Un sistema
produttivo povero
di imprese medie
e grandi è un sistema poco competitivo,
e anche la piccola
industria rischia
di vedere ridotti
i propri margini
di profitto.
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La competitività delle imprese italiane è sempre
più a rischio sui mercati globali. Le analisi condotte di
recente sullo stato delleconomia italiana non lasciano dubbi:
il nostro Paese sta perdendo quote di mercato sul PIL mondiale più
rapidamente di qualsiasi altra nazione industriale sviluppata. Nel
1980 leconomia italiana pesava per il 4,23 per cento sulleconomia-mondo;
ventanni più tardi questa percentuale era scesa al
3,53 per cento.
La classifica ha evidenziato una perdita di competitività
per il sistema-Paese principalmente in base a tre direttive: la
tecnologia (39° posto), le istituzioni pubbliche (37° posto),
il contesto macro-economico (27° posto). Questi dati devono
essere il punto di partenza di una riflessione per chiunque, a diverso
titolo, abbia a cuore il futuro del Paese. La progressiva apertura
e la concorrenzialità dei mercati legano sempre più
le potenzialità di crescita dei sistemi territoriali alla
loro capacità di attrarre investimenti e persone. Per questo
si impone oggi un deciso rilancio dellItalia su scala globale.
Qualche tempo fa, una lucida analisi del sistema americano, condotta
da Michael Porter, affermava che laspetto centrale dello sviluppo
economico è da identificare nella creazione delle condizioni
per un rapido e sostenuto miglioramento delleconomia nazionale.
Il basso tasso di crescita delle nostre imprese sembra confermare
lassenza quanto meno parziale di tali condizioni.
La grandezza media delle imprese è diminuita in tutte le
economie industriali, per mutamenti strutturali nellorganizzazione
produttiva, ma in Italia il fenomeno è stato tanto pronunciato
da divenire unanomalia. Le imprese con meno di dieci addetti
danno oggi impiego a una quota delloccupazione totale doppia
della media europea (più del 45 per cento). In circa ventanni
loccupazione delle imprese manifatturiere con più di
500 addetti è scesa intorno al 15 per cento del settore,
dimezzando la propria incidenza; è del 56 per cento in Germania
e del 43 per cento in Francia. Le imprese medie, tra 100 e 400 addetti,
rappresentano soltanto il 10 per cento del totale, contro il 17,5
per cento in Germania e il 16 per cento in Francia.
Il relativo declino dellindustria di grande e media dimensione
è nocivo alla crescita della competitività, perché
dimensione aziendale, innovazione e sviluppo economico tendono a
muoversi insieme. La grande innovazione industriale nasce da un
tipo di ricerca che è prerogativa della grande impresa: circa
l80 per cento della ricerca industriale italiana si fa in
imprese con oltre 500 addetti, mentre è quasi irrilevante
lattività nelle aziende al di sotto dei 50 addetti.
Conseguenza del declino dellindustria media e grande è
un minor contributo dei beni ad alta intensità tecnologica
e una minore propensione ad investire in ricerca e sviluppo (meno
della metà rispetto alla Francia e alla Germania). Un sistema
produttivo povero di imprese medie e grandi, di ricerca e concentrato
su produzioni a bassa intensità tecnologica, è un
sistema poco competitivo, e anche la piccola industria, che pure
ne costituisce lelemento di forza, rischia di vedere ridotti
i propri margini di profitto. Affinché si avvii un graduale
riequilibrio della struttura industriale italiana, occorre allora
che, negli anni a venire, cresca il numero delle imprese che da
medie diventano grandi, e cresca il numero delle piccole che diventano
medie.
Esistono tuttavia in Italia fattori che limitano le capacità
di sviluppo delle imprese: dal diritto societario alla pressione
fiscale. Una strada sicuramente da battere è quella delle
liberalizzazioni, dal mercato del lavoro a quello dei prodotti e
dei servizi. Fra i Paesi avanzati, il nostro è quello a più
alta regolamentazione: cè stata una riduzione, ma inferiore
rispetto a quella intervenuta negli altri Paesi.
Non dimentichiamo che il programma di privatizzazione intrapreso
nel 92 ha svolto un ruolo molto importante nel processo di
rientro del debito. I proventi realizzati dalle dismissioni sono
stati impiegati nel riacquisto di titoli del debito pubblico, contribuendo
in maniera rilevante al processo di riduzione del debito in rapporto
al PIL.
