I lavori in seno
allAssemblea
si protraggono
per circa un anno
e mezzo:
il risultato è una
delle Costituzioni
più avanzate
del tempo, rigida,
garantista.
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Nella vita di una comunità nazionale hanno un rilievo del
tutto peculiare i processi e i momenti attraverso i quali si modellano
gli assetti e gli ordinamenti complessivi, si stabiliscono gli ambiti
e le modalità di esercizio dei diversi poteri, si organizzano
ruoli e cariche, e dentro tutto questo, si fissano le regole del
gioco elettorale. Ovviamente, cè una gerarchia nella
stessa tensione legislativa e ordinativa, esistono vari livelli
di intensità e rilevanza, per cui le fasi di fondazione e
rifondazione costituzionale impegnano più stagioni, anche
incisive, di attività riformatrice e riordinatrice, e, a
maggior ragione, di singole, pur importanti iniziative su temi circoscritti.
E, naturalmente, le spinte in direzione della costruzione istituzionale
si intrecciano a fattori sociali e politici, a conflitti di potere
e strategie di lotta, influenzandoli e restandone a propria volta
determinate. Il nostro Paese, come la sua storia costituzionale
sin dallunificazione insegna, non fa eccezione.
Comè noto, alla costruzione dello Stato unitario si
giunge per iniziativa della monarchia sabauda e sulla base delle
leggi e degli ordinamenti sardo-piemontesi, la cui validità
viene estesa agli ex Stati preunitari che via via entrano a far
parte del Regno dItalia. Lo Statuto Albertino del 1848 diventa
la legge fondamentale anche della nuova entità e ne fissa
la fisionomia nelle forme della monarchia costituzionale dentro
cui, non senza contrasto, si farà strada il parlamentarismo.
E emblematica la normativa relativa agli enti locali territoriali
(comuni e province) organizzati sulla base della legge Rattazzi
del 1859 e riformulata nel 1865, nel contesto del più generale
sforzo amministrativo e legislativo compiuto dalla Destra storica.

Questo primo Stato italiano, monoclasse e indotto a
scelte sempre più accentratrici, imperniate più tardi
sulla figura del prefetto e del ministero degli Interni, difende
la propria natura censitaria con una legge elettorale (anchessa
anteriore allUnità) che prevede collegi uninominali,
il ballottaggio e un corpo elettorale eccezionalmente esiguo. Tale
configurazione costituzionale si modifica lentamente, ricevendo
comunque un discreto impulso con lavvento della Sinistra di
Depretis al potere. Anche in questo caso un grappolo
di riforme molto significative sul piano civile e sociale, amministrativo
e istituzionale-elettorale segnala il cambio di passo, la marcia
di avvicinamento verso uno Stato pluriclasse, verso
la dialettica più ravvicinata tra Corona e Parlamento, tra
sovrano e primo ministro, ma anche verso laffermazione della
centralità della questione meridionale come questione
sociale e politica e non più in meri termini di ordine pubblico.
Accanto alla revisione della legge comunale e provinciale, con lelettività
del sindaco, allequiparazione dellelettorato amministrativo
a quello politico, ai tentativi per riordinare e rendere funzionale
la presidenza del Consiglio, spicca la legge di riforma elettorale
del 1882. Significò lampliamento del suffragio ai cittadini
maschi, maggiorenni e alfabeti, o con un carico di imposta non inferiore
a 20 lire (rispetto alle 40 precedenti), e soprattutto lintroduzione
dello scrutinio di lista, con la risagomazione della circoscrizione
territoriale in 135 collegi, più ampi rispetto a prima. Tutto
questo tendeva a temperare il carattere urbano progressista
del voto, bilanciandolo con altro, e altrettanto numeroso, più
controllabile e conservatore, specie nelle regioni meridionali.
Gli elettori superavano così i due milioni (meno del 7 per
cento della popolazione residente) e i votanti non erano assai più
di un milione e 200 mila.
Non cè spazio per diffondersi sullevoluzione
del quadro istituzionale fin qui delineato, in particolare in età
crispina e giolittiana. Ma si devono almeno ricordare il potenziamento
della giustizia amministrativa a sostegno dellEsecutivo, la
richiesta revisione dellintero assetto burocratico-amministrativo
nel senso del decentramento, più tardi smentita dal ritorno
alluniformità e allaccentramento, la legge del
1904 sul riordinamento dei ministeri e quella del 1910 sulle Camere
di commercio.
