La seconda
religione al mondo segue gli
insegnamenti
del Corano, il quale afferma che nessun musulmano deve guadagnare
soldi dalla riba,
o usura, imponendo un divieto esteso
ai tassi dinteresse.
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Alcuni dei clienti dello sceicco Saleh Kamel lasciano i soldi in
deposito senza chiedere alcun interesse. Altri insistono per commercializzare
gratis i servizi del Dallah AlBaraka Group di proprietà dello
stesso sceicco. I clienti delluomo daffari saudita non
sono pazzi: sono musulmani. E lAlBaraka Group, da lui controllato,
opera secondo i dettami canonici della Legge islamica.
Invece di pagare interessi sui depositi, come le banche normali,
AlBaraka investe i soldi nello scambio di beni e in altre transazioni
commerciali, poi dà ai clienti una quota dei profitti. Invece
di riscuotere interessi dai mutuatari, offre fondi per acquistare
beni e per noleggiare attrezzature, poi aggiunge il proprio margine
di profitto come parte delloperazione. Questo tipo di procedure
consente ai musulmani di svolgere le loro operazioni bancarie senza
infrangere il precetto islamico che vieta il prestito a interesse.
«Vengono da noi perché rispondiamo alle loro esigenze
religiose», chiarisce il direttore generale in tunica grigia
della consociata del gruppo in Bahrein, lAlBaraka Islamic
Investment Bank.
La banca offre una curiosa miscela di nuovo, di antico e di inaspettato.
Il direttore ha un terminale di computer sulla scrivania per tenersi
aggiornato sui movimenti del mercato mondiale. Fuori, nei corridoi
e negli uffici, le segretarie indossano un velo nero. Ed è
capitato che un giorno la banca ha ricevuto la visita di un insegnante
di scuola superiore di Dubai che si lamentava perché la consociata
non faceva abbastanza per promuovere i propri prodotti tra i musulmani
osservanti. Quelluomo se ne è andato con un gran fascio
di moduli per gli amici che probabilmente avrebbero aperto un conto.
E tutta unaltra cosa rispetto a Wall Street, ma lattività
bancaria islamica è unimportante nicchia di mercato
in espansione. Sebbene non si conoscano dati precisi, si valuta
che lammontare mondiale dei fondi amministrati secondo i princìpi
musulmani raggiunge cifre che superano i cento miliardi di dollari.
Si possono trovare istituzioni finanziarie specialistiche islamiche
in quasi tutti i Paesi musulmani, dalla Mauritania alla Malaysia,
e questultima è in corsa con il Bahrein per diventare
il centro planetario del settore.
Limportanza di questa tendenza non è trascurata dai
giganti bancari occidentali. La Citibank, ununità produttiva
della Citicorp statunitense, gioca da molto tempo in questo campo
e ha in gestione parecchi miliardi di dollari in fondi islamici.
Ha inaugurato in Bahrein una consociata bancaria islamica a tutti
gli effetti, la Citi Islamic Investment Bank. Anche lAbn-Amro
Holding Nv, olandese, ha organizzato in questo emirato del Golfo
Persico un gruppo di persone per operazioni bancarie di tipo islamico.
Il settore è solo poco più in là dei primi
passi e rimangono molti ostacoli alla sua maggiore espansione internazionale.
Ad esempio, non esiste mercato monetario accettabile per lIslam.
Né esistono regole contabili standardizzate. Ma gli esperti
bancari sono ottimisti e ritengono che questi intoppi prima o poi
potranno essere superati. «E un mercato destinato a
registrare grandi sviluppi», prevede un funzionario dellufficio
marketing della Hsbc Holdings Plc di Londra. «La consideriamo
unarea ricca di opportunità».

Poiché i tassi di risparmio crescono e vengono creati nuovi
prodotti, il settore può contare su unespansione annuale
almeno del 10-15 per cento. Specifica Samuel L. Hayes, docente di
Finanza alla Harvard Business School: «Non credo che ci siano
limiti di crescita per lattività bancaria islamica».
Il potenziale demografico del settore è enorme. LIslam
è, per diffusione, la seconda religione al mondo, dopo il
Cristianesimo. Il suo miliardo e passa di fedeli segue gli insegnamenti
del Corano, il quale afferma che nessun musulmano deve guadagnare
soldi dalla riba, o usura, imponendo un divieto esteso
ai tassi dinteresse.
