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Per capire qualcosa di più degli interventi militari nellex
Jugoslavia, e di quello in Iraq, è utile ricordare Sarajevo.
Nel 92 Sarajevo subì più di mille e trecento
giorni dassedio, il più lungo della nuova storia dEuropa,
più lungo persino dei novecento eroici giorni di Leningrado,
durante la seconda guerra mondiale.
Ero a Sarajevo, in quei giorni, per un gesto di solidarietà
verso la gente che soffriva, verso il Paese dove sono nato. Ero
lì a sfogliare questa pagina a un tempo gloriosa e tragica
della storia europea. Nessuno capiva le ragioni di quella guerra:
nazionale, etnica, religiosa, o cosaltro? ci si domandava.
Linformazione non aiutava, non riusciva a descrivere, quindi
a circoscrivere quanto stava accadendo. Clausewitz diceva che «un
avvenimento che non sia accuratamente ricostruito in ogni sua parte
è come un oggetto visto da troppo lontano: si presenta da
ogni lato allo stesso modo, e non se ne distingue più la
disposizione delle parti. E difficile ricostruire ed evocare
gli avvenimenti storici in modo tale da poterli utilizzare come
prove». Così non si poteva capire perché veniva
colpito un Islam laico in Bosnia, più laico di tutte le sue
versioni asiatiche e africane, fatto di gente slava come noi, serbi,
croati, montenegrini; gente che ci assomigliava, che parlava praticamente
la stessa lingua dei Serbi e Croati, e aveva la stessa origine.
LEuropa non ha saputo riconoscere in questo Islam laico un
modello da opporre al fondamentalismo e allintegralismo che
covava altrove. «Eravamo troppo pochi per diventare lago e
troppi per essere inghiottiti dalla terra», diceva lo scrittore
Mehmed Mesa Selimovic, bosniaco dorigine musulmana. Così
si svolgeva lassedio di Sarajevo, e in questa situazione ebbero
via libera le violenze di Karadizc e di Mladic, che poi abbiamo
scoperto essere burattini di Milosevic.
LEuropa non riuscì a fare gran che. Tranne enormi errori:
come quando nel 95 le truppe ForprOnu, di stanza a Srebrenica,
lasciarono massacrare settemila bosniaci musulmani. Quando fu bombardata
la base degli aggressori che da Pale bombardavano Sarajevo, questo
fu considerato un atto necessario e anche molti pacifisti erano
daccordo. Ne derivarono poi i patti di Dayton, che in un primo
momento sembravano aver messo fine alla guerra. Presto però
Dayton si rivelò un intralcio per pacificare la Bosnia: la
Bosnia rimase divisa, oggi non produce nulla, vive di soli aiuti.
LArabia Saudita ha costruito nuove moschee, distribuito soldi
e importato un Islam che non cera mai stato in questa regione
una specie di wahabismo. Questo va ricordato quando pensiamo
alla situazione post-bellica in Iraq.

Lultimo dopoguerra nei Balcani è quello successivo
al bombardamento di Belgrado, nel 1999. Il nazionalismo di Milosevic
si era accanito contro il Kosovo, settecentomila kosovari furono
sfollati e spinti nel fango. Sono andato sulla sponda italiana,
a Otranto, per stare vicino ai profughi kosovari. Arrivavano a centinaia
in gommoni carichi di gente poverissima; alcuni si erano imbarcati
ed era la prima volta che vedevano il mare. Anche in questo caso
si pose il problema se bombardare o no. Ero contrario, ma combattuto:
avevo tanti amici a Belgrado e in Serbia, che consideravo fratelli,
malgrado i conflitti e le differenze. Mi dicevo, da una parte: Milosevic
deve essere distrutto. Dallaltra, mi era intollerabile sapere
che le vittime sarebbero state ancora i poveri innocenti. Tanti
amici iracheni hanno lo stesso atteggiamento: erano contro Saddam
Hussein, ma anche contro i bombardamenti americani che colpivano
la popolazione.
Oggi possiamo vedere i risultati balcanici: la Bosnia, esangue,
non riesce a farsi Stato; la Serbia è alla miseria, preda
di criminali e mafie, come dimostra il recente assassinio di un
politico colto e illuminato come Zoran Djindjic. La ex Jugoslavia,
un Paese prospero, aperto e più sano di qualsiasi altro dellEuropa
dellEst, oggi non è in Europa (tranne la piccola Slovenia),
né è certo che potrà entrarvi nel 2007 accanto
alla Bulgaria e alla Romania, che erano e sono ancora molto meno
sviluppate. Il ritardo di tutta questarea si è intensificato,
non è stato risolto niente, tanto meno il problema del Kosovo,
sul quale cè una risoluzione dellOnu (ma chi
rispetta le risoluzioni dellOnu?) secondo la quale questa
regione dovrebbe esser parte della Serbia; ma lì ormai di
Serbi non ce nè più, il 95 per cento è
albanese.