Sul terreno istituzionale-elettorale, lallargamento ulteriore
del suffragio, fino alluniversale maschile del 1913, deve
ancora servire a compensare il crescente voto radicale e socialista
settentrionale, immettendo nella competizione le masse analfabete
meridionali. Allo stesso modo si penserà di utilizzare il
voto moderato cattolico (Patto Gentiloni), mentre lalto numero
delle circoscrizioni (508) e il sistema uninominale garantirebbero
la personalizzazione del voto e la manipolazione elettorale.
Alla vigilia del Fascismo, e subito dopo il suo avvento, i meccanismi
elettorali subiscono in pieno lurto del momento. La riforma
del 1919 (scrutinio di lista con rappresentanza proporzionale a
suffragio universale maschile) porta il numero degli elettori sui
10 milioni (circa un terzo della popolazione), ma paradossalmente
finisce per non ostacolare la fuoriuscita dal regime liberale e
rappresentativo. Il resto lo compie la legge Acerbo, combinando
scrutinio di lista e sistema maggioritario, e ritoccando ancora
i collegi, restringendone il numero e ritagliandoli su basi storiche.
E ormai evidente che ogni iniziativa è tesa solo a
garantire la definitiva supremazia della dittatura, che comunque
si preoccupa tempestivamente di liquidare, non a caso, levoluzione
in corso degli ordinamenti degli enti locali, elimina le maggiori
cariche elettive, indirizza la materia sui binari delle competenze
tecniche degli addetti ai lavori, sul controllo formale
da parte dei podestà e sul ruolo preminente dei segretari
comunali, nel frattempo statizzati.
Il passaggio successivo, e fondamentale, si compie alla ripresa
della vita democratica, con la presenza dei partiti di massa, lesperienza
maturata in seno ai CLN e la stessa mobilitazione popolare antifascista.
Tra laprile 1945 e il giugno 1946, la fondazione istituzionale
dellItalia risorta si avvia celermente. Prima con la formazione
della Consulta e del ministero per la Costituente, poi con le prime
tornate elettorali amministrative, infine con il referendum istituzionale
e con le elezioni per lAssemblea Costituente: queste ultime,
regolate sulla base del decreto legge luogotenenziale n. 74 del
10 marzo 1946, con procedure che includono il suffragio universale
esteso alle donne, la rappresentanza proporzionale, il metodo di
scrutinio per il riparto dei seggi (573, rispetto ai 32 collegi).
I lavori in seno allAssemblea Costituente si protraggono per
circa un anno e mezzo; lavorano alla redazione di una nuova carta
costituzionale un gruppo ampio di 75 deputati, suddivisi in tre
sottocommissioni, e più tardi un comitato tecnico di 18 membri.
Il risultato è una delle Costituzioni più avanzate
del tempo, rigida, garantista. La sua architettura ha seguito uno
schema di democrazia progressiva, per cui si è guardato prima
alluomo (diritti e doveri del cittadino) nella sua individualità
e nel quadro sociale; quindi nei rapporti con la comunità
(famiglia e scuola); poi, rispetto alla sfera economica e a quella
politica.
Nei decenni successivi, mentre per un verso la stessa Costituzione
è stata in certa misura come ibernata, dando
vita a una perversa dialettica tra Costituzione formale
e Costituzione materiale, si sono avuti ancora un paio
di momenti di notevole lavorìo a sfondo istituzionale, fino
alla prima metà degli anni Settanta (Regioni, Statuto dei
lavoratori, finanziamento pubblico dei partiti). Tra il 1951 e il
1953 ci fu un deciso tentativo, senza esito, di modificare il regime
fondato sulla proporzionale in senso maggioritario e con lattribuzione
di un premio di maggioranza (la cosiddetta legge truffa). Per il
resto, soltanto interventi marginali, fino al referendum del 1991
sulla monopreferenza. Tra il 1983 e il 1985 ha operato lapposita
Commissione presieduta dal liberale Bozzi, diretta antesignana delle
Bicamerali poi guidate da De Mita e successivamente da DAlema,
per una generale riforma delle istituzioni. Ingente produzione cartacea,
ma nessun esito pratico. Dopo, è proprio storia odierna.
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