Se in Borsa si può quotare tutto,
occorre isolare quanti cercano
di spacciare
un ronzino per un purosangue.
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Leuro, è stato detto, ci protegge dai nostri difetti.
Dal primo gennaio 1999 sono cambiate in modo radicale le regole
del gioco. Grazie alla moneta comune, e al rispetto dei parametri
di Maastricht, che ci impediscono tra laltro di danneggiare
un po tutti, più di prima possiamo scegliere qual è
il nostro interesse. Possiamo eleggere un governo di cui essere
orgogliosi, o di cui vergognarci. Possiamo fare le riforme grazie
alle quali il reddito e loccupazione crescono, oppure tenerci
vecchie regole che ostacolano la crescita. Possiamo darci un sistema
scolastico meritocratico, grazie al quale gli studenti sono valorizzati
al loro meglio, o tenerci un sistema inefficiente, che a caso promuove
e boccia.
Lelenco delle scelte è quanto mai lungo e riguarda
i principali aspetti della vita economica e sociale. Chi lo ha capito
e ha già imparato a trarne il massimo beneficio vien
da pensare allIrlanda e alla Spagna sta realizzando
un veloce progresso di sviluppo, e di solito parla bene dellEuropa.
Chi non lo ha capito e ce ne sono parecchi in Francia, in
Germania e purtroppo anche in Italia parla male dellEuropa,
soprattutto perché non vuole correre i rischi del cambiamento
e preferisce attaccarsi a un passato, a volte glorioso, ma senza
futuro.
Pensiamo al ruolo di freno che la Francia ha svolto in questi anni
ad ogni vertice europeo: invece di porsi, come in passato, alla
guida dellEuropa, ha cercato di proteggere i francesi
dallEuropa, per esempio difendendo i propri campioni
nazionali, che erano stati i protagonisti di unepoca
fatta di efficienti monopoli pubblici, ma destinati allestinzione,
al modo dei dinosauri.
La lezione francese è quanto mai chiara: stiamo trasferendo
funzioni e compiti a una sovranità comune, che possiamo poi
usare per valorizzare le nostre virtù o per perpetuare i
nostri vizi. Ma se la sbagliamo, la colpa non può essere
attribuita allEuropa né alleuro. Basta pensare
allatteggiamento di tanti anche da noi nei confronti
dellemigrazione. Non è vietato fare bene le cose: incentivare
larrivo di immigrati di valore, curare la loro integrazione,
evitarne i ghetti. Un minimo di emulazione dovrebbe spingerci a
imparare dai Paesi che meglio hanno conciliato i diversi aspetti
di questo problema. Basta vedere come sono attraenti
nei confronti di tutto il mondo le migliori università
americane!
Allora si può dire, magari provocatoriamente: abbiamo bisogno
di più Europa per migliorare lItalia. Non sarà
leuro, da solo, a garantirci più benessere e un maggiore
progresso sociale. Dobbiamo ancora utilizzarlo per selezionare il
meglio di ciascuno, per evitare che lEuropa realizzi la previsione
di Pangloss: «Plus il y a des malheurs particuliers, et plus
tout est bien».
La situazione economica oscilla sul pendolo delle previsioni dei
centri di analisi, più o meno prestigiosi, più o meno
reputati, siano essi dipendenti da interessate merchant bank, siano
connessi ad organismi internazionali quali il Fondo monetario o
lOcse. La tentazione ricorrente è quella di predicare
lottimismo ad ogni costo, nella persuasione che ciò
serva a scongiurare atteggiamenti negativi da parte dei consumatori
e degli investitori. Operazione ardua, perché la crisi argentina
e linstabilità cronica del Vicino Oriente insinuano
note stonate nelle canzoni proposte dai vocalisti delleconomia
mondiale.
Gli investimenti, dunque, sono guardinghi e i consumi manifestano
stanchezza. Forse si tratta di una pausa, prima di una nuova corsa,
ma tantè: il presidente della Federal Reserve tiene
i tassi di interesse molto bassi, ha inondato i mercati di dollari
e prosegue lespansione della massa monetaria per costringere
il cavallo a bere. I cittadini, le imprese e persino la finanza
pubblica hanno raggiunto livelli straordinari di indebitamento.
I consumatori adesso recalcitrano, sembra non vogliano esagerare
nei comportamenti da cicale spensierate, cominciano a comprare meno
auto e meno beni di consumo, nonostante sconti, dilazioni di pagamento,
possibilità di acquisire dollari a costo zero o sotto zero.
