Lingue, montagne, religioni, etnie, culture,
sistemi politici e civili tracciano
allEuropa
confini diversi.
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Nella lunga strada
della sua pacifica unificazione, lEuropa è entrata
vestendo labito dimesso di un aggettivo declinato al femminile:
europea. La dignità del sostantivo era riservata ad altre
parole, come comunità, carbone, acciaio, difesa, unione.
Ora il presidente della Convenzione europea, Valéry Giscard
dEstaing, propone di dare allEuropa labito
stupendo del sostantivo e di segnarle un confine geografico.
Europa unita è il nome proposto; e il confine dovrebbe,
nellopinione personale di Giscard, lasciar fuori la Turchia.
Ma che vuol dire Unione?
E dove finisce lEuropa?
Riflettere sulle parole qui brevemente
evocate, sul loro susseguirsi nel tempo, sul passaggio da un
aggettivo allaltro, da un
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aggettivo a un sostantivo, non è un gioco di parole; è
un veicolo per viaggiare nella storia dellunificazione europea
e per entrare nel cuore stesso dei dilemmi di oggi. Dilemmi ardui,
dalla cui soluzione dipende il futuro della presente e di molte
generazioni a venire, nel nostro continente e nel mondo intero.
Vediamo la sequenza degli aggettivi. La Comunità nacque
nel 1950 e fu prima solo del carbone e dellacciaio
(fino al 1958), poi economica (fino al 1998), poi anche
monetaria (dal 1999). Aveva persino tentato, senza riuscirci,
di diventare comunità di difesa (1953-54).
Gli aggettivi servivano a limitare il campo nel quale si realizzava
lunificazione, a circoscriverne loggetto. E proprio
la limitatezza delloggetto permetteva di praticare un metodo
forte. La combinazione di metodo forte e oggetto limitato fu una
geniale invenzione del francese Jean Monnet (1888-1979), che rese
accettabili parziali rinunce di sovranità anche a Paesi,
uomini, gruppi politici per i quali la sovranità senza limite
dello Stato nazionale era ancora un principio assoluto. Il carbone
e lacciaio divennero beni amministrati in comune; la frontiera
doganale scomparve nel territorio della Comunità e divenne
solo una frontiera con lesterno.
Per anni e decenni allEuropa non furono assegnati confini
chiari; né funzionali né geografici. Non si diceva
né si sapeva dove lEuropa finisse. Per la geografia,
si era stabilito fin dal 1950 che avessero diritto dingresso
tutti i Paesi europei che condividessero i princìpi
e le disposizioni del Trattato. Quanto alloggetto, esso era
definito di volta in volta.
Laggettivo economica resse tutto il peso dellunificazione
per quasi trentanni: merci, capitali, servizi, persone ricevettero
da una lex europea il diritto di circolare liberamente.
Si intensificarono i traffici tra i Paesi; sempre più italiani
comperarono auto Volkswagen e formaggio francese; sempre più
francesi e tedeschi comperarono pasta Barilla e frigoriferi Ariston.
Il benessere crebbe come nessuna precedente generazione mai lavesse
visto crescere prima.
Poi, nel 1986, lipotesi che lunione potesse essere anche
monetaria si affacciò nel Trattato. Il nuovo
aggettivo fece il suo ingresso in modo sommesso e quasi inelegante;
il termine unione economica e monetaria fu scritto tra
parentesi, a modesto complemento di un titolo inoffensivo come la
Cooperazione nella politica economica e monetaria.
Ma già nel giugno 1988 i capi di Stato e di governo rileggevano
quelle parole in tuttaltra chiave, affermando di avere, allora,
«confermato lobiettivo di realizzare progressivamente
lunione economica e monetaria». E in una notte di tre
anni e mezzo dopo (dicembre 1991), nella città olandese di
Maastricht dove una palla di fucile vagante aveva ucciso dArtagnan,
essi concordarono che le monete nazionali sarebbero state sostituite
(entro il primo gennaio 1999) da ununica moneta europea, governata
da una sola Banca centrale.
In quella stessa notte, senza smettere le vesti di aggettivo declinato
al femminile, lEuropa venne data a un nuovo sostantivo: non
più Comunità, bensì Unione,
unione tout court, senzaltro aggettivo che europea.
Interamente politica era dunque la nuova creatura, anche se (come
in ogni Costituzione) laggettivo politico era
sottinteso. Lespressione unione politica era scritta
a chiare lettere nel messaggio che Kohl e Mitterrand avevano inviato
ai colleghi degli altri Paesi, pochi giorni dopo le prime elezioni
libere nella Germania ex-comunista (marzo 1990): era ormai tempo
di «accelerare il processo di unificazione europea fissando
un calendario per la conferenza sullunione monetaria e tenendo
parallelamente una conferenza sullunione politica».
Così, a Maastricht la Comunità economica europea (Cee)
divenne parte di una più ampia costruzione a tre pilastri,
chiamata Unione Europea. Al pilastro dellunione economica
e monetaria si aggiungevano quelli di «una politica estera
e di sicurezza comune» e di «cooperazione di polizia
e giudiziaria in materia penale».
Europa unita o Unione europea? Poco importa, perché i problemi
da affrontare sono gli stessi nei due casi; lEuropa può
ben conservare la semplice veste di aggettivo. Importa invece moltissimo
che i due termini della locuzione scelta, qualunque essa sia, si
realizzino davvero, senza inganno e senza timidezze. E le difficoltà
sono enormi, sia per fare lunione sia per dare un confine
allEuropa.