Fino a poco tempo fa, questo insegnamento non impediva a molti musulmani
di concludere affari con banche convenzionali. Ma ora, con la forte
ripresa del sentimento religioso, sta crescendo la richiesta di
servizi bancari di tipo islamico e le banche rispondono con una
gamma più vasta di offerte. «Nuove idee e una nuova
tecnologia stanno attirando nuovi clienti», afferma Iqbal
Abmad Khan, direttore generale della Islamic Investment Company
of the Gulf (Bahrein). «Stiamo vivendo una fase molto interessante».
La crescita dellintegralismo islamico aiuta indirettamente
a stimolare lo sviluppo. Sempre più clienti e impiegati di
compagnie di assicurazioni, di fondi pensionistici e grandi industrie
fanno pressione perché le aziende seguano la Legge islamica.
E molti musulmani che si sono arricchiti con gli alti prezzi del
petrolio, già a partire dagli anni Settanta e Ottanta, ora
si stanno avviando alla pensione e vogliono orchestrare affari e
faccende spirituali. Nel frattempo, la diffusione dei computer ha
facilitato transazioni troppo lunghe per contabili che devono vedersela
con la penna e con i libri mastri.
In alcuni Paesi il settore riceve anche una spinta regolatrice.
Iran, Pakistan e Sudan, ad esempio, hanno approvato una legislazione
che obbliga il loro sistema bancario secondo i princìpi islamici.
Altri Paesi a prevalenza musulmana, come la Malaysia e lIndonesia,
vantano invece floride istituzioni islamiche accanto alle banche
convenzionali. Tra queste figurano sul mercato la Goldman Sachs
& Co. e la Dresdner Bank: entrambe negoziano beni economici
per conto di clienti islamici. La United Bank del Kuwait amministra
vari miliardi di dollari di fondi leasing, usando denaro islamico
per finanziare compagnie azionarie di primordine negli Stati
Uniti. E la banca commerciale britannica Robert Fleming & Co.
ha lanciato da qualche anno un fondo di investimento che ha raccolto
oltre 100 milioni di sterline (superando i 300 miliardi di vecchie
lire italiane) di investimenti in azioni ordinarie accettabili per
lIslam. Il che significa niente fabbriche di birra, distillerie,
compagnie che fanno speculazioni, o banche in stile occidentale.
Malgrado le radici religiose, si tratta di affari molto concreti,
con reali obiettivi di impresa, sfide e limitazioni. Gli investitori
islamici, come gli investitori di tutto il mondo, non intendono
farsi spennare. Gli interessi sono banditi, ma la maggior parte
delle operazioni commerciali islamiche usa i tassi dinteresse
di mercato come parametro. La differenza sta nei sottintesi imperativi
di tipo etico e anche qui saltano fuori alcune significative eccezioni.
Molti prodotti che da poco stanno emergendo aprono nuove frontiere
alla finanza islamica. Ma alcuni sono così fluttuanti che
non è chiaro se riceveranno lapprovazione degli studiosi
e degli esperti della Legge coranica che esercitano un potere immenso
nel decidere quali pratiche siano accettabili e quali altre no.
Prendiamo la gestione delle passività, in cui le banche cercano
di fare luso più redditizio dei saldi di cassa a breve
termine, mentre hanno abbastanza denaro disponibile per far fronte
ai prelievi del cliente. «E uno dei terreni più
delicati dellattività bancaria islamica», sostiene
Abdelhak el-Kafsi, a capo del settore bancario di tipo islamico
presso lArab Banking Corp., o Abc, controllata dai governi
del Kuwait, della Libia e degli Emirati Arabi. Delicato, quanto?
Nel suo ufficio dalle pareti nude, in Bahrein, affacciato sul blu
del Golfo Persico, il funzionario vestito alloccidentale delinea
alcune delle insidie nascoste. A differenza delle banche convenzionali,
quelle islamiche non possono dare o prendere a prestito denaro per
andare incontro alle necessità di gestione della liquidità
a breve termine, puntualizza Kafsi. Questo le scoraggia dallinvestire
a lungo termine, nel timore di poter avere problemi a mobilizzare
fondi in fretta e furia.
