Marzo 2003

DALLE BANDE ALLE ORCHESTRE

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Echi dagli Inni
Sergio Bello
 
 

 

 

Durante
il Risorgimento
il famoso
“Va’ pensiero”
e altri canti furono forti rivali del
nostro attuale
Inno nazionale.

 

Come concetti e funzioni istituzionali, gli inni nazionali appartengono a epoche abbastanza recenti. L’origine, probabilmente, si trova in Inghilterra nella seconda metà del XVIII secolo, col brano “God Save the King”, eseguito nel 1745 al Drury Lane Theatre di Londra come brano patriottico, ben presto diventato popolare in tutta la nazione. Il Regno Unito, dunque, è rimasto il luogo deputato dell’inno nazionale. Ne ritroviamo traccia nel XIX secolo (1825) con il “national anthem”. Le altre nazioni seguiranno l’esempio creando propri inni, assurti a vessilli in tutte le manifestazioni culturali e politiche. Lentamente, la loro funzione mutò nel tempo, passando da omaggio a un capo di Stato straniero ad emblema della nazionalità tout court; spesso, però, venne affiancato da motivi più celebri, come nel caso del verdiano “Va’ pensiero”, che ha minacciato molto da vicino l’Inno di Mameli.
Bisogna chiedersi se l’inno nazionale debba essere frutto di un’esperienza popolare o di una forma di governo o di un retaggio del passato. La risposta è riscontrabile nei Paesi che vantano governi stabili, che fruiscono dello stesso inno. In altre situazioni, i compositori sono di nazioni diverse: è il caso dell’inno americano scritto da un inglese, di quello boliviano scritto da un italiano, di quello spagnolo scritto da un tedesco. Ci sono anche inni utilizzati da più Paesi: l’inno britannico è suonato anche in Svizzera, nel Liechtenstein, in Germania, in Svezia, in Danimarca e in America.

Un’ulteriore sfaccettatura nella conoscenza degli inni riguarda la presenza di illustri compositori che, pur non dedicandosi espressamente a questo scopo, videro le loro composizioni diventare inni di importanti nazioni. Come sempre, esistono delle eccezioni: Franz Joseph Haydn compose l’inno austriaco, oppure Hans Eisler vinse il concorso per l’inno della Germania dell’Est (DDR). Se pochi musicisti hanno mostrato scarso interesse per questo versante musicale, altri si sono divertiti a variare, scomporre, riorchestrare e parafrasare i più importanti inni. Stockhausen scrisse “Hymnen” costruendolo su citazioni di numerosi inni nazionali. L’ “Inno delle nazioni”, creato da un lungimirante Verdi, su testo dello scapigliato Arrigo Boito, ne era un prezioso precedente.

Analizzando le caratteristiche degli inni delle nazioni più importanti, notiamo che in Austria dal 1797 fino alla fine dell’Impero absburgico l’inno fu il celebre brano “Kaiser Lied”, di Haydn, su testo di Lorenzo Leopold Haschka. La composizione fu il frutto di un’idea del conte di Daurau, il quale desiderava che la propria patria avesse un inno della caratura di quello britannico. Ecco allora nascere la partitura di Haydn che venne utilizzata dallo stesso compositore nel Quartetto 76 n. 3, conosciuto come “Kaiser Quartett”. Nel 1920 il brano fu sostituito da “Deutsche Osterreich Du herrliches Land” scritto da Wilhelm Kienzel su testo di Karl Renner. Nel 1922 la composizione di Haydn fu utilizzata dalla Repubblica di Weimar in una versione del 1841: “Deutschland, Deutschland, Uber Alles!”. Nel 1929 l’inno fu reintrodotto in Austria, affiancato al brano nazista “Lied der jugend”, scritto da Herman Leopoldi. Nel dopoguerra l’inno fu nuovamente cambiato, adattato a una melodica attribuita a Mozart, con testo di Paula Peradovic.
In Belgio, il brano “Brabançonne” fu composto nel 1830 da François van Campenhout durante la rivoluzione per l’indipendenza dell’Olanda. Forse la musica discende da un canto dei lancieri polacchi, antico corpo militare del Brabante. Il testo fu sostituito nel 1860 con “Aprés des siècles d’esclavage” di Charles Rogier. Il popolo fiammingo, invece, ha un altro inno, “De Vlaamse Leeuw”, scritto nel 1845 da Karek Miry su testo di H. van Peene. Nel 1951 si verificò un ulteriore cambiamento, dato che si adottò la “Brabançonne”, ma nella versione fiamminga “O Vaderland, o del land der Belgen”.
E in Francia? Si dice che la “Marseillaise” sia il brano più noto al mondo. Le strofe iniziali furono scritte a Strasburgo tra il 24 e il 26 aprile 1892 da Claude Joseph Rouget de Lisle su incarico del barone P.F. Dietrich, all’epoca borgomastro della città. Il brano doveva servire come marcia per i soldati del maresciallo Luckner. Ben presto, dal titolo primario “Chant de guerre pour l’armée du Rhin” si cambiò in “Marche de Marseille”. La composizione servì come canto per i volontari di Marsiglia quando entrarono a Parigi nel 1792. Divenuta vessillo della Rivoluzione, nel 1795 fu adottata ufficialmente come Inno su decreto della Convenzione del 7 luglio. Sotto Napoleone III fu sostituito da “Partant pour la Syrie”, utilizzato nel “Carnaval des animaux” di Saint Saens del 1886. Nel 1879, caduto l’impero napoleonico, la “Marseillaise” fu ripristinata, venendo utilizzata nel 1864 dal partito socialdemocratico tedesco.

