Dalle ricerche sono sbucate altre mappe dello
stesso periodo servite in seguito
quali guide per gli scopritori ufficiali, a coronamento
di una clamorosa beffa storica.
|
|
E stato scoperto nellottobre 2001 al largo delle coste
panamensi, su segnalazione di alcuni pescatori che avevano trovato
palle di cannone sulla spiaggia di Dama, presso il porto panamense
di Nombre de Dios e allantica Portobello: il relitto è
ciò che resta di una delle caravelle di Cristoforo Colombo,
La Vizcaina (La Biscaglina), la più piccola tra
quelle che utilizzò nel suo quarto e ultimo viaggio e la
prima mai scoperta al mondo. Non è lontano dalla costa, a
sei metri di profondità: una nave fatta di tavole fissate
tra loro da perni in legno e non in ferro, proprio come i vascelli
colombiani; calafatata con catrame e perciò costruita senza
dubbio prima del 1508, quando un decreto reale spagnolo aveva stabilito
che tutte le navi dovevano essere ricoperte di piombo per proteggersi
dalle teredini, i terribili molluschi che distruggono gli scafi
in legno. E ciò che accadde allesploratore.
Nellaprile 1503 Colombo, abbandonata la foce del Rio Belen
dove aveva già perso una caravella, la Gallega
(Galiziana), per un attacco degli indigeni Guaymi, decise di abbandonare
le esplorazioni e di far ritorno a Cuba. Ma la Vizcaina aveva ormai
la carena perforata dalle teredini. Non cera scelta: fu spogliata
di tutto e abbandonata «nella baia di Porto Bello»,
come scrisse nel diario Fernando, il figlio di Colombo, durante
lultima spedizione. E lì è stata ritrovata.
Ci racconterà molte cose sulle caravelle. Ma intanto
al di là dellinteresse degli archeologi la scoperta
è servita a riaccendere le polemiche sui misteri che hanno
accompagnato da sempre il nome di Colombo e la vicenda della scoperta
dellAmerica.
Il vero scopritore dellAmerica aveva un cognome con dittongo,
gli occhi a mandorla, una lunghissima e sottile barba pendente sulla
tunica? Lipotesi non è nuova, ma fa sempre un certo
effetto. Già Robert Cewley, in un saggio di storia virtuale,
parlava di scoperta dellAmerica da parte dei cinesi in anticipo
sugli europei. Poi è venuto 1421 - La Cina scopre lAmerica,
di Gavin Menzies, e la sorpresa è enorme. A scoprire il Continente
Nuovo sarebbero stati proprio i navigatori cinesi, una settantina
danni prima di Colombo; e se non resta traccia del loro sbarco,
è stato per via dei rivolgimenti interni alla Cina dellepoca,
che annullarono ogni spinta espansionistica e bloccarono lo sviluppo
dei primi insediamenti provvisori, preludio di durature colonizzazioni.
Sorpresa, certamente, e anche sgomento. Come restare insensibili,
scoprendo che un nonnulla avrebbe potuto rovesciare la storia e
rovesciare le nostre consolidate certezze? Americhe non cristiane
ma buddiste, non anglofoni ma depositari di remoti ideogrammi, con
una Nuova Pechino al posto di una Nuova York,
con un quartiere inglese al posto della Chinatown di una San Francisco
chiamata magari Shao Lin?
Lo studio è serio. Lasciato il comando dei sottomarini, lautore
si è avvalso dellesperienza nautica (cartografia, astronomia,
studio delle correnti) per cercare prove e documentazioni viaggiando
in 120 Paesi e visitando più di 900 musei e biblioteche.
Il risultato non riguarda solo lAmerica, ma finisce per mettere
in dubbio, percorrendo tutti i mari solcati dalle navi degli imperatori
Ming, molte cognizioni storiche e geografiche che noi italiani,
portoghesi, spagnoli, inglesi diamo orgogliosamente per scontate.
