Giugno 2003

ORO BLU: ACQUA PER LA PACE

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Il “Fattore A”
Michail Gorbaciov
Premio Nobel per la Pace
 
 

Le falde acquifere sono state
prosciugate in molti Paesi, tra i quali
la Cina, l’India
e gli Stati Uniti, che insieme producono poco più della metà dei raccolti di
granaglie del mondo.

 

Acqua per la pace: questo progetto della Croce Verde Internazionale che presiedo si concentra al momento sulla promozione della cooperazione riguardo la gestione di sei bacini fluviali transfrontalieri dislocati in tutto il mondo. L’acqua può contribuire a una pace duratura unendo le popolazioni nel perseguire l’obiettivo comune di fornire questo prezioso liquido in misura sufficiente per ognuno.
Ciò comporta un importante cambiamento di valori e di percezioni: bisogna passare dal considerare l’acqua come un bene da sfruttare, spesso a danno del vicino e dell’ambiente, a ritenerla invece come una fragile risorsa da utilizzare a beneficio di tutti, come una strada che conduce a una maggiore collaborazione e a una reciproca fiducia. Dunque, stiamo lavorando per gettare le basi di un accordo internazionale vincolante che impegni le nazioni verso specifici obiettivi.

Va ricordato che c’è sempre stata competizione, e talvolta conflitto, a causa dell’acqua, sin dai primi insediamenti umani. I conflitti legati all’acqua non sono affrontati adeguatamente in molti bacini transfrontalieri. La gestione unilaterale e le deviazioni di corsi d’acqua condivisi continuano, spianando la strada ad ulteriori conflitti, e non esiste una cornice internazionale per controllare simili azioni o per risolvere le inevitabili dispute.
L’acqua può e deve essere una fonte di cooperazione, ma negoziare i termini di questa cooperazione in un bacino internazionale è un processo lungo e complesso. In tutti i 263 bacini internazionali, una gestione comune deve essere attuata su un sistema di effettiva interdipendenza.
Cioè, è necessario mettere in comune, invece che restringere, le sovranità di ciascuna nazione: non ci possono essere soluzioni unilaterali a problemi idrici che sono essenzialmente transfrontalieri. Il diritto internazionale per la gestione dei bacini fluviali comuni è attualmente insufficiente. La grande maggioranza degli Stati hanno mancato di riconfermare il loro impegno a cooperare sulle acque comuni. Un maggiore impegno e una più decisa volontà politica sono richiesti con evidente urgenza.

L’acqua è il più importante elemento per conseguire il diritto umano universale a «uno standard di vita adeguato per la salute e il benessere di se stessi e della propria famiglia». Dobbiamo riconoscere che l’accesso ad acqua pulita è esso stesso un diritto umano universale. Andiamo oltre la semplice affermazione che ciascuno ha diritto all’acqua e diamo a questa convinzione il peso che merita. Perché senza la sicurezza dell’acqua, la stabilità nazionale, economica e sociale è in pericolo. Un problema amplificato quando l’acqua è condivisa attraverso confini, e che diventa cruciale quando lo stress idrico esiste in regioni di tensione religiosa, territoriale o etnica.
La situazione planetaria è tutt’altro che rosea anche per quel che riguarda i vari giacimenti del cosiddetto “oro blu”. Vediamo di esaminarla citando i casi più eclatanti. I governi soddisfano la richiesta crescente di cibo impoverendo le falde sotterranee. Così facendo, porteranno a una diminuzione verticale della produzione di cibo, una volta esaurita la falda. Consapevolmente oppure no, i governi stanno creando un’ “economia fittizia” del cibo. La crisi dell’acqua si presenta nel calo delle falde acquifere. Non è visibile. Sicché spesso il calo delle falde viene scoperto solo quando i pozzi si prosciugano. Le pompe azionate da motori elettrici o diesel, che permettono di prelevare ingenti quantità d’acqua, si sono rese disponibili nel mondo più o meno nello stesso momento. L’esaurimento quasi simultaneo delle falde implica che in molti Paesi diminuiranno i raccolti di cereali più o meno nello stesso periodo. E questo avverrà in un momento in cui la popolazione mondiale aumenta di oltre 70 milioni di unità all’anno.
Le falde acquifere sono state prosciugate in molti Paesi, tra i quali la Cina, l’India e gli Stati Uniti, che insieme producono poco più della metà dei raccolti di granaglie del mondo. Sotto le pianure della Cina del Nord, dove cresce più della metà del grano cinese e più di un terzo del suo mais, le falde sono scese dalla media di un metro e mezzo annuo di dieci anni fa agli oltre tre metri attuali. Il pompaggio intensivo ha largamente esaurito le falde poco profonde e il quantitativo d’acqua che se ne può prelevare è limitato a quanto le precipitazioni riescono a reintegrare. I trivellatori di pozzi devono così raggiungere le falde freatiche più profonde della zona che, purtroppo, non sono reintegrabili.

