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Allappello mancavano soltanto la Siria e il Libano. Per il
resto cerano tutti i rappresentanti dei Paesi del Mediterraneo,
riuniti a Siracusa per esaminare una bozza di accordo sulla protezione
del patrimonio culturale sommerso nel Mare Nostrum. Si temeva che
la guerra in Iraq potesse causare non poche defezioni, e invece
legida della cultura ha rivelato una volta di più la
sua fortissima capacità di coesione.
Poiché oggi nulla in mare è più sicuro. Le
moderne tecnologie per le indagini ad alta profondità sono
alla portata di tutti, si moltiplicano le scoperte sensazionali
ma anche i cacciatori di tesori sommersi. E in acque internazionali
vige ancora la Salvage Low, consuetudine secondo la
quale chi trova qualcosa in mare ha diritti reali su di essa. Ogni
relitto è una macchina del tempo che, se opportunamente indagata,
può fornire informazioni sulle rotte, sulla vita di bordo,
sulle costruzioni navali. Mani non esperte rischiano di provocare
danni irreparabili. Per questo, dopo anni di incontri, nel 2001
lUnesco ha varato la Convenzione per la Protezione del Patrimonio
Culturale Sottomarino, che definisce patrimonio dellumanità
anche tutti i beni storici e archeologici degli abissi. Un duro
colpo al Far West sottomarino, che tuttavia deve attendere la ratifica
di una ventina di Stati per entrare in vigore.
In realtà, basterebbe la ratifica dei Paesi del Mediterraneo.
Per questa ragione lItalia si è mossa, forte anche
di una clausola della Convenzione che incoraggia gli Stati a stipulare
accordi bilaterali e regionali. Il Mediterraneo è infatti
una civiltà regionale a tutti gli effetti, oltre che il mare
più ricco di tesori al mondo, con relitti naufragati in oltre
tremila anni di storia. La parola dordine a livello internazionale,
ma ancor più a livello regionale, è collaborazione.
Solo un impegno congiunto e coordinato tra Paesi contigui consente
di indagare e tutelare il fondale mediterraneo. Evitare che
un esempio per tutti lo splendido bronzo dellAtleta
di Fano finisca misteriosamente al Museo Getty di Malibu.
E solo grazie allaiuto di chi è già attrezzato
per la ricerca sottomarina, i Paesi che non possiedono ancora competenze
e strumenti possono cominciare a scoprire i propri mari. Come per
esempio la Libia, con chilometri di coste e con porti mai indagati,
o la Palestina, che spera in un aiuto per sondare il litorale di
Gaza.
Convenzione internazionale e accordo regionale in un sol colpo.
A Siracusa è sembrato un traguardo assai meno utopistico
di quanto potrebbe apparire. Buona parte dei rappresentanti ha dichiarato
che il proprio governo è a buon punto nel processo di ratifica
della Convenzione, e ha recepito limportanza del successivo
passo mediterraneo: il prossimo appuntamento è
a Parigi, a fine autunno.
Può essere soddisfatto Mounir Bouchenaki, assistente del
Direttore generale dellUnesco per la cultura, che ha sugellato
con la sua presenza limportanza dellincontro siracusano.
Soddisfatta anche la Regione Sicilia, che con questa iniziativa
ha evidenziato il proprio ruolo di leader nel mondo mediterraneo.
Ne è il cuore e concentra in sé vantaggi e problemi
del Mare Nostrum. Primo fra tutti, il Canale di Sicilia, dalle cui
acque nel 1998 è emerso il Satiro danzante, ma
dove nello stesso tempo lo scopritore del Titanic, Robert
Ballard, ricercava indisturbato.
Da tempo il Direttore del Servizio Beni Archeologici della Soprintendenza
di Trapani aspira a indagare il luogo di rinvenimento del Satiro,
per scoprire se con lui navigavano altri compagni di danze. Ma chiede
correttamente un assenso alla Tunisia. Ancora una volta, dunque,
si rinnova la speranza che la cultura sia il migliore corriere diplomatico.
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