Veniamo a sapere, così, che nella prima parte del 1400 la
flotta cinese avrebbe raggiunto anche lAustralia (350 anni
prima di Cook), adottato il sistema di misurazione della longitudine
(con tre secoli di anticipo), doppiato il Capo di Buona Speranza
(oltre 70 anni prima di Bartolomeo Dias e Vasco de Gama), attraversato
lo Stretto di Magellano e circumnavigato il globo (addirittura 60
anni prima che nascesse Magellano).
Per inciso, sarebbe interessante condurre studi approfonditi su
quanto emerge da tradizioni scritte oppure orali, e su scoperte
archeologiche rimaste senza risposte, grazie alle quali sospettiamo
non senza fondamento che i Romani giunsero in Messico nel 200 d.
C., gli islandesi toccarono la costa americana nel 985, i vichinghi
raggiunsero gli Stati Uniti tra lVIII e lXI secolo,
i groenlandesi sbarcarono in Canada nel Mille...
Ma riprendiamo il filo del discorso che precede linciso. La
ricostruzione della scoperta cinese è partita dal ritrovamento
di una mappa del cartografo veneziano Zuane Pizzigano in cui compaiono
due isole, nella zona caraibica, che corrisponderebbero a Portorico
e Guadalupa. Ma come è possibile, se la data segnata (e autentica)
risulta il 1424? Menzies ipotizza che sia stato un mercante al rientro
dallOriente a portare quelle informazioni, già acquisite
sul campo dai cinesi, che in Europa sarebbero dovute restare sconosciute
fin quasi alla fine del secolo. E dalle ricerche sono sbucate altre
mappe dello stesso periodo, giunte probabilmente per la stessa via
in Portogallo e in Spagna e servite in seguito quali guide per gli
scopritori ufficiali, a coronamento di una clamorosa
beffa storica.
La potentissima flotta guidata dallammiraglio eunuco Zheng
He compì le ultime spedizioni tra il 1421 e il 1423, ma in
Cina non ne è rimasta traccia perché, quando i vascelli
fecero ritorno, il Paese era caduto in totale isolazionismo: niente
nuove partenze, proibito il varo di altre navi, bandita la libertà
di commercio con lestero. Tutti i documenti, rapporti, diari,
rilevamenti, distrutti per legge. I segni del transito cinese, pertanto,
andavano ricercati altrove, ai quattro punti cardinali. Per esempio,
attraverso le testimonianze di visitatori successivi (vi trovarono
seta e porcellane?), gli strani trasferimenti di animali e piante
(polli asiatici in America, coltivazioni precoci di riso), la ricerca
di lapidi, incisioni, vestigia di relitti adagiati in fondo agli
oceani (ben sette, con i loro segreti, giacciono sui fondali vicini
alle coste della Florida). E nato da tutto questo il reticolo
che ha consentito a Menzies di tracciare il complicato itinerario
cinese, insieme con la sapienza marinara che ha considerato i venti
che avrebbero sospinto le vele quadre della flotta, le correnti
che ne avrebbero condizionato il cammino, la meteorologia stagionale,
il rischio di incidenti, i tempi di navigazione, di approvvigionamento,
di eventuali riparazioni.
Torniamo alla scoperta ufficiale. E anche in questo
caso le sorprese non mancano. Cristoforo Colombo scoprì
lAmerica nel 1485. Unaffermazione gratuita? Veridica,
alla luce di studi recenti e di una carta del 1513 che costituisce
un rebus per gli specialisti di tutto il mondo dal momento in cui
fu scoperta, nel 1929, dal direttore dei Musei Nazionali turchi.
La carta è custodita, anzi blindata al Topkapi di Istanbul,
dove nessuno può praticamente consultarla, quasi sia un segreto
di Stato. E la celebre carta di Piri Reis, nella quale compaiono
regioni che sarebbero state scoperte secoli dopo, a cominciare dalle
possibili coste di unAntartide riprodotta in una fase preglaciale,
quando si trovava in una posizione diversa da quella attuale e il
suo clima era temperato: una terra antartica talmente precisa e
vista in prospezione aerea, come se fosse stata mappata dallalto,
da scatenare la fantasia degli ufologi e degli investigatori delle
civiltà perdute. Anche se giunta a noi incompiuta, in quella
carta figurano le terre della scoperta colombiana. Nella lunga didascalia
che laccompagna, Piri Reis ha scritto:
Queste coste si chiamano litorale di Antilya. Sono state scoperte
nellanno 890 dellera araba (1485). E si racconta che
un infedele di Genova, chiamato Colombo, ha scoperto queste contrade.
