Marzo 2003

EURO/DOLLARO

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Performance vincente
Robert Alexander Mundell
Premio Nobel per l’Economia
 
 

 

 

 

 

 

Il futuro del cambio dollaro-euro
dipenderà da quale delle due economie riuscirà a riprendersi
per prima
dal rallentamento economico mondiale.

 

L’euro è stato un successo eccezionale. Ritengo di poter dire che si tratta del miglior lancio di una valuta in tutta la storia delle monete su scala mondiale. E’ vero, c’è stato un problema nell’aggiustamento dei prezzi. Ma era prevedibile. Quando le valute vengono unificate all’improvviso, scatta in azione un fenomeno che viene chiamato “la legge di un prezzo” (“Law of one price”). I prezzi in alcuni Paesi membri dell’Unione economica e monetaria erano più bassi rispetto a quelli di altri Stati e pertanto si sono dovuti adeguare all’insù, si sono dovuti “aggiustare” al rialzo per raggiungere quanto più possibile l’equalizzazione.
In termini economici, equalizzazione vuol dire livellamento di punte superiori o inferiori alla normalità, e quindi una stabilizzazione, fenomeno ancora in corso. Ritengo che questo aggiustamento in Eurolandia sia stato in alcuni casi eccessivo, vale a dire che il movimento dei prezzi sia stato superiore a quanto necessario. Questo potrebbe indicare che i prezzi saliti troppo dovranno retrocedere, dovranno calare.
Ci sono due possibili spiegazioni per quanto è accaduto fino a questo momento all’euro, in termini di prezzi. La prima è che l’euro è stato, almeno fino a poco tempo fa, piuttosto debole e che questa sua debolezza ha finito con lo spingere al rialzo i prezzi. L’altra spiegazione è che si è trattato di una sorta di “effetto-illusione” sui numeri e sulla moneta stessa, associata con il fatto, per esempio, che in Italia duemila lire sono state rimpiazzate con un solo euro.

So bene che gli italiani si lamentano di ben altro. Esiste una scuola di pensiero, che in realtà non è soltanto italiana, secondo la quale la nascita dell’euro ha coinciso con la creazione di una trappola della recessione. Uno schema recessivo dove la rigidità del Patto di Stabilità, che non consente politiche fiscali molto espansive, è aggravata dallo statuto della Banca centrale europea, che non concede grandi spazi per una politica monetaria espansiva. Ebbene: io non credo che l’Italia abbia veramente voglia di tornare indietro nel tempo a quelle politiche inflazione-svalutazione-deficit della fine degli anni Settanta e degli anni Ottanta che hanno creato i problemi che la Penisola si trova adesso a dover affrontare. Quei tempi sono passati e prevedibilmente non torneranno mai più.

Per quel che riguarda la prudenza della Banca centrale europea, suggerita dall’obbligo di attenersi ai vincoli dell’inflation target, tenuto conto che si tratta di un’Istituzione relativamente giovane, va sottolineato che complessivamente ha fatto un buon lavoro. E’ stata una sfortuna per l’Europa, come anche per il resto del mondo, che la grande espansione degli anni Novanta adesso sia in fase di stallo o di lento riavviamento. E sono sicuro che molti politici europei vorrebbero che la Banca centrale europea adottasse una politica monetaria più espansiva, anche se questo sarebbe un danno per il controllo dell’inflazione e contribuirebbe a indebolire l’euro. Tutto questo, però, sarebbe un grave errore.
Il futuro del cambio dollaro-euro, poi, dipenderà da quale delle due economie riuscirà a riprendersi robustamente per prima dal rallentamento economico mondiale. L’euro potrebbe pure sul breve termine apprezzarsi nei confronti del dollaro; ma se, come sembra, la crescita degli Stati Uniti sarà più veloce di quella dell’area dell’euro, allora la moneta unica europea non riuscirà a mantenere questo premio sopra la divisa statunitense.
Per avere una marcia in più, l’Europa deve liberalizzare il mercato del lavoro. Deve deregolamentare le sue economie. Deve aumentare l’età per andare in pensione. Deve consentire l’esistenza di strutture salariali più differenziate. Deve spostare il peso della disoccupazione dal settore privato a quello pubblico.

   
   
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