Si trovano moltissimi brani tratti dalla “Marseillaise” in composizioni classiche, tra le quali citiamo di A. Salieri il coro introduttivo della “Palmira”, del 1795, oppure R. Schumann in “Faschingschwank Wien” op. 26 per pianoforte, del 1839. R. Wagner la utilizzò nella lirica “Les deux grénadiers”, del 1839, e F. Liszt nel poema sinfonico “Heroide funèbre”, del 1851.
Per quel che riguarda la Germania, il discorso è più articolato. Fino a poco tempo fa, l’inno della DDR in uso dal 1949 fu “Auferstanden aus Ruinen” scritto da Johannes R. Becher con la musica di Hanns Eisler. Dopo la seconda guerra mondiale la Repubblica Federale (BRD) adottò come brano il “Lied der Deutschen” con la musica di Hermann Reutter su testo di R.A. Schroder “Land dee Glaubens deutsches Land”. Nel 1950 fu riammessa la celebre composizione di Haydn, citata già per l’Austria.
Sono stati numerosi gli inni e i canti patriottici utilizzati dai tedeschi nei secoli. Si può ricordare “Bayern, o Heimateand (Hei?)”, scritto nel 1848 da Franz Lachner, oppure “Gott mit dir, du Land der Bayern” composto da Konrad Max Kunz prima del 1857 su testo di Michael Ochsen. L’inno della monarchia bavarese dall’inizio della proclamazione del regno nel 1806 fu “Heil unserm Konig, heil!”, simile alla melodica dell’inno inglese.
Durante la prima guerra mondiale furono due gli inni preferiti, usati più tardi dai nazisti, dato che durante il Terzo Reich, oltre a “Deutsclandlied” venne adottato l’inno nazista “Die Fahne hoch”, noto come “Horst wessel Lied”, che prese nome dall’autore del testo, adattato poi alla melodia di “music-hall”.

