Marzo 2003

PROSPETTIVE TRANSATLANTICHE

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Un mercato comune
dall’Alaska alla Patagonia
Henry Kissinger
 
 

 

 

La teorica parità
di sovranità di ogni singolo Paese
dell’America Latina non fa parte del
vocabolario di
politica estera
del Brasile.

 

La prima immersione del Presidente americano nella diplomazia multilaterale (al Vertice delle Americhe di Quebec) è stata un successo. In quella sede, ha sostenuto energicamente la realizzazione, il più presto possibile, di un’area di libero scambio panamericana (Ftaa), che dovrebbe abbattere le barriere commerciali dall’Alaska alla Patagonia. I negoziati, avviati a Miami nel 1994, si dovrebbero concludere entro il 2005, ma i passi di questo cammino si annunciano difficili, perché i dimostranti di Quebec, per quanto incoerenti e striduli, rappresentano un elettorato importante, soprattutto tra gli ambientalisti e il sindacato.Il compito dell’amministrazione Bush è ostico anche perché quell’accelerazione dei negoziati che vorrebbe non è condivisa da tutti i Paesi latino-americani. Il Messico, riluttante a indebolire il suo accesso preferenziale al mercato americano sotto l’ombrello del Nafta (l’accordo di libero scambio del Nordamerica, stipulato nel 1992 tra Stati Uniti, Canada e Messico) non ha mostrato nessun entusiasmo per la scadenza 2003, suggerita dagli Stati Uniti per la conclusione del negoziato.

Ma il principale oppositore a un rapido progresso verso il Ftaa – e probabilmente al Ftaa stesso – è il Brasile: per motivi economici ma soprattutto politici, che nascono dall’aspirazione storica brasiliana a un ruolo guida nell’emisfero Sud. In quello spirito, il Brasile ha cercato di trasformare il Mercosur (l’accordo per un mercato comune tra Brasile, Argentina, Uruguay e Paraguay, entrato in funzione nel 1995) in un rivale più che in un partner del Nafta, come invece prevede il Ftaa.

Il carismatico presidente del Brasile si è rifiutato di condividere l’ottimismo della federazione Usa a Quebec. Senza la riduzione delle barriere nordamericane alle esportazioni brasiliane, ha sostenuto, il Ftaa «sarà un accordo irrilevante o, nel peggiore dei casi, un accordo ipotetico e indesiderabile. Se vogliamo andare verso un’integrazione effettiva, bisogna eliminare le differenze tra nazioni, che sono ingiuste; e la profonda ineguaglianza di reddito e di qualità di vita all’interno e tra le nazioni».
Questi nobili obiettivi, però, sono chiaramente irraggiungibili entro la scadenza del 2005 sia per il negoziato Ftaa sia per qualsiasi accordo commerciale prevedibile. Richiedono un impegno decennale comunque da parte dei Paesi dell’emisfero occidentale per una grande rivoluzione sociale. Il presidente brasiliano non ha lasciato dubbi sui suoi obiettivi strategici quando, a Quebec, ha descritto il Mercosur come la priorità brasiliana “assoluta”, che trascende progetti regionali come il Ftaa. «Mercosur – ha detto – è il nostro destino, Ftaa è un’opzione».
La differenza va ben oltre il gioco di parole. Ftaa è concepito come un’area di libero scambio per tutte le Americhe. Mercosur è un blocco commerciale che, qualunque sia la sua retorica non-discriminatoria, nella sua essenza pone barriere più alte verso il mondo esterno e tra gli Stati membri. E il mondo esterno discriminato include tutte le Americhe al di fuori del Mercosur. Programmato in questo modo, è difficile vedere come il Mercosur possa essere fuso in un accordo più largo con il Nafta per promuovere una crescita generale in tutto l’emisfero. Piuttosto, è più probabile che affermi l’identità dell’America Latina come separata e, se necessario, opposta a Stati Uniti e Nafta. La storia del Brasile va in questa direzione. Per molto tempo il Paese si è considerato il perno dell’America Latina, così come gli Stati Uniti lo erano del Nord America. Entrambi poi collaboravano in armonia attraverso frequenti scambi. La teorica parità di sovranità di ogni singolo Paese dell’America Latina, postulata dal sistema intra-americano, non fa parte del vocabolario di politica estera del Brasile.
Il modello della “relazione particolare” tra Stati Uniti e Brasile è quello dei rapporti Usa-Gran Bretagna e durò fino all’amministrazione Ford, che concesse a Brasilia uno status consultativo speciale. Poi però le relazioni cominciarono ad atrofizzarsi, perché crescevano le preoccupazioni americane verso il governo militare autoritario che governava il Brasile. Con la restaurazione della democrazia negli anni Ottanta, queste circostanze svanirono, ma si intensificò il disaccordo economico, e con esso le discriminazioni contro le importazioni brasiliane.
Secondo i funzionari brasiliani, il Ftaa darà relativamente pochi benefici all’agricoltura brasiliana finché il programma di aiuti agli agricoltori statunitensi conferirà indebiti vantaggi ai produttori nordamericani. Inoltre, implicherebbe lo smantellamento oppure, come minimo, un ridimensionamento delle barriere doganali che il Brasile ha innalzato per proteggere le sue industrie. E questo non piace agli industriali brasiliani.
Così il Ftaa è visto da molti, in Brasile, come congegnato per il vantaggio unilaterale degli Stati Uniti. Il Paese non intende rinunciare a costruirsi una posizione dominante in America Latina, rallenta i negoziati Ftaa per consolidare il Mercosur, lega Argentina, Paraguay e Uruguay alla sua idea di una futura America Latina e costringe gli Stati Uniti a trattare con un blocco regionale anziché con i singoli Paesi.
Al di là dell’Atlantico, l’Europa lancia segnali altrettanto seduttivi. In visita in America Latina nel 1997, il presidente francese identificò il futuro dell’America Latina non con il “Nord”, intendendo il Nafta e gli Stati Uniti, ma con l’Europa.

E in un’intervista del dicembre del 2000 l’allora presidente del Consiglio europeo, il portoghese Guterres, difese un accordo agricolo con il Mercosur come la via per «costruire un nuovo ordine mondiale multipolare in grado di limitare la naturale egemonia degli Stati Uniti».
Se queste tendenze si imporranno, il Mercosur si posizionerà come entità distinta nei confronti dell’Europa, ma in rivalità istituzionale con il Nafta e con gli Stati Uniti. E questa è una sfida alla posizione storica degli Stati Uniti nell’emisfero e alla sua aspirazione a un ordine mondiale basato su una comunità crescente di democrazie nelle Americhe.

   
   
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