Cadde cioè fra le mani di Colombo un libro in cui apprese
che ai confini del Mare dOccidente, cioè ad ovest,
esistevano delle coste e delle isole, ogni genere di miniere e anche
pietre preziose. Colombo era un grande astronomo (muneccim).
I litorali e le coste che figurano su questa carta sono presi dalla
carta di Colombo... Nessuno nel secolo presente possiede una carta
simile a questa, elaborata e disegnata dallumile sottoscritto
(bu fakir). La presente carta è il prodotto degli
studi comparativi e deduttivi fatti su venti carte e mappamondi,
fra cui una prima carta risalente allepoca di Alessandro Magno
comprendente tutta lecumene, tipo di carta che gli Arabi chiamano
ca feriyye... e infine una carta di Colombo elaborata
per lemisfero occidentale.
La traduzione è di Alessandro Bausani, celebre studioso
scomparso, che nellintroduzione allopera più
importante di Piri Reis, Kitab-ì Bahriyye, presentata a Suleyman
(il Magnifico Solimano) nel 1526-27, sostiene che anche in
questo libro si accenna alla carta di Colombo, e aggiunge: «E
cosa singolare, data limportanza di questopera, che
essa non sia stata finora né scientificamente edita né
tradotta nella sua interezza». E lascia esterrefatti laffermazione
di Bausani, là dove sostiene una «prescoperta»
dellAmerica da parte di Colombo, riferita al 1485, quando
la data fatidica del primo approdo è il fin troppo noto 12
ottobre 1492. Prescoperta confermata anche da uno studio francese
datato Istanbul 1935. Anche in questo caso si parla dellanno
arabo 890. Colombo, dunque, sarebbe sbarcato in terra americana
con sette anni di anticipo rispetto alla data ufficiale dellimpresa.
Il che potrebbe spiegare molte cose finora rimaste nel campo delle
congetture. A cominciare dal famoso predescubrimiento
che molti storici ipotizzano, quando si chiedono: come fece Colombo,
su una rotta mai percorsa, a indovinare in andata e ritorno i venti,
le correnti e tutto il resto; come mai non finì contro le
barriere coralline? Nel primo viaggio Colombo procedette nellAtlantico
come su unautostrada. Come fece a non sbagliare mai? Al punto
che qualcuno, allepoca, lo definì uno sciamano e uno
stregone! Va aggiunto che quando gli equipaggi delle caravelle prepararono
una sedizione per costringere il navigatore a prendere la via del
ritorno, visto che il viaggio nellignoto sembrava non avesse
sbocchi, Colombo offrì la sua testa in cambio di altri tre
giorni di rotta verso ovest. Ed esattamente tre giorni dopo comparve
allorizzonte San Salvador. La certezza dellapprodo avvenne
in piena notte. Colombo, per non correre rischi, come se conoscesse
le insidie di quei mari e di quelle terre, ordinò che si
attendesse per lo sbarco la mattina del 12 ottobre. Erano il giorno
e il mese in cui, nel 1307, Filippo il Bello fece scattare in Francia,
sotto il pontificato di Clemente V, lo sterminio dei Templari. Coincidenza
di ricorrenza da tener presente, visto che il navigatore proprio
dei Templari venne ritenuto erede e, in quanto tale, a suo modo
crociato.
Parliamo di Giovanni Battista Cybo, greco-genovese che era stato
anche vescovo di Molfetta, prima di essere eletto al soglio pontificio
con il nome di Innocenzo VIII, nel 1484, restandovi fino al 1492,
quando una morte quasi certamente non naturale lo colse, alla vigilia
del varo dellimpresa colombiana, aprendo una successione che
avrebbe portato allavvento di Alessando VI, quel Borgia spagnolo
che insieme con i re di Spagna, Isabella e Ferdinando, cambiò
il corso della storia, e soprattutto la verità della storia.