Nel Regno Unito, in molti hanno tentato di scoprire l’esatta paternità di “God save the King”, ma nessuno è riuscito a scoprire la sua genesi. Forse si tratta dell’elaborazione di brani popolari. L’inno inglese, comunque, venne adottato nel 1811 in Svizzera, utilizzando un testo di Rudolf Wyss dal titolo “Rufst Du, mein Vaterland”. In America, dopo la proclamazione dell’indipendenza, il brano fu utilizzato con alcune modifiche. Ad esempio, “God save George Washington”. Alcuni compositori lo utilizzarono come elemento tematico dei loro brani. Fra questi, Beethoven, il quale inserì il tema nelle variazioni per pianoforte del 1803; Donizetti lo impiegò nella Sinfonia dell’opera “Roberto Devereux”, datata 1837; Brahms lo utilizzò nel “Triumphlied” op. 55, dedicando il brano all’imperatore Guglielmo I nel 1871.
Rimanendo in Gran Bretagna, si può ricordare l’altro inno inglese, “Rule Britannia”, un brano scritto da A. Arne per il masque “Alfred”, su testo di James Thomson e David Mallet. Prima esecuzione, nel 1740, alla Cliefden House, residenza del principe di Galles. Il brano si legava profondamente all’ambiente politico e principalmente patriottico, poiché si ispirava al sentimento antigiacobita. Anche in questo caso troviamo un legame con l’ambiente sinfonico, dato che il compositore J.F. Haendel utilizzò la melodia nell’ “Occasional Oratorio”.
Come si vede, attraverso il tempo gli inni ebbero modificazioni impensabili, servendo come preziosi elementi per sviluppare brani di rilevanti e ormai mitici musicisti. In Russia troviamo un inno rimasto in auge fino al 1917, cioè per tutto il periodo zarista, e precisamente “Boze, Tsarja Chrani” (Dio, salva lo Zar), scritto da V.A. Zukovskij nel 1833 per desiderio di Nicola I. Ciajkovskij ne utilizzò la melodia nella “Marcia slava” op. 31, del 1876. Anche Umberto Giordano la inserì nella “Fedora” del 1898.
Dopo la rivoluzione, il brano venne sostituito dall’ “Internazionale”, scritta nel 1871 da Pierre Degeyter, con il testo di Eugène Petier. L’attuale inno ufficiale “Sojuz nerusimy respublik svobodnich” (Eterna alleanza di libere repubbliche) fu composto nel 1942 da Aleksandr Vasil’evic Alexandrov su testo di Lebedev-Kumach. Infine, le parole furono cambiate con altre di Sergej Michalkov ed Elj Registan.
In Polonia, l’inno “Jeszcze Polska nie zginela” (La Polonia non è ancora perduta) risale al canto patriottico antirusso, già noto nel Settecento. Il testo fu scritto da Jòzef Wybicki, un giovane legionario che lo adattò a una musica polacca. Fu riconosciuto ufficialmente nel 1927, e il testo fu modificato nel 1948.

Per l’Italia, durante la monarchia sabauda fu usata la “Marcia reale d’ordinanza”, commissionata nel 1831 dal re di Sardegna, Carlo Felice, al direttore di banda Giuseppe Gabetti. Il brano fu usato fino alla caduta di Mussolini. Dopo, furono usati due brani, l’ “Inno del Piave”, di E.A. Mario, e “Fratelli d’Italia”, scritto nel 1847 da Goffredo Mameli e musicato da Michele Novaro col titolo “Canto degli Italiani”. Dopo l’avvento della Repubblica, il brano si modificò in “Inno di Mameli”. Ma va sottolineato che durante il Risorgimento il famoso “Va’ pensiero” e altri canti, come l’ “Inno di Guerra” dei Cacciatori delle Alpi, scritto nel 1851 da A. Olivieri su testo di Luigi Mercantini dal titolo “All’armi, all’armi! Si scopron le tombe”, oppure il brano fascista “Giovinezza”, in origine canto goliardico scritto da Giuseppe Blanc nel 1909 e modificato da Salvator Gotta in “Su compagni, in forti schiere”, furono forti rivali del nostro attuale Inno nazionale.
Sono molte le nazioni che hanno adottato un inno. L’Islanda, l’Irlanda, la ex Jugoslavia, la Turchia, l’Iraq, altre ancora, hanno la loro storia e un passato musicale di grande tradizione che risale alla notte dei tempi. Ma possiamo concludere con l’America, che ha come vessillo musicale un brano tratto da una lirica anacreontica di origine, ovviamente, inglese dal titolo “To Anacreon in Heaven”, composta da John Stafford Smith per l’ “Anacreontic Society” di Londra, un’associazione massonica attiva tra il 1771 e il 1794. L’inno attuale ha come titolo “The star Spangled Banner”, il cui testo scritto da Francis Scott Key venne creato tra il 13 e il 14 settembre 1814 a bordo della nave “Surprise” alla fonda nel porto di Baltimora. Anche Puccini usò una parte della melodia in “Madama Butterfly”, avvalorando una volta di più la rielaborazione delle musiche nazionali da parte dei compositori classici.
Oltre all’inno ufficiale, sopravvivono altri brani patriottici, tra i quali ricordiamo “Yankee Deodle”, di origine incerta, poiché esistono numerose paternità. Di sicuro si sa che nel 1771 la melodia era nota nelle colonie inglesi del Nuovo Mondo.

   
   
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