Esiste poi un ruolo di primaria importanza che il sistema finanziario
può svolgere e di fatto svolge nel determinare
la competitività dellItalia.
Uno dei principali fattori critici di competitività del sistema-Paese
è infatti rappresentato dal peculiare tessuto economico costituito
da aziende snelle, con forti potenzialità di sviluppo. A
tal proposito, le forme più efficaci per favorire lafflusso
di capitali di rischio alle piccole e medie imprese si stanno affermando
nella forma di quelle definite dagli anglosassoni come pro-public;
si tratta della sottoscrizione di titoli rappresentativi di capitali
di rischio da parte di merchant bank, società di venture
capital e fondi chiusi. La peculiarità di questi investitori
istituzionali va identificata nel fatto che essi non si limitano
allapporto di risorse finanziarie, ma assistono lazienda
anche nei suoi programmi di sviluppo e possono arrivare ad accompagnarla
fino alla quotazione, fornendole servizi reali, supporto, consulenza
e soprattutto offrendo un contributo culturale volto ad aiutare
il management e la proprietà ad adattare la propria mentalità
alle esigenze di una più ampia base societaria.

Tali forme di investimento sono essenziali per la crescita delle
piccole e medie imprese, obbligate a raggiungere le dimensioni richieste
dai processi economici in atto a livello mondiale per azione della
competitività del mercato. In questo senso, le attività
legate alla gestione di servizi finanziari diventano un fattore
critico di successo, tenuto conto di quellinsieme di vincoli-opportunità
rappresentati dal processo di globalizzazione.
Lattività di investimento contribuisce, in altre parole,
allo sviluppo del sistema industriale e delleconomia nel suo
complesso, selezionando imprese a rapido tasso di crescita e fornendo
loro il capitale necessario a svilupparsi. Una ricerca sul territorio
europeo ha dimostrato che le imprese venture backed:
sono ad alto tasso di sviluppo;
creano nuovi posti di lavoro;
effettuano considerevoli investimenti;
perseguono strategie di sviluppo a livello internazionale.
I dati della ricerca confermano linfluenza decisiva degli
investimenti nel capitale di rischio sui fattori chiave che generano
lo sviluppo economico.
Daltra parte, le attività degli investitori istituzionali
hanno uninfluenza diretta su un altro elemento fondamentale
della competitività di un Paese: linnovazione tecnologica.
LItalia è la prima in Europa per la nascita delle nuove
imprese: sono 200 mila lanno. Ma una specifica ricerca ci
dice che siamo gli ultimi nella trasformazione delle aziende da
piccole a medio-grandi. Uno dei motivi è che le nostre nuove
imprese non nascono da un forte contenuto di innovazione tecnologica,
mentre la crescita è sempre favorita dalla tecnologia.
La creazione delle condizioni per innovazioni tempestive a livello
di mercato è tuttavia subordinata allesistenza di soggetti
che sostengono tale sviluppo attraverso lapporto di capitale
e di know how.
Le Pmi stanno dimostrando di non essere una specie in estinzione
che deve essere in qualche modo tutelata, ma un insieme di organismi
capaci di grande flessibilità e adattabilità alle
condizioni di mercato, e quindi in grado di contribuire alla crescita
se messe in condizioni di operare in un contesto ambientale favorevole.
Se tale modello trova nellaccesso al mercato dei capitali
in modo efficiente il proprio punto critico, appare evidente come
la finanza possa fare molto creando i mezzi, le forme e i nuovi
strumenti per permettere alle Pmi di attingere in modo sempre più
semplice e conveniente agli ingenti capitali necessari per vincere
la sfida della globalizzazione.
Lessenza dellimpegno sta nel trovare nuove vie. Le
condizioni macroeconomiche di mercato che si prospettano allorizzonte
sono di estrema incertezza e rendono difficile linterpretazione
di scenari futuri. Tuttavia, un atteggiamento ottimista può
generare flussi dinamici di possibilità, dando vita a nuove
soluzioni e creando nuovi orizzonti.
Accompagnare le imprese nel loro percorso verso la competitività
internazionale è un impegno. Creare un ambiente favorevole
a questo processo è un dovere.
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