Settembre 2003

L’EUROPA UTILE

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Unirsi... viaggiando
Mario Pinzauti
 
 

 

 

 

Secondo statistiche recenti, almeno una metà dei cittadini dell’Europa
comunitaria parla, più o meno bene, un’altra lingua
in aggiunta alla propria.

 

Sarà forse vero, anzi è vero senz’altro che, come ha affermato il settimanale americano Time, le 148 pagine della bozza di costituzione europea licenziata a fine giugno dalla Convenzione presieduta da Giscard d’Estaing sono una lettura che può deliziare solo gli appassionati alle disquisizioni giuridiche in quanto lasciano aperti e insoluti la gran parte dei problemi che dovrebbe definire e se possibile risolvere: a cominciare dal come, quando e se abolire quella che è la più pesante e paralizzante palla al piede del processo d’integrazione politica, l’obbligo del voto all’unanimità, quindi, di fatto la facoltà del ricorso al diritto di veto da parte anche del più piccolo tra i Paesi membri (il Lussemburgo) in un’ancora rilevante quantità delle decisioni del Consiglio dei Ministri.
Sarà forse vero, anzi lo è senz’altro che, con l’aria che tira, è ipotizzabile che si rischi di non poter dire di più e di meglio, quando, tra la fine di quest’anno e l’inizio dell’anno prossimo, il testo dello stesso documento sarà stato riesaminato ed eventualmente ritoccato da una conferenza intergovernativa cui parteciperanno i rappresentanti di tutti i 25 Paesi dell’Europa che sta completando (con gli ultimi referendum e ratifiche parlamentari) il suo allargamento. E senza forse, sicuramente è vero che la crescita di calore e di asprezza delle polemiche in Gran Bretagna a proposito dell’eventuale, eventualissima adesione all’euro dà consistenza e diffusione a valutazioni come quelle recentemente espresse da Michel Ancram, ministro degli Esteri del cosiddetto “governo ombra” del partito conservatore: «Noi inglesi ci siamo sempre sentiti e ci sentiamo europei, ma europei diversi dagli altri». Senza forse, sicuramente è vero infine che quando, sulla scena internazionale, l’Europa comunitaria si muove, o tenta di muoversi (vedi Medio Oriente, vedi Iraq), parla non con una sola voce ma con una Babele di voci, le une e le altre, spesso e volentieri, in polemica tra loro.

Ma se tutto questo, oltre ad essere vero, costringe a essere d’accordo con Padoa Schioppa quando (sul Corriere della sera di qualche mese fa) sostiene che bene che vada la prospettiva è di un’unione politica europea in funzione e visibile solo una volta ogni tanto, è non meno vero che a ridare speranza, in certi momenti addirittura ottimismo, a tutti coloro che si sentono europei senza diversità – come noi e certamente come molti di voi – c’è un secondo aspetto dell’Unione. E’ quello dove sono in bella vista le esigenze dei cittadini e le iniziative che l’Europa realizza per risolverle. E’ un aspetto – cui abbiamo dato il nome di Europa utile – nel quale i successi prevalgono: diversamente da quanto accade, purtroppo, per l’Europa politica.
L’Europa utile, come abbiamo visto nei mesi passati in questo spazio della nostra Rivista, interviene, e con più abbondanza di fatti che di parole (mentre l’Europa politica spesso si comporta esattamente al contrario), in ogni campo del sociale: dalle pensioni alla sanità, dalla tutela dei diritti dei consumatori al miglioramento dell’istruzione e alla protezione dalle catastrofi naturali, senza trascurare problemi che potrebbero anche sembrare secondari, più di forma che di sostanza e che, invece, se risolti aiutano i cittadini a sentirsi europei: ed europei soddisfatti.