Quando il denaro costa poco o niente gli assets si rivalutano, secondo
i manuali e gli insegnamenti della storia. Accade invece che ci
sia una voglia di aquisizione minima, mentre prevale la tendenza
a mantenere o a procurare liquidità, in attesa di migliori
opportunità.
Il calo dei profitti, alcuni fallimenti eclatanti, lesibizione
di forme non isolate di malcostume finanziario che si è cercato
di coprire e di sconfiggere, richiamano i protagonisti delleconomia
e della finanza allassunzione di posizioni maggiormente prudenti.
Non è detto che sia finito il tempo favorevole ai manager
spregiudicati, legati alle sorti dellimpresa che spesso impoveriscono,
arricchendo se stessi in termini monetari e di potere, scarsamente
controllati da azionisti fragili e frammentati, da investitori miopi,
da organismi di vigilanza sonnolenti e talvolta collusi. E
tuttavia vero che si sta registrando una riluttanza nuova e benvenuta
a cavalcare l«esuberanza irrazionale dei mercati».
Vuol dire che le imprese dovranno offrire risultati economici e
non politici, che i bilanci dovranno rispondere ai criteri propri
del buon investitore e non dellingordo speculatore? E
auspicabile una ragionevole attenzione ai fondamentali dellimpresa,
ai suoi dati immediati e alle prospettive, ai margini, alla qualità
dei prodotti e alle quote di mercato. Dovrebbe avviarsi al crepuscolo
lora della irresponsabilità dei manager,
non partecipi al rischio dimpresa, ma avidi di potere personale
e percettori di numerosi emolumenti in ogni caso. Drammatico linsegnamento
che viene dai casi dei dirigenti irresponsabili della Enron, di
Kirch, della Arthur Andersen. Lelenco, purtroppo, dovrebbe
essere lunghissimo, senza trascurare lItalia.
Non tutti, come è accaduto al leader della Abb, Percy Barnevick,
sono stati costretti a restituire milioni di euro malguadagnati,
non certamente legati alle prestazioni del gruppo che malandrinamente
dirigevano.
Siamo persuasi che la Borsa e le attività finanziarie possano
e debbano dare impulso alle imprese manifatturiere e commerciali,
riterremmo deprecabile mettere camicie di Nesso, anacronistiche
cinture di castità alla cosiddetta speculazione finanziaria,
di per sé e in giuste dosi utile, o comunque non disdicevole.
La speculazione però non deve essere truccata, i protagonisti
devono evitare droghe. Se in Borsa si può quotare tutto purché
non si ingannino gli investitori dicendo il falso o nascondendo
il vero, occorre isolare quanti cercano di spacciare un ronzino
per un purosangue. Una cultura degli affari che mescoli
il grano e il loglio avvelena tutti, distrugge valore per tutti.
Contribuiscono allintorbidamento delle acque anche coloro
i quali esaltano il valore di unazienda solo in quanto sia
contendibile, vale a dire per le sue labili strutture
proprietarie che, in genere, favoriscono giochi di potere, coloro
che valutano limpresa non per la qualità dei prodotti,
per la solidità dellazionariato e per i mezzi che esso
pone a disposizione della crescita, per i profitti, per le prospettive
di sviluppo. Queste deformazioni tendono alla distorsione dei valori
fondamentali che dovrebbero essere alla base della singola impresa,
che dovrebbero indirizzare la politica economica di una nazione
gravida di futuro.

Lapprodo alla Seconda Repubblica non è stato ancora
raggiunto nella politica e nella politica economica. Si parla troppo
di potere e lo si persegue dissipando risorse, disperdendo energie
in battaglie ideologiche su falsi idoli, si persegue meno lefficienza
e meno ancora la modernizzazione del sistema. Si esaltano gli equilibrismi
tesi alla riconquista del potere, o al suo mantenimento, trascurando
i fondamentali che una seria cultura istituzionale e imprenditoriale
dovrebbe prediligere e avvalorare.
Imprese e proprietà solide, redditizie per margini operativi,
provviste di liquidità o con indebitamenti fisiologici, in
grado di espandersi e di ottenere validi risultati, è quanto
istituzioni, investitori e risparmiatori dovrebbero imparare a premiare
e non le strutture enfiate al nandrolone dalle evoluzioni di dirigenti
che poco rischiano in proprio e molto dilapidano dellaltrui
ricchezza, edificando organizzazioni attraenti solo perché
dotate di proprietà deboli e perciò contendibili.
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