La maggior parte degli affari dellAbc si svolge secondo i
sistemi bancari tradizionali. Ma, nellintento di espandere
loperatività islamica, è stato ideato un prodotto
per risolvere la complessa questione del mercato monetario. Il progetto
è stato quello di vendere titoli azionari di una consociata
che conducesse operazioni di scambio e leasing secondo metodi accettabili
per lIslam. Lattività imprenditoriale dellazienda
è stata strutturata in modo che i titoli segnino regolari
aumenti di valore. Le banche e gli altri partecipanti sul mercato
li permutano a breve termine o con scadenza quindicinale, investendo
la liquidità in eccedenza e mobilizzando fondi quando necessario.
La Chemical Banking americana permuta titoli su contratti leasing.
Fin qui, tutto bene. Ma progetti come questi possono essere varati
solo quando i consiglieri religiosi dichiarano la loro conformità
alla Legge islamica, la Sharia. Il guaio è che i titoli
di credito possono essere interpretati come uno strumento che comporti
il pagamento di utili, anche se, alle spalle, hanno un bene tangibile.
Diversi gruppi di dottori della legge, cioè di
mullah, hanno punti di vista discordanti sullaccettabilità
di queste operazioni. Alcuni, soprattutto nel Sud-Est asiatico,
optano per un approccio accomodante, mentre altri sono più
rigorosi. Il Comitato per la Sharia formato da studiosi islamici
nominati come consulenti dalla Al Rajhi Banking and Investment dellArabia
Saudita, ad esempio, pretende regolarmente di vedere i beni materiali
alla base delle operazioni commerciali nelle quali i suoi banchieri
investono per conto dei clienti. Per i membri del Comitato, linvestimento
in un titolo di mercato monetario intangibile sarebbe lequivalente
di un anatema.
Riluttanze religiose di questa natura hanno finora impedito al sistema
bancario islamico di svilupparsi in qualcosa di più di un
mercato specializzato. Al Rajhi una delle maggiori banche
del mondo a operare esclusivamente secondo linee di condotta islamiche
ha un attivo di oltre 15 miliardi di dollari. Citicorp e
Abn-Amro, invece, hanno attività superiori ai 300 miliardi
di dollari a testa. Dar al-Maal al-Islami, un gruppo con sede a
Ginevra controllato dal principe saudita Mohamad al Faysal al Saud,
ha un attivo totale di soli cinque miliardi di dollari.
Lespansione è ulteriormente frenata dalla mancanza
di un accordo internazionale su come le banche islamiche debbano
essere regolamentate. Nel 1993 Albaraka dovette chiudere una consociata
nel Regno Unito dopo che la Bank of England sollevò questioni
sulla mancanza di unultima fonte di credito. E lassenza
di standard contabili comuni rende arduo per gli osservatori esterni
valutare la forza finanziaria di istituzioni individuali.
Il Bahrein, nello sforzo di farsi accettare come centro mondiale
del sistema bancario islamico, varò una campagna per risolvere
questi problemi. Funzionari del suo organismo finanziario si incontrarono
regolarmente con le banche di credito ordinario per appianare intoppi
nellattività. La campagna ricevette unulteriore
spinta dal fatto che questo minuscolo Paese, con una popolazione
di 600 mila abitanti, ha centinaia di banchieri, conseguenza dellemergenza
del Bahrein nellultimo quarto di secolo come baricentro finanziario
dellarea, ruolo che fu un tempo di Beirut.
Di recente, la stabilità del Bahrein è stata scossa
da una serie di attentati, e da scontri fra polizia e integralisti
islamici. Malgrado questi avvenimenti, la posizione geografica di
questo Paese presenta vantaggi considerevoli: è vicino allArabia
Saudita, sede dei due luoghi più sacri dellIslam, La
Mecca e Medina, e ad alcuni dei più rilevanti patrimoni del
mondo islamico. Anche se il veto sulla riba è
antico come il Corano, le prime istituzioni finanziarie dei tempi
moderni condotte secondo direttive islamiche nacquero solo negli
anni Cinquanta, quando alcune casse di risparmio rurali furono istituite
in Egitto, durante la rivoluzione di Nasser. Offrivano solo rudimentali
facilitazioni di deposito, e la prima istituzione islamica completa
non fu creata che nel 1975.
La Dubai Islamic Bank, come venne chiamata, fu fondata negli Emirati
Arabi da un uomo daffari appoggiato dallemiro locale.
Cominciava la sua vita proprio quando il boom del petrolio trasformava
Dubai da una sgangherata cittadina portuale costruita con mattoni
di fango in una brulicante città di grattacieli scintillanti.
