Lattuale forza della nostra moneta è
soltanto il frutto della debolezza
del dollaro
e delle esigenze
delleconomia
americana.
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Se alla fine del 2002 procedeva a tutto gas, allinizio del
2003 ha messo il turbo. Almeno per i cultori dei primati, che a
volte non valutano tutte le conseguenze per leconomia reale
di Eurolandia, leuro ha dato molte soddisfazioni. Dopo aver
toccato gli abissi di un rapporto con la divisa statunitense di
circa 0,85, lanno scorso ha decisamente rialzato la testa
e questanno ha sfondato quote da primato, dando tutta limpressione
di voler continuare la sua corsa senza freni; al punto che la Goldman
Sachs, uno dei maggiori operatori in valute sui mercati mondiali,
prevede che alla fine di questanno la moneta europea potrebbe
apprezzarsi sul dollaro fino a quota 1,12.
Come a dire che, per comprare un euro, gli americani, che meno
di un anno fa dovevano pagare soltanto 85 centesimi, dovranno sborsare
un biglietto verde, più dodici centesimi.
Ma poi è per davvero un risultato del quale compiacersi,
quasi si trattasse di una gara fra chi ha la moneta più forte?
E sul serio un segno della robustezza economica in Eurolandia?
E ancora, è un recupero che ci crea più vantaggi,
o, al contrario, più problemi?
Stando a qualche confusa dichiarazione molto formale delle autorità
monetarie europee, lapprezzamento sulla valuta americana sarebbe
il segnale evidente dellaffermazione della nuova moneta unica
e della sua salute. Cè a Francoforte, del resto, chi
non manca di ricordare che quando leuro nacque come valuta
virtuale, nel 1998, valeva addirittura un dollaro e sedici centesimi.
Ma la concreta realtà sembra essere meno trionfale. Primo,
perché lattuale forza relativa della nostra moneta
è soltanto il frutto della debolezza del dollaro e delle
esigenze delleconomia americana. Secondo, perché il
bilancio complessivo fra i vantaggi e gli svantaggi di un euro così
forte rischia di rivelarsi molto negativo, per non dire disastroso
per tutta lEuropa, e ancora di più per lItalia.
Chiariamo meglio questi due punti. Se il valore dellEuro fosse
solo lo specchio dello stato di salute delleconomia europea,
la sua attuale quotazione dovrebbe essere molto bassa. Leconomia
di Eurolandia è in stallo, per non dire sullorlo della
recessione. Fa fatica la Germania, la Francia ha rallentato moltissimo,
lItalia ha un bel carico di problemi. Come dire che i tre
maggiori Paesi che da soli fanno i tre quarti del prodotto interno
di Eurolandia hanno le gomme a terra. Ma la sfortuna ha voluto che
anche la locomotiva americana, nonostante gli sforzi fatti dalla
Federal Reserve e dal governo, abbia ancora i motori a basso regime,
accusando peraltro un disavanzo commerciale da far paura. Ha bisogno
quindi di esportare di più e di importare di meno, riducendo
il disavanzo e ridando carbone alle caldaie della sua economia.
In che modo? Il modo più semplice è proprio quello
(tanto utilizzato dallItalia negli anni passati) di indebolire
la sua moneta, rendendo i suoi prodotti meno cari sui mercati esteri.
Ed è proprio questa la strada scelta tacitamente dal presidente
statunitense. Aiutato in questo dalla miopia della Banca centrale
europea che, mantenendo i tassi di interesse europei molto più
alti di quelli americani, attira capitali nella zona euro, rafforzando
(troppo) la nostra valuta, indebolendo il dollaro e contribuendo
anche a deprimere ancora di più leconomia europea.
E veniamo alle presunte convenienze delleuro superstar. Con
una moneta più forte, gli unici veri vantaggi per noi sono
due. Il primo, quello più importante, è la riduzione
dellimpatto dellaumento del petrolio in corso, visto
che lo paghiamo in dollari. Il secondo è il calo dei costi
per chi si recherà per vacanza o per motivi di lavoro in
tutti i Paesi nei quali si paga in valuta statunitense. Per tutto
il resto, lEuropa pagherà invece un prezzo molto alto.
Visto che i consumi interni fanno fatica a crescere (per lastenia
della Banca centrale europea e per lincapacità dei
governi di varare le necessarie riforme strutturali), avrebbe bisogno
di aumentare il volume delle esportazioni. E ora, invece, le esportazioni
diventeranno molto meno competitive, e di conseguenza più
difficili. Leconomia di Eurolandia rischia pertanto di indebolirsi
ulteriormente, la ripresa si allontanerà nel tempo, loccupazione
crescerà meno di quanto dovrebbe e potrebbe. E chi, come
il nostro Paese, ha uninflazione più alta e una competitività
in calo, sarà costretto a pagare i costi più elevati.
Per agganciarsi al treno della ripresa non resterà che aspettare
che riparta in velocità la locomotiva americana. Cosa che
si verificherà, speriamo il più presto possibile,
grazie proprio alla spinta del dollaro più debole. Se questo
è il quadro, compiacersi dei nuovi primati delleuro
è per davvero fuori luogo.
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