L’India, col suo miliardo di abitanti, sta sfruttando troppo le falde in parecchi Stati, tra i quali il Punjab, che è il granaio del Paese. Sotto il Punjab e l’Haryana, le falde acquifere stanno calando di oltre un metro all’anno. E’ stato stimato che l’esaurimento delle falde potrebbe ridurre di oltre un quinto il raccolto indiano dei cereali.
Negli Stati Uniti, la falda acquifera sotterranea è scesa di più di trenta metri sotto parte del Texas, dell’Oklahoma e del Kansas, tre Stati fondamentali per la produzione dei cereali. Il risultato è che in migliaia di fattorie nella fascia meridionale delle Grandi Pianure i pozzi si sono prosciugati.
Poiché occorrono mille tonnellate d’acqua per produrre una tonnellata di granaglie, importare cereali è la maniera più efficace per importare acqua. I Paesi che si stanno scontrando con i limiti delle loro scorte d’acqua soddisfano di solito i bisogni crescenti delle città e delle industrie, dirottando dall’agricoltura l’acqua destinata all’irrigazione e poi importano cereali per compensare la perdita di capacità produttiva. Quando la penuria d’acqua diventerà più grave, altrettanto farà la competizione per i cereali sul mercato mondiale.

In Cina, una combinazione tra esaurimento delle falde, dirottamento verso le città delle acque destinate a irrigare, e diminuzione dei prezzi agevolati dei cereali, stanno riducendo il raccolto di granaglie. Dopo un picco di 392 milioni di tonnellate nel 1998, il raccolto è calato nel 2002 a 346 milioni di tonnellate. Pechino ha coperto per tre anni il calo di produzione cerealicola attingendo alle scorte, ma presto dovrà rivolgersi al mercato mondiale per ricoprire questo ammanco. Quando lo farà, potrà anche destabilizzare i mercati mondiali dei cereali.

Anche se certe Nazioni hanno già conseguito profitti notevolissimi aumentando l’efficienza dell’irrigazione e riciclando le acque degli scarichi urbani, in genere la risposta alla penuria d’acqua consiste nella costruzione di altre dighe oppure nella trivellazione di pozzi nuovi. Ma attualmente aumentare la fornitura sta diventando difficile. L’unica altra possibilità sarebbe quella di ridurre la richiesta, stabilizzando la popolazione. O, in alternativa, è necessario innalzare la produttività, non diversamente dal modo in cui abbiamo innalzato quella del territorio.
Dopo la seconda guerra mondiale, con la popolazione avviata al raddoppio entro il 2000 e con pochi terreni vergini da destinare all’aratro, il mondo fece uno sforzo imponente per far crescere la produttività delle terre coltivate. Ne è risultata una crescita della produzione agricola, quasi triplicata tra il 1950 e il 2000. Adesso è giunto il momento di vedere che cosa possiamo fare per l’acqua.

 

Le cifre del disastro


180 miliardi di dollari all’anno a livello mondiale saranno necessari per scongiurare la catastrofe idrica entro il 2025.

40 sono i Paesi nei quali la maggior parte della popolazione dispone di sette litri di acqua per tutti gli usi (potabili, igienici, per cucinare i cibi), mentre il minimo giornaliero fissato dall’Onu è di 50 litri.

Distribuzione nel mondo dei disastri naturali collegati all’acqua: Americhe 20%; Africa 17%; Europa 13%; Oceania 3%; Asia 35%.

Tipologia dei disastri naturali collegati all’acqua: alluvioni 50%; epidemie 28%; siccità 11%; frane e valanghe 9%; carestie 2%.

Cento clienti che frequentino un hotel di lusso mediamente per 55 giorni all’anno consumano 15 mila metri cubi d’acqua. Con la stessa quantità si possono soddisfare per circa un anno le esigenze personali di 50 famiglie di tre persone che vivono in città, oppure per quattro anni quelle di cento famiglie rurali, o si possono dissetare per tre anni cento nomadi con 450 capi di bestiame.

Un miliardo e 400 milioni sono oggi le persone colpite dalla penuria d’acqua: si tratta del 30% della popolazione mondiale. Nel 2025 la carenza idrica può colpire 2,7 miliardi di persone.

Due miliardi 200 milioni di persone muoiono ogni anno per malattie correlate alla cattiva qualità dell’acqua. Nel 2025 saranno cinque milioni, di cui due milioni bambini sotto i cinque anni (14 mila persone al giorno).

Uso dell’acqua nel mondo: 22% industriale; 8% domestico; 70% agricolo.

Paesi con le minori risorse idriche disponibili all’anno per persona (valore indicato al metro cubo per anno, pro-capite): Kuwait 10; Striscia di Gaza 52; Emirati Arabi Uniti 58; Bahamas 66; Qatar 94; Maldive 103; Libia 113; Arabia Saudita 118; Malta 129; Singapore 149.

Percentuale di risorse idriche disponibili (fra parentesi la percentuale della popolazione mondiale): Nord e Centro America 15 (8); Sudamerica 26 (6); Europa 8 (13); Africa 11 (13); Asia 36 (60); Australia e Ocea-
nia 5 (1).

   
   
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