Certamente la pensano così ad esempio coloro che, per ragioni di età, o basandosi su testimonianze sentite o lette, sono in grado di fare un raffronto tra le gioie e i dolori del viaggiatore europeo del passato (anche di un passato recente, di poche decine d’anni fa) e di quelle del viaggiatore di oggi. Le differenze sono enormi, anzi abissali.
Oggi (contrariamente a quanto avveniva ieri) all’interno dello spazio in cui si collocano i Paesi dell’Unione Europea si circola con un passaporto dello stesso colore (bordeaux). Alle frontiere tra l’uno e l’altro di questi Paesi (fanno eccezione la Gran Bretagna e l’Irlanda) non è più necessario mostrare tale passaporto o altro documento d’identità a Polizia e Finanza, a condizione che si sia cittadini comunitari e salvo che circostanze eccezionali – come l’acutizzarsi del fenomeno del terrorismo – rendano necessario un temporaneo ripristino dei controlli.
Una volta per viaggiare in macchina oltre i confini del proprio Paese occorreva una patente internazionale. Oggi si circola in tutta l’Unione con quella nazionale. l’obbligo dell’assicurazione internazionale non esiste più (anche se munirsi di una “carta verde” è consigliabile per chi viaggia attraverso l’Unione Europea per affrettare e semplificare le pratiche per eventuali rimborsi).
Se prima di partire ci si è muniti, ritirandolo alla propria Ausl, di un apposito modulo – si chiama E111 – si può, in caso di necessità, usufruire del pronto soccorso e di altre cure urgenti in qualsiasi Paese dell’Unione. E presto – forse già a partire dall’anno prossimo – una “Carta sanitaria europea” darà diritto a tutti gli euroviaggiatori a una più ampia assistenza medico-farmaceutica.

Di questi e altri cambiamenti (ai quali accenneremo tra poco) a beneficio di chi viaggia attraverso l’Unione gli europei sembrano soddisfatti. Molto soddisfatti: e lo manifestano con atteggiamenti che, a piccoli ma decisi colpi, contribuiscono a far cadere tra i popoli dell’Unione non solo le frontiere politiche ed economiche ma anche quelle psicologiche. Fa parte di questi atteggiamenti, ad esempio, la crescita dell’interesse per l’apprendimento delle lingue. Secondo statistiche recenti, almeno una metà dei cittadini dell’Europa comunitaria parla, più o meno bene, un’altra lingua in aggiunta alla propria. Non finisce qui. Un terzo degli europei è addirittura in grado di esprimersi e di capire in due lingue cosiddette (una volta) “straniere”, cioè di casa oltre i confini nazionali. Sono dati di grande interesse e significato.
Se tanti europei oggi s’impegnano per migliorare la propria conoscenza delle lingue avviene certamente per effetto delle campagne promosse dall’Unione (tra l’altro con la giornata europea delle lingue, ogni anno il 26 settembre). E anche come risultato delle novità negli indirizzi per l’istruzione e per la formazione. Ma anche, infine, perché tra gli europei aumenta il bisogno di stare insieme, di capirsi. Anche per questo ora molti studiano le lingue, che usano per il proprio lavoro, per i propri approfondimenti culturali e per sentirsi a casa loro in ogni Paese dell’Unione quando viaggiano. L’apprendimento dell’inglese, del francese, del tedesco, dello spagnolo in aggiunta al proprio idioma, diventa così tra l’altro una dichiarazione di soddisfazione e fiducia da parte di tanti cittadini per quanto, anche nel campo dei viaggi, l’Europa utile fa a loro beneficio oltre che per renderli più amici, per farli sentire più uniti.
Chiudiamo questa parentesi sui risultati che potremmo chiamare “psicologici” della politica dei viaggi dell’Europa utile e torniamo ai fatti più importanti di tale politica.

