snodo tra Quattro e Cinquecento.
Il lettore si moverà, infatti, entro coordinate che convocano
letteratura e società per i riflessi che la seconda produsse
sulla prima, nonché per leclatanza che leccidio
di Otranto ebbe nelle corti, negli intellettuali, nellimmaginario
collettivo dei popoli e, infine, nella sfera del sacro.
Ripubblicare e unire insieme gli studi di Donato Moro, in questordine
di cose, non significa solo onorare d«umane lodi e damoroso
pianto» un salentino che amò la sua terra oltre la
storia, fino a farne un archetipo materno nella propria poesia (Segni
nostri, l993), ma anche offrire agli studiosi di storia patria,
nazionale ed europea uno strumento completo e complesso per i molteplici
risultati che qui si ordinano in un quadro unitario e cronologicamente
definito.
Tutta la vicenda idruntina è, infatti, compresa in queste
pagine ricche di documenti e di citazioni bibliografiche indispensabili
per chi voglia misurarsi ancora con essa.
La mia cura si è limitata a pochi, ma necessari interventi.
Ho uniformato le citazioni senza, però, eliminare alcune
ripetizioni bibliografiche, poiché ogni saggio mantiene (anche
in considerazione dei tempi diversi di sua stesura) una propria
autonomia, ancorché tematicamente legato agli altri. Ho inserito
le parentesi quadre ove richiesto, ho normalizzato gli accenti,
ho eliminato precedenti refusi, ho lievemente riorganizzato la punteggiatura,
ho adottato i corsivi ove necessario, ho razionalizzato, secondo
vigenti criteri, la virgolettatura, ho ridotto luso delle
maiuscole, mantenendole intatte, invece, nelle fonti citate e diplomaticamente
trascritte da Moro, ho raccolto nel secondo tomo gli scritti di
carattere divulgativo o di minor spessore (articoli, note, recensioni,
commemorazioni), sicché ho riservato al primo gli studi più
scientificamente probanti.
Pertanto, può accadere al lettore di imbattersi in valutazioni
contrastanti circa personaggi o documenti citati dallautore
e riportati in entrambi i tomi. Ciò è dovuto alle
progressive conclusioni cui egli, man mano, cronologicamente, pervenne.
Emblematico, in questo senso, il giudizio sul Coniger, positivo
nel secondo tomo, ma negativo, poi, nel saggio critico che ne esplora
con più marcata coscienza critico-filologica la validità
come fonte.
Medesima problematica per la Relazione dAcello (copia ms.
in cod. 2350 della Casanatense di Roma) e il Rimaneggiamento
otrantino (Relazione fatta dal segretario di Ferdinando a
Prencipi dItalia) dato alle stampe dallo Scherillo nel 1875.
I due testi, già in appendice a Otranto nel 1480-81. Due
preziose fonti fra le più antiche mai fino ad oggi individuate
come tali, in Studi di storia e cultura salentina, Maglie,
Società di storia patria per la Puglia, 1978, pp. 99-160,
sono stati qui espunti dallomonimo saggio perché lintera
Appendice risultava superata dal successivo intervento filologico-testuale
operato dallautore in La relazione dAcello e il suo
Rifacimento otrantino con nuova Appendice, dove, finalmente, Moro
raggiunge e propone una lectio definitiva. Da qui la necessità
di riprodurre anastaticamente lintero materiale documentario
(ossia i testi restaurati), mantenendo intatti e inalterati anche
i grafici dello stemma codicum realizzati nelloriginale onde
evitare dispersioni o confusioni circa la numerazione delle pagine
che Moro citò nelle sue note riferendosi ai numeri di esse,
qui, invece, modificati per ovvie ragioni editoriali (formato, corpo,
giustezza, ecc.). Per risolvere il problema, ho preferito assegnare
alla seconda Appendice, (pp. 200-223 I t.) una duplice
serie numerica inserendo in parentesi quadre quella originaria.
Così, anche, accadrà che il lettore osservi citato
il Lagetto con geminazione dellocclusiva velare sonora in
un primo tempo della produzione di Moro, ossia fino a quando egli
non pervenne alla lectio ultima, che superava la precedente (Laggetto)
sulla base del primo Liber dei battezzati (da lui compulsato nella
cattedrale di Otranto) manoscritto a partire dal 1570. Tali conclusioni
sono leggibili nel secondo tomo sotto il titolo Unannotazione
otrantina del 1571 attesta vivente Giovanni Michele Lagetto, articolo
già pubblicato sul Galatino del 22 febbraio 1979.
Ciò si è fatto per meglio organizzare tutto il processo
ermeneutico-filologico di Moro, saldandolo nei suoi punti nodali
e rappresentandolo in una sostanziale diacronia, come accade, infatti,
per i tre studi (I Diari di Messer Cardami; Le Cronache di Messer
Antonello Coniger; Il Liber de situ Japygiae (1512-1513) di Antonio
de Ferrariis Galateo (...) peraltro interno alla questione
galateana) qui progressivamente disposti secondo uno schema già
attuato da Moro che li legò in un unico saggio, accorpando
anche un quarto (la citata Relazione) e un quinto (La tradizione
storiografico-documentaria otrantina nel corso del Cinquecento)
sotto lunitario titolo di Fonti salentine sugli avvenimenti
otrantini del 1480-81.
Il secondo tomo, come ho già detto, raccoglie studi che,
comunque, sarebbe ingiusto definire, stricto sensu, minori,
anche se caratterizzati da un intento divulgativo, perciò
prodotti in forma godibile, sì da raggiungere anche il lettore
non specialista. Questo pur lodevole carattere di paideia ha rappresentato
il principio cui mi sono attenuto nel separarli dagli altri. Lodevole
perché Moro volle affidare a questultimo aspetto della
sua scrittura il distillato della sua ricerca, offrendola alla visibilità
altrui quasi vetta di iceberg, talché lo stile è quasi
cordiale e disteso, direi riposato, mentre nella produzione strettamente
scientifica esso sera fatto più austero, talora tecnicistico,
per lacerrima battaglia filologica, inesausta e, qualche volta,
polemica. Insomma, i due tomi sono la tangibile evidenza del duplice
registro comunicazionale adottato da Moro, epperò si illuminano,
mi pare, di reciproca luce, perfettamente integrandosi...
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