Insomma, oggi i Balcani sono ancora più balcanizzati, e tutte
le promesse si sono rivelate false e deludenti. Peggio ancora quelle
della Nato: che ormai, avendo perduto il suo principale avversario,
lUrss, si presenta come un purgatorio attraverso il quale
bisogna passare per diventare membri dellUnione europea! Questa
Nato oggi si atteggia a tribunale della coscienza mondiale e costituisce
un elemento di una miscela esplosiva, combinata con quelli che erano
i Paesi satelliti dellUrss e che ora rivelano la stessa attitudine
ad esser vassalli dellarroganza degli Stati Uniti.
E stata unillusione sperare che allenorme sviluppo
dei mezzi della comunicazione globale corrispondesse anche la crescita
delle forme di dialogo. Quello che abbiamo visto alla vigilia dellintervento
anglo-americano in Iraq è stata solo una simulazione: al
dialogo si è sostituito il monologo parallelo e successivo,
dove ognuno parla ma nessuno ascolta. Un falso dialogo, come falsa
è la teoria del cosiddetto scontro di civiltà.
Lideologia servita come uno degli argomenti per la giustificazione
della guerra in Iraq ha cercato spesso la sua legittimazione nella
teoria di Samuel Huntington. Non meraviglia affatto che il suo libro
Lo scontro delle civiltà e la trasformazione dellordine
mondiale (The Clash of Civilizations and the Remaking of the World
Order) sia stato accolto con entusiasmo sia da Bush jr. che, ancora
prima di lui, da Milosevic e Tudjiman. Ci è difficile metterci
daccordo con la conclusione del suo libro, diventato in America
una specie di rivelazione.
Sarebbe davvero «limperialismo il corollario inevitabile
delluniversalismo», come crede Huntington? E possibile
rovesciare completamente questo giudizio: la non realizzazione dei
progetti universali di tipo illuminista ha causato distorsioni imperialiste
di cui siamo oggi testimoni. In alcuni Paesi ha privato la cultura
della sua secolarità, della laicità, dei vari attributi
di una cultura aperta e moderna.
Questa mancanza si può notare anche in una cultura religiosa
che favorisce il clericalismo cristiano oppure il fondamentalismo
islamico (naturalmente, sottintendo che si può essere a un
tempo credente e laico). Il deficit di laicità nella cultura
religiosa, oppure lappropriazione e lutilizzo della
religione come ideologia, si sono dimostrati rovinosi. (Anche lo
stalinismo abbondava di un repertorio concettuale che sembrava copiato
da qualche antico Index ecclesiastico: settari, rinnegati,
eretici
).
Sta qui il più grande errore di Samuel Huntington: non si
tratta di uno scontro di culture in quanto tali, ma di culture alienate
e trasformate in ideologie: esse operano e si scontrano non come
realtà culturali, ma proprio come fatti ideologici.
Il pericolo è conosciuto da tempo: una parte della cultura
nazionale si è trasformata in varie epoche e in vari posti
in ideologia della nazione. Non è un gioco di parole. Questo
si è visto non solo nel Medioevo, ma di nuovo durante i regimi
fascisti in Europa tra le due guerre, in Germania, in Spagna e anche
in Italia: una gran parte della cultura esaltava lideologia
fascista, la alimentava e simpregnava della sua essenza. Quindi,
questo succedeva, non dimentichiamolo, anche nel seno delle più
grandi culture europee. Ora sta avvenendo in alcuni Paesi islamici:
non centra lIslam come tale, ma la sua applicazione
fanatica, la sua ideologizzazione.
Occorre ricordarsene quando sentiamo parlare dello scontro
di civiltà. Ci può essere daiuto nel correggere
simili ipotesi: non si stanno scontrando, lo ripeto, le acquisizioni
della civiltà e della cultura come tali, ma le ideologie
che le hanno alienate e deformate. Non è la stessa cosa.
Altrimenti, sarebbe un assurdo: ogni tentativo di sviluppare culture
svilupperebbe a un tempo la virtualità dei conflitti!
La teoria di Huntington ha offerto ai falchi attorno a Bush jr.
una base comoda, ma molto problematica e in fondo fasulla. Purtroppo,
egli non è lunico che la sta abbracciando e propagandando.
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