Una volta, passando da un Paese all’altro dell’Europa comunitaria poteva avvenire che un addetto alla dogana ti facesse aprire e rovesciare valigie e borse per verificare se durante il tuo viaggio avessi acquistato una quantità di sigarette, liquori, profumi, altri generi superiore alle modestissime quote consentite (poche centinaia di grammi di tabacco, qualche litro di vino, birra, superalcolici, eccetera). Oggi non più. Oggi se il tuo portafoglio o la carta di credito sono ben forniti e se hai con te maxi-valigioni o borsoni puoi acquistare e portarti a casa, al termine del viaggio, quello che vuoi a condizione soltanto che sia per uso personale, quindi non a scopo di commercio. Regole diverse, con qualche limite ancora, valgono solo per Danimarca, Finlandia e Svezia, e fino al primo gennaio 2004.
Il mosaico del viaggio europeo ora più facile, piacevole e conveniente (rispetto al passato) è composto da tante altre piccole e grandi tessere ed è “in progress”, è sede cioè di lavori in corso che non sembrano destinati a fermarsi. Fino a poco tempo fa chi, fuori dal proprio Paese, era vittima di spiacevoli emergenze (un incidente, un furto, un malore), si consumava la vista e i polpastrelli per cercare sugli elenchi telefonici, scritti oltretutto in una lingua che conosceva poco o per niente, il medico, la stazione di polizia, il servizio di soccorso di cui aveva bisogno. Ora basta che telefoni al numero 112 e, in Finlandia o in Portogallo, proprio come nel suo Paese, qualcuno gli risponderà e gli organizzerà l’assistenza di cui ha bisogno.
Fino a pochi anni fa norme sanitarie vigenti in vari Paesi rendevano estremamente difficile, a volte impossibile portare con sé un gatto o un cane in un viaggio oltre la frontiera nazionale. Ora, anche per gli animali domestici, i paletti di confine tra i vari Paesi dell’Unione sono caduti. Basterà che il gatto e il cane abbiano il tatuaggio o il microchip dell’identificazione (obbligatoria, del resto, anche a casa propria) e un certificato veterinario da cui risulti che sono stati sottoposti a vaccinazione antirabbica: e con questo, assieme al loro padrone, si guadagneranno i sorrisi e le parole di benvenuto quando varcheranno le frontiere. Con qualche difficoltà in più – come al solito! – esclusivamente in Gran Bretagna, Irlanda e Svezia, dove funzionari particolarmente molto, anche troppo, scrupolosi potranno disporre un test veterinario che accerti l’efficacia della vaccinazione dichiarata.
Ogni ultimo sabato di marzo scatta ogni anno l’ora legale non in alcuni ma in tutti i 15 Paesi dell’Unione. In tutta l’Unione non solo in alcuni dei 15 Paesi è obbligatorio viaggiare in macchina con le cinture di sicurezza ed è stata abolita la benzina super. Per tutto il territorio dell’Europa comunitaria c’è lo stesso prefisso telefonico internazionale – lo 00 (cui va aggiunto quello di ogni Paese: il 39, ad esempio, per l’Italia) – e si può usare il proprio cellulare (se dotato di sistema Gsm).
Sono altri esempi di quanto l’Europa utile, nel nostro caso l’Europa dei viaggiatori, fa per facilitare, rendere più gradevoli e meno costosi i nostri spostamenti da un capo all’altro del territorio dell’Unione. Con questi esempi, anche se l’elenco non è finito e promette oltretutto di arricchirsi presto con altre novità, potremmo anche chiudere la nostra rubrica di questo numero.

Invece no, invece concluderemo parlando dell’euro, che riguarda non solo i viaggiatori ma tutti i cittadini e che però ai viaggiatori ha dato e dà particolari benefici che hanno importanti effetti pratici e anche – come per l’apprendimento delle lingue – effetti psicologici, che aiutano la diffusione del senso di cittadinanza europeo, fanno del viaggio un gradevole strumento per unire gli abitanti dell’Unione.
Una volta nei 15 Paesi dell’Europa comunitaria c’erano 15 valute. Oggi per 12 di questi Paesi ce n’è una sola, che è molto quotata e apprezzata anche nei tre Paesi (Gran Bretagna, Irlanda, Svezia) che non l’hanno fino a questo momento adottata, oltre in altre parti d’Europa (ad esempio nei Paesi candidati) e di altri continenti. Per i viaggiatori le perdite di tempo e le spese per i cambi delle monete sono finite o ridotte al minimo. Si paga o si ricevono soldi nella stessa moneta usata a casa propria, anche se da casa propria si è distanti parecchie centinaia di chilometri e diventa così più facile capire se i prezzi richiesti sono o no giusti e fare anche, se capita, qualche buon affare, ad esempio acquistare una macchina che, per effetto della concorrenza tra le industrie automobilistiche e tra i loro rappresentanti, può costare, in un altro Paese, diverse centinaia di euro in meno rispetto a quanto, prima di partire, ci è stato richiesto dal concessionario... di fiducia della nostra città.

   
   
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