Ma presto la banca esaurì le opportunità di investimento
a Dubai e fu obbligata a guardare allestero. Purtroppo per
i clienti, la scelta dei partner stranieri ebbe solo un parziale
successo. Sul versante positivo, furono stabiliti legami con Kleinwort,
la banca mercantile britannica che stava progettando un affare lucroso
con le operazioni finanziarie islamiche. Con un volume annuo per
questo tipo di prodotto di quasi sette miliardi di dollari, Kleinwort
è uno dei maggiori speculatori occidentali nel campo. Sul
fronte negativo, la banca di Dubai depositò fondi con la
Bank of Credit & Commerce International. Quando la Bcci crollò,
nel 1991, tra le accuse di frode per molti miliardi di dollari,
alla banca di Dubai restò una perdita di 50 milioni di dollari.
Secondo i princìpi di compartecipazione ai rischi del sistema
bancario islamico, le perdite vennero passate agli investitori sotto
forma di profitti più bassi. Il fiasco, collegato a perdite
analoghe in due altre banche islamiche in Egitto e in Qatar, segnò
uno spartiacque per lattività bancaria islamica.
Da una parte, suggerì ai professionisti di prestare più
attenzione agli attivi dei bilanci. Con la guerra del Golfo appena
finita e le enormi somme necessarie per finanziare la ricostruzione
del Kuwait, una nuova generazione di banche di investimento islamiche
si accinse a organizzare operazioni finanziarie per un nuovo gruppo
di clienti esigenti. La combinazione di circostanze «obbligò
il sistema bancario islamico a diventare più innovativo»,
sostiene Ahmed al Janahl, direttore generale in Bahrein dellInternational
Investment Group, con base in Kuwait.
Oggi, la Dubai Islamic Bank presenta il volto tradizionale del sistema
bancario islamico. Nella hall delledificio a otto piani che
è la sua sede centrale, cassieri baffuti in bianche vesti
e acconciatura beduina servono i clienti sotto un pannello dorato
su cui un passo del Corano descrive minutamente il divieto islamico
dellusura. I membri del personale infarciscono i loro discorsi
di proverbi e riferimenti religiosi. Con attivi che superano i due
miliardi e mezzo di dollari, «il nostro primo e principale
scopo è di presentare servizi di tipo islamico ai musulmani,
seguendo la giusta procedura per ottenere profitto», afferma
Osman Mukhtar, a capo degli investimenti e delle relazioni estere
della banca. Altre società islamiche sono invece decise a
portare nel mondo musulmano la moderna attività di investimento.
Le punte più avanzate di questo tentativo sono lInternational
Investment Group, o Lig, di proprietà di investitori pubblici
e privati kuwaitiani e del gruppo AlBaraka; e la Islamic Investment
Company of the Gulf, o Licg, di proprietà di Dar al-Maal
al-Islami.
Di recente la Lic è stata pioniera di una delle prime emissioni
pubbliche del mondo islamico con il lancio della National Real Estate
del Kuwait. Ha anche varato con successo un fondo leasing usando
denaro islamico per finanziare investimenti di capitale di compagnie
americane e ha organizzato strutture consorziate di finanziamento
a imprese del Medio Oriente, compresa la Saudi Cable.
La Licg, nel frattempo, ha organizzato operazioni di finanziamento
a medio termine (per esempio, due progetti autostradali in Turchia)
che coinvolgono fornitori di capitali islamici insieme ad agenzie
di credito per lesportazione e banche occidentali. «Tutte
le nostre transazioni sono regolate con grande precisione per assicurare
la partecipazione sia delle istituzioni tradizionali sia di quelle
locali», conferma Khan, il direttore generale di origine indiana
della Licg in Bahrein, che ha lavorato in due banche di investimento
statunitensi. Simili combinazioni di finanziamento convenzionale
e islamico potrebbero essere una chiave per la futura crescita del
settore. Finora, miscele di questo genere si sono dimostrate difficili
a causa delle complessità legali e per la riluttanza delle
banche islamiche a investire a lungo termine. Ma diversi professionisti
sia islamici sia occidentali sembrano ottimisti, dato che le crescenti
richieste di investimenti da parte del mondo islamico attraggono
i banchieri occidentali che cercano nuove e lucrose opportunità.
Nel mondo musulmano «cè un gran vassoio di fondi
a cui attingere», sostiene Tony Asselly, direttore della banca
di investimento britannica Schroder Asselly & Co. «Data
la scarsità di capitale e viste le necessità dei progetti
su larga scala, varrebbe la pena esplorarlo».
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