Marzo 2003

GLOBALIZZAZIONE, DIRITTO, PERSONA

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Nella Costituzione
la qualità dell’Europa
Antonio Fazio  
 
 

 

 

 

Una Costituzione
europea non può non fondarsi sulle radici
cristiane del
Vecchio Continente,
radici che, per il loro
valore universale,
sono a fondamento
di tutta la civiltà
occidentale.

 

Nella crisi dello Stato-nazione le sfide dell’oggi sono la definizione di una nuova statualità e la promozione di nuovi ordinamenti internazionali. Gli Stati, soprattutto in Europa, cominciano a trovarsi sotto la spinta, dall’alto, degli assetti sovranazionali e, dal basso, delle affermazioni delle autonomie territoriali. E’ un passaggio cruciale: esige un impegno elaborativo e propositivo per certi versi simile a quello che accompagnò la nascita degli Stati moderni.
La globalizzazione non deve accentuare le diseguaglianze, lo sfruttamento; essa deve essere governata, dominata dall’uomo. Se non vogliamo che prevalga il diritto del più forte, occorre far riemergere le basi del diritto naturale, affermare un sistema dei diritti umani che, pienamente rafforzato e riproposto dai singoli Stati, diventi parte fondante del nuovo ordine.
Devono essere posti alla base di un riconcepito assetto internazionale i princìpi e i valori che affermano la dignità della persona, il suo libero determinarsi, il suo diritto al lavoro e, più in generale, i princìpi della coesistenza pacifica, della pace, della non ingerenza, della lotta al terrorismo e del contrasto dei comportamenti delittuosi degli Stati e dei Governi. Si tratta di articolare questi princìpi in intese internazionali. Punto cardine rimane la sanzionabilità degli atti che violano i princìpi stessi e le norme che ne discendono. Fondamentale è il ruolo delle giurisdizioni che possono essere previste e introdotte. Una rielaborazione si impone anche per gli istituti del diritto internazionale privato.

In assenza di un governo politico mondiale, la cooperazione tra Paesi costituisce lo strumento più efficace per accrescere le occasioni di confronto, di dibattito, di rielaborazione di linee di azione che i singoli Stati applicheranno al loro interno e ai rapporti internazionali. Anche l’Europa ha bisogno di legittimare democraticamente, attingendo alla sovranità popolare, le proprie istituzioni. Una Costituzione europea non può non fondarsi sulle radici cristiane del Vecchio Continente, che sono alla base del formarsi della sua società e del suo progresso: radici che, per il loro valore universale, sono a fondamento di tutta la civiltà occidentale.
Le forze di mercato non sono in grado di condurre, da sole, a un’allocazione efficiente delle risorse su scala mondiale. Il mercato ha bisogno di regolazione per poter funzionare nell’interesse dell’uomo, della collettività. L’uomo, d’altro canto, non è soltanto “oeconomicus”, e soprattutto non è soltanto individuo.

Nelle mie ultime Considerazioni finali ho sottolineato come, per dare risposta ai problemi aperti, oltre al rafforzamento della cooperazione internazionale, si richieda l’attivazione di gruppi informali dei maggiori Paesi. Occorre una chiara e convinta convergenza su alcuni interessi primari, quali risorse, clima, ordine pubblico internazionale: su quelli, cioè, che possono definirsi “beni pubblici globali”.
In campo economico, nel 1999 è stato creato il Gruppo dei Venti, per la discussione dei problemi dello sviluppo e delle linee di governo della finanza globale. Le istituzioni di Bretton Woods, costituite in una fase storica in cui il mondo era diviso in aree di influenza, oggi, nel mutato contesto, sono chiamate a svolgere la funzione di organi deputati a sorvegliare l’andamento dei singoli sistemi economici, a fornire e indirizzare il credito per gli investimenti, a contribuire all’adozione di adeguate regole di stabilità finanziaria.

Una crescita sostenuta, trainata dai Paesi più industrializzati, si pone come presupposto di base per il rafforzamento dei Paesi più deboli, più vulnerabili dalle ripercussioni degli andamenti ciclici sfavorevoli. Al tempo stesso è necessario superare le barriere protezionistiche che, per i prodotti agricoli, danneggiano non poco i Paesi poveri.
La riduzione delle diseguaglianze è la questione sociale dell’inizio del nuovo millennio. La lotta sistematica alla povertà è un valore in sé; diviene anche lo strumento per ricercare condizioni di sicurezza e relazioni pacifiche tra i popoli.
Occorre assicurare sistemi di liberalizzazione commerciale e finanziaria capaci di attenuare le distorsioni distributive; consentire ai Paesi più poveri, con la riduzione del debito estero, di avviare un processo di crescita. Si rendono necessari investimenti nel campo dell’istruzione, anche in funzione della diffusione delle tecnologie informatiche che possono dare un impulso determinante per ridurre le condizioni di arretratezza.
Va portato avanti lo sforzo intrapreso nelle sedi internazionali, come è stato fatto negli incontri di Doha, per la rimozione delle barriere tariffarie, e di Monterrey, per mobilitare gli aiuti allo sviluppo e renderli efficaci.

   
   
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