Fare lunione. Oggi, a più di dieci anni di distanza,
dobbiamo dire con chiarezza che nella notte di Maastricht lunione
politica non fu fatta. Lunione si liberò allora degli
aggettivi che ne limitavano loggetto, ma mancò la sostanza
del sostantivo. Due dei tre pilastri erano dargilla; e pioveva
dal tetto. Perché? Perché mentre loggetto, da
limitato, era diventato esteso, il metodo, da forte, era divenuto
debole. Il passaggio dalleconomia alla politica era avvenuto
solo nelle dichiarazioni, non nei fatti.
La mancanza dunione è sotto i nostri occhi: le tragedie
e le minacce divampate dentro e tutto intorno allUnione negli
ultimi anni (nei Balcani, in Israele-Palestina, in Cecenia, in Afghanistan,
in Iraq) hanno trovato unEuropa assente, i suoi Paesi impotenti.
Uno per uno i Paesi europei sono palesemente incapaci di ciò
che solo uniti possono realizzare: dare sicurezza ai propri cittadini,
spegnere i fuochi di guerra oltre i confini, edificare un ordine
mondiale di pace e di giustizia, alleviare la povertà nel
mondo, contrastare la minaccia del terrorismo, proteggere la vita
del pianeta. Impotenti e succubi, essi dimenticano che il tempo
in cui avevano dimensione e forza alla misura dei problemi è
passato per sempre. Lunione non cè; al di fuori
del campo economico e monetario essa (aggettivo o sostantivo che
sia) è una parola vuota, una velleità.

Lunione solo a parole pone i Paesi e i cittadini europei
in una condizione di grande pericolo perché non solo impedisce
loro di raggiungere gli obiettivi proposti, ma addirittura allontana
dalla soluzione buona. Cè unione solo quando, nel momento
in cui si assume un obiettivo comune, ci si danno anche i mezzi
per raggiungerlo. E i mezzi sono due: capacità di decidere,
strumenti per agire. Il secondo e il terzo pilastro (politica estera,
difesa, sicurezza interna, giustizia) sono dargilla, e lunione
è velleitaria, perché lunione decide e opera
solo nei casi in cui tutti sono daccordo.
Casi rarissimi, naturalmente; rarissimi in Europa come in qualunque
Parlamento nazionale, o consiglio comunale, o assemblea di condominio.
Rarissimi, e per di più impossibili a prevedersi; sicché
di ogni questione non si può sapere in anticipo se lazione
sarà europea o nazionale. Il che a sua volta implica che
nessuno sia disposto a predisporre i mezzi (un bilancio, un esercito,
un corpo di polizia, unagenzia degli armamenti, unautorità
forte per lambiente) per attuare la decisione europea nel
caso miracoloso in cui lunanimità si realizzasse e
lunione, per effetto di questo miracolo, venisse a esistere,
per scomparire di nuovo subito dopo, non appena un solo Paese cambiasse
idea. Finché non prende decisioni a maggioranza, lEuropa
unica non esiste.
Dare un confine allEuropa. Laggettivo europea,
che ha accompagnato il lungo cammino dellunificazione migrando
da un sostantivo allaltro, è stato per molto tempo
al riparo da discussioni e interpretazioni. Che i confini dEuropa
siano incerti per due dei quattro punti cardinali (Oriente e Mezzogiorno)
era noto da millenni; ma la cortina di ferro, correndo ben dentro
lEuropa, aveva per molto tempo nascosto il problema. Caduta
quella, si è ripresentata lantica domanda: «Dove
finisce lEuropa?». Oggi la domanda non è più
eludibile.
La Turchia, per secoli un Impero minacciante lEuropa da fuori,
è ora candidata ufficialmente a entrare nellUnione.
I Paesi emersi dalla disgregazione della Federazione Jugoslava hanno
ricevuto, nei trattati di associazione allUnione, lo status
di potenziali candidati. Si è poi deciso di procedere
al big bang, allargamento a Venticinque. Si è
parlato dingresso della Russia. Il Marocco fece domanda di
adesione nel 1986. Gli Stati Uniti dAmerica avevano una frontiera
naturale nellOceano Pacifico e la raggiunsero usando mezzi
ormai messi al bando, come lo sterminio degli indiani o la guerra
a Messico e Spagna.
Lingue, montagne, religioni, etnie, culture, sistemi politici e
civili tracciano allEuropa confini diversi. Nessun confine
può essere pensato come quello oltre il quale lEuropa
possa ignorare ciò che avviene dallaltra parte. Né
il rapporto con chi sta oltre il confine può essere indefinitivamente
risolto offrendo lingresso nellunione.
Per questo, dare un confine allUnione e definire una politica
estera europea sono diventate due parti di ununica strategia
costituzionale e politica. Lisolazionismo tentazione
permanente degli Stati Uniti è precluso allEuropa
dalla storia e dalla geografia. In passato gli europei hanno esplorato
e conquistato il mondo, praticato la tratta degli schiavi, depredato
le colonie, imposto la propria religione, ciascun Regno o Paese
cercando il proprio posto al sole fino a pochi decenni
fa (si pensi allItalia nella prima metà del secolo
passato).
Oggi lEuropa può essere presente nel mondo solo come
promotrice di pace, convivenza tra le culture, sviluppo economico.
Sono beni di cui il mondo ha disperato bisogno e che lEuropa
se unita davvero, usando la forza se necessario può
contribuire a edificare più di ogni altra potenza sulla terra.
Se unita davvero.
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