Dissoluto in gioventù (ebbe diversi figli), passato alla
storia per accordi moralmente riprovevoli e trattati politici umilianti
con lImpero Ottomano, e per la bolla Summis desiderantes
affectibus che rinfocolò la superstiziosa credenza
di demoni e di streghe, dando insolito sviluppo ai processi per
stregoneria nel nome del famigerato manuale di casistica per le
procedure, il funesto Maglio delle streghe (Malleus
maleficarum) che conteneva la prassi forense nellambito del
crimen magiae, avrebbe avuto in Colombo un nepos
(figlio o nipote), comunque un consanguineo: circostanza che si
potrebbe verificare solo se larchivio vaticano fosse disposto
a consentire ricerche, finora ferreamente precluse. Sicché,
come ha scritto Ruggero Marino, la storia di Colombo e di papa Cybo
costituisce una sorta di labirinto senza fondo, dove troppo spesso
una possibile verità può diventare il suo contrario,
in un gioco di specchi che sembra senza fine.
Da giovane, Piri Reis (nel 1486) visitò le città
costiere della Spagna, proprio nel periodo in cui Colombo soggiornava
in quei luoghi, e trasportò per sei anni, con lo zio Kamal
Reis, musulmani spagnoli in Africa settentrionale, quando era ancora
un «corsaro indipendente», non ufficialmente al servizio
della Sublime Porta; in una fase in cui Occidente e Oriente si combattevano,
pur essendo aperti a una soluzione concordata del conflitto tra
cristiani e islamici; quando un accordo promosso da Isabella, Ferdinando
e Innocenzo VIII segnò la fine della guerra degli spagnoli
contro i mori. Nulla vieta, dunque, che Colombo e Piri Reis si siano
incontrati, per una trasversalità di rapporti che era prerogativa
di molte menti illuminate dellepoca e in linea con la componente
eretica del genovese (che fra laltro venne accusato
di voler cedere il Nuovo Mondo ai musulmani); in vista di una pace
universale; in un disegno che rientrava nella mentalità cavalleresca,
o di certi cavalieri; in una Spagna che si riteneva erede della
mitica Sefarad, cioè una civile e armoniosa convivenza fra
cristiani, ebrei e musulmani; in questo sogno rinviato a tempi più
propizi, quelli di unetà delloro che Colombo
prometteva con le ricchezze dell«otro mundo»;
in un sincretismo che passava tra la «persuasione per amore»
e la complicità delle parti, espresso da San Francesco che
aveva incontrato, cercando di convertirlo, il Saladino; nel contesto
di una crociata esaustiva per completare la grande opera,
lecumene cristiano, anche a costo di usare la croce come spada,
con il navigatore fregiato dellinvestitura di ultimo crociato.
Allora: la carta di Piri Reis riporta con sorprendente fedeltà
le coste delle Americhe, di Antilya, (per alcuni: anti-India). Erano
le mappe di cui disponeva Colombo; che erano in Vaticano, nella
biblioteca di papa Innocenzo; che visionò Pinzon, nocchiero
(e traditore) delle caravelle, recandosi a Roma nella primavera
del 1492, come testimoniò un marinaio nella lunga vertenza
dei Pleitos colombinos, (Processi o dispute colombiane),
che la famiglia Colombo ebbe con la corte spagnola; che decretarono
la fine del papa, del quale ci si doveva sbarazzare per appropriarsi
impunemente delle nuove terre, con lavvento del Borgia-Alessandro
VI al soglio pontificio.
Latteggiamento di Pinzon, già dallinizio del
viaggio, fu quello di un traditore. Non a caso farà la fine,
appena sbarcato in Spagna al ritorno, che avrebbe dovuto fare Colombo.
Il quale, appresa alle Azzorre la morte di papa Cybo e saputo che
pontefice era diventato il Borgia, preferì cercare lapprodo
in terra portoghese: terra per lui pericolosa, per le pendenze,
mai chiarite dalla storia, con un re che pure si dichiarava suo
amico; ma meno pericolosa di quella spagnola, dove riportava un
mondo doro, che in larga parte doveva servirgli per la crociata
promessa a Innocenzo VIII, al quale aveva chiesto in cambio lelezione
del figlio minore, Diego, a cardinale.
