Marzo 2003

EUROPA DELL’EURO

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Una futura superpotenza
Mario Monti
 
 

 

 

 

 

 

L’Europa è ancora debole da molti punti di vista.
Ma può diventare un modello,
sta già diventando un modello.

 

Col mercato unico e con l’euro, l’Unione ha dimostrato agli europei, agli americani e a tutti gli altri che l’Europa, quando parla con una sola voce, diventa un partner alla pari, può anzi diventare un punto di riferimento per il resto del mondo. Nel 2003, con le nuove regole costituzionali, si farà un altro passo avanti decisivo, l’Europa potrà anche avere una voce unica della politica estera e della difesa. Una singola superpotenza non basta per governare il mondo.
Facciamo qualche passo indietro. Il primo gennaio scorso non è stato un anniversario semplice, bensì duplice: si sono celebrati i primi dodici mesi di moneta unica circolante, ma anche i dieci anni del “padre” dell’euro, cioè il mercato unico.
Fu un progetto lanciato a Milano, nel giugno 1985, in occasione del Consiglio europeo che si tenne al Castello Sforzesco. L’Europa, allora, fu mobilitata per far partire dal gennaio 1993 uno spazio senza frontiere per la libera circolazione di persone, merci, servizi e capitali. Senza mercato unico, il “figlio” euro non sarebbe nato.

Adesso, se parliamo dell’euro, c’è in alcuni una certa delusione quando si vede che, pur essendosi realizzata una conquista storica, manca il risultato completo. Succede spesso così. Prima prevalgono entusiasmo e attese forse eccessive, come se una volta formalmente partite queste novità dovessero risolvere tutti i problemi. La realtà ci ha insegnato che queste realizzazioni hanno bisogno di essere accompagnate da altre condizioni, da porre in atto con pazienza per dare pienamente i loro frutti. Se parliamo di mercato unico, per esempio, ci sono ancora ritardi nell’osservazione delle direttive europee e nel loro effettivo rispetto. L’Italia, che pure ha conseguito progressi rilevanti, è al secondo posto, dietro la Francia, per numero di infrazioni. L’economia italiana sarebbe più dinamica, con un’inflazione più bassa, se fosse più pronta a far penetrare nel proprio tessuto economico le regole del mercato unico, che portano apertura e flessibilità.

Certo, ogni volta che l’Europa ha annunciato un progetto importante, da parte americana si è stati portati a metterne in dubbio il realismo e l’efficacia. Forse non è un caso, anche se stupisce che gli statunitensi abbiano a suo tempo criticato due ambizioni europee, il mercato unico e la moneta unica, che pure essi hanno da sempre.
In tutta la seconda metà degli anni Ottanta, dopo l’annuncio del progetto del mercato unico per il 1993, sono state espresse le “preoccupazioni” di Washington e di Tokyo per la costruzione di una “Fortezza Europea”: sostenevano che la Comunità si sarebbe chiusa al resto del mondo.
A distanza di tempo, americani e giapponesi riconoscono la validità e l’apertura insita nella nostra integrazione commerciale. E nel frattempo sono nate, da quella parte del mondo, organizzazioni simili, come il Nafta nel Nordamerica, l’Apec nel Pacifico e il Mercosur nell’America Latina.
Per quel che riguarda la moneta unica, molti americani – in particolare politici ed economisti – ritenevano che fosse o un progetto concettualmente sbagliato o una “distrazione” dell’Europa da quella che, ai loro occhi, doveva essere la vera priorità europea: l’allargamento ad Est dell’Ue, che avrebbe portato (in questo caso avevano perfettamente ragione) vantaggi geopolitici all’intera comunità nordatlantica. Adesso che l’euro è realizzato, il resto del mondo lo sta guardando con attenzione, lo mette nelle riserve valutarie.


Ma c’è una soddisfazione in più. L’Europa ha dimostrato all’America e al mondo – e prima di tutti, a se stessa – di aver saputo conciliare le due cose, lo sforzo per l’euro e l’allargamento. L’euro circola ed è apprezzato, nelle menti e nei mercati. L’allargamento è stato concretamente varato a Copenaghen, e non in modo temerario, ma sulla base di una preparazione approfondita. L’Europa è ancora debole da molti punti di vista. Lo sappiamo bene e dobbiamo continuare a costruirla con impegno, nella modestia. Ma può diventare un modello, sta già diventando un modello.

Attraverso il proprio esempio di integrazione dei mercati, accompagnata da una certa integrazione delle politiche pubbliche, può offrire al mondo una speranza concreta: che la globalizzazione sia governabile in modo democratico e multilaterale. Così che i cittadini possano trarne pienamente i vantaggi e non debbano, come oggi avviene in parte in Europa e molto nel Terzo Mondo, sentirsi alienati da ciò che percepiscono come una forza scura guidata da mercati dominati da poche multinazionali, in un mondo controllato da una singola superpotenza. Su questo l’Europa ha, rispetto agli americani – e deve farla valere ancor di più – una miglior capacità di persuasione nei confronti del resto del mondo.
Si è aperto un anno decisivo per fare dell’Europa un protagonista mondiale a pieno titolo. L’Italia ebbe un ruolo determinante nelle due precedenti occasioni, di cui abbiamo celebrato gli anniversari. Fu sotto presidenza italiana (governo Craxi nell’85 e governo Andreotti nel ‘90) che l’Ue prese decisioni fondamentali per il mercato unico e la moneta unica: sotto presidenza italiana, nel secondo semestre di quest’anno, si potrebbe concludere il Trattato con le nuove regole costituzionali.

   
   
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