Potrebbe ripetersi leffetto benefico che
la riunificazione
tedesca portò, per quattro-cinque anni,
non solo
alleconomia della Germania
occidentale, ma
a tutta lEuropa.
|
|
E altamente simbolico che la firma ai trattati che sanciscono
lallargamento dellUnione Europea sia stata apposta ad
Atene nel celebre portico (stoà) di Attalo II al termine
del semestre di presidenza greco. Attalo II era, infatti, circa
2200 anni fa, un re greco di Pergamo, piccolo Stato nellambito
dellImpero romano, dal quale fu poi assorbito, che occupava
una parte dellodierna Turchia, un Paese candidato ad unadesione
futura. E bisognerebbe forsanche sommessamente ricordare che
questo antichissimo monumento fu restaurato, negli anni Cinquanta,
con soldi americani.
Se avesse potuto avere unidea dellEuropa, Attalo II
lavrebbe forse considerata una sorta di estensione-arricchimento
del mondo ellenistico di cui faceva parte, che si era prodigiosamente
allargato sotto la spinta della conquista militare di Alessandro
Magno, e proprio per questo non avrebbe avuto grandi timori nei
confronti dellipotesi di unulteriore espansione e nella
possibilità di convivenza di genti diverse. Ci avrebbe probabilmente
invitati a non essere prigionieri né della storia
che ha fatto sì che lunità politica europea
si costruisse sulla pacificazione tra francesi e tedeschi dopo due
guerre distruttive e decine di milioni di morti né
dalla geografia che, in base a stereotipi di origine ottocentesca,
vuole lEuropa rigidamente racchiusa tra Atlantico, Mediterraneo
e Urali. E forse ci avrebbe esortati a guardare al futuro anziché
al passato e a non basarci su aree geografiche bensì su valori
condivisi, istituzioni solide e uneconomia sostenibile.
Potrà muoversi in questa direzione lEuropa che nasce
ad Atene e prende il via precisamente nel momento in cui il caotico
dopoguerra iracheno impone di inquadrare in nuovi contesti i valori
della libertà e della democrazia e getta unombra sulle
possibilità di una crescita stabile delleconomia mondiale?
A questo interrogativo, almeno per quanto riguarda leconomia,
è possibile una risposta cautamente positiva.
Le prospettive che inducono a un giudizio sostanzialmente favorevole
sulla sostenibilità economica della nuova Europa derivano
precisamente dallapporto di nuova popolazione e di nuovi bisogni
a una struttura produttiva, come quella dei membri storici
dellalleanza, pienamente in grado di soddisfarla. Se ben gestito,
lallargamento a Est e a Sud potrebbe costituire unoccasione
di stimolo al rinnovo delle infrastrutture, sul quale è possibile
fondare una crescita abbastanza lunga della produzione; potrebbe
ripetersi, in maniera amplificata e senza gli errori di allora,
leffetto benefico che la riunificazione tedesca portò,
per quattro-cinque anni, non solo alleconomia della Germania
Occidentale, ma a tutta lEuropa.
Si aggiunga che, per finanziare questa crescita, lEuropa dispone
oggi di uno strumento molto potente che allora non cera: leuro.
La moneta unica può consentire un finanziamento più
efficiente di questa nuova domanda; le istituzioni finanziarie europee
oggi esistenti, e forse unapposita nuova banca di medio-lungo
termine, potranno incanalare risorse finanziarie verso le nuove
occasioni di crescita. In questottica, una certa flessibilità
nei vincoli di bilancio appare decisamente auspicabile, naturalmente
senza il ritorno alla disinvolta spesa pubblica del passato.

A questa dimensione quantitativa occorre aggiungere la possibilità
di una mutazione qualitativa. Lo storico inglese Timothy Garton
Ash ha recentemente prefigurato per il 2023 unEuropa di 37
Paesi membri, comprese Turchia, Ucraina e Moldavia, 600 milioni
di abitanti e la maggiore economia del mondo, i sonnacchiosi Stati
dellEuropa Orientale trasformati nelle Tigri Slave,
i campioni nella crescita nelleconomia mondiale. Ogni successivo
allargamento costituirebbe una nuova iniezione di dinamismo economico,
in grado di scuotere beneficamente le ossificate economie dellEuropa
Occidentale. A questo impero economico, tuttavia, mancherebbero
un trono e un imperatore, e di questo sarebbero certamente in pochi
a dolersi. In un orizzonte di crescente prosperità, non ci
sarebbero soltanto rose, ma anche aree di difficoltà e di
debolezza.
Unutopia? Piuttosto, le grandi linee di un progetto entusiasmante;
un progetto che, come spesso per gli sviluppi europei, tende ad
essere sminuito e ad attirare unattenzione relativamente scarsa,
nei confronti del quale prevalgono le cautele e le paure. Lo stesso
però succedeva il 25 marzo 1957, quando si firmava il Trattato
di Roma.
|