Lintrico si fa più avvincente quando Piri Reis chiarisce
che la carta di Colombo ha origine da una carta di Alessandria,
la città fondata da Alessandro Magno. Ma non doveva trattarsi
della geografia di Tolomeo, perché lemisfero delle
carte tolemaiche ignorava laltra faccia del nostro pianeta,
quella che Colombo invece doveva conoscere bene.
Che Colombo non abbia mai compreso dove fosse giunto e che sia morto
convinto daver toccato le coste dAsia è una delle
più infami mistificazioni che continuano a perseguitare il
navigatore. Si è trattato della più riuscita opera
di disinformazione, da una parte, e di marketing promozionale, dallaltra,
della storia. La prima a danno di Colombo e di Innocenzo VIII, la
seconda a favore dei re di Spagna (fu il Borgia papa Alessandro
VI, nel 1493, a fissare la divisione fra le zone americane sottoposte
allinfluenza della Spagna e del Portogallo; e i Borgia erano
spagnoli di Valencia).
Sia pure con qualche errore, Colombo sapeva benissimo che le terre
da lui scoperte non erano le Indie tradizionali, intanto per i calcoli
che aveva fatto personalmente, e poi perché non poteva non
conoscere Eratostene di Cirene, chiamato a dirigere la celeberrima
biblioteca di Alessandria, il quale durante un solstizio destate,
servendosi di un gnomone, aveva misurato con esattezza ineccepibile
il perimetro del globo, facendo perno sulla lunghezza totale del
meridiano terrestre, che risultò di 252.000 stadi, vale a
dire 40 milioni di metri: anche questa, informazione preziosa per
il genovese, definito da Piri Reis «un grande astronomo»,
un grande uomo di scienza, singolare riconoscimento da parte di
uno scienziato musulmano, in un tempo in cui Cristianesimo e Islam
si combattevano per il dominio del mondo, senza esclusione di colpi.
La prescoperta del 1485 giustificherebbe la baldanzosa sicumera
di Colombo, compresi i campanelli, le perline, gli specchietti e
le altre chincaglierie da regalare agli indigeni. E anche se Paolo
Emilio Taviani ha parlato di «anno 896 del calendario arabico»,
corrispondente al 1490-91 dellera cristiana, sempre
di predescubrimiento si tratta. Si noti: nella tomba
(lunica traslata dalla vecchia basilica costantiniana alla
nuova, per uno strano omaggio a un pontefice colpito da damnatio
memoriae) in San Pietro di Innocenzo VIII, al terzo rigo dellepigrafe,
sotto il maestoso mausoleo del Pollaiolo, si legge: «Novi
orbis, suo aevo inventi gloria», ovvero nel tempo del suo
pontificato ci fu «la gloria della scoperta di un Nuovo Mondo»:
il terzo continente, secondo il dogma trinitario della cosmografia
dellepoca, che proprio tre terre emerse prevedeva. E che Colombo
percorse e ripercorse nella sua parte più sottile (Panama),
alla ricerca di un passaggio marino fra Nord e Sudamerica che lo
portasse al Catai e, da qui, al monte Sion. Papa Cybo restò
al soglio di Pietro dal 1484 al 25 luglio 1492. Che il Terzo Continente
sia stato scoperto nel 1485 o nel 1491, cambia poco: nel tempio
della verità cristiana quella lapide sembra attestare, appunto,
la verità.
Fra laltro, Innocenzo VIII fu definito «il papa marinaro».
Per quale ragione? E se padre e figlio (o nipote) fossero andati
insieme alla ricerca del Mondo Nuovo, da consegnare alla Cristianità
imperante nel mondo? E se ci fosse andato da solo? E se avesse finanziato
un viaggio di Colombo prima delle esplorazioni ufficiali? La fantasia
può correre oltre ogni confine, attivata dai misteri che
per oltre cinquecento anni hanno avvolto (e forse volontariamente
gestito) limpresa colombiana.
|