Settembre 2003

ARTE E COSTUME

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Musica al femminile
Sergio Bello
 
 

 

 

Non si è ancora maturi per
accettare che la donna possa
concorrere al pari dell’uomo nella creazione musicale.

 

Senza dubbio, siamo in un’epoca nella quale la donna vive nel suo più completo ruolo di protagonista. Infatti, siamo tutti testimoni di una profonda metamorfosi che sta ridisegnando la storia, e con essa anche le nostre idee dettate dai secoli precedenti. Nel mondo del lavoro le resistenze degli uomini nell’affidare ruoli dirigenziali alle proprie colleghe stanno diminuendo a vista, realizzando così i disegni che molte donne, già dall’Ottocento, avevano sognato più volte attraverso manifestazioni e dibattiti, oltre che con qualche vistosa rivolta.
Nel settore artistico, la situazione è abbastanza variegata e quanto mai articolata, poiché nella pittura, nella scultura, nella letteratura e nel mondo teatrale la conquista di spazi da parte della donna è pressoché totale. Nessuno obietta o si meraviglia di fronte a un quadro “al femminile”, oppure commenta negativamente se un volume di successo è stato scritto da “lei”.
Tutto ciò si verifica soltanto parzialmente nella musica: infatti i nostri retaggi ottocenteschi ci portano a realizzare l’immagine dolce e “sfocata” della donna al pianoforte, all’arpa, al violino; ma si è tentati di rifiutare la figura della donna nella composizione oppure nella direzione d’orchestra.

Da che cosa nasce questa reazione? Dal fatto che, per quanto riguarda la fase operativa, l’appannaggio va solo agli uomini. Almeno, così si dice. Non si è ancora maturi per accettare che la donna possa concorrere al pari dell’uomo nella creazione musicale, è impensabile che la figura femminile eccella al pari dell’uomo in un settore così importante.
Comunque, al di là del motivo concorrenziale che può essere giustificato sul piano puramente inclinato della rivalità, sussiste un problema che si finalizza ai direttori artistici che non lasciano grande spazio alle compositrici. Nei cartelloni concertistici la donna nella composizione è spesse volte assente, quasi a voler sottolineare una sottile volontà di bandire una realtà che da anni è ormai tangibile. Sarebbe necessario ricordare nei dettagli agli addetti ai lavori che le donne, da sempre, hanno avuto le stesse possibilità degli uomini. La storia ne è una testimonianza precisa, ma di questo parleremo in seguito. Non dobbiamo risolvere il problema dando la colpa al pubblico, che non considera ancora nei suoi valori e contenuti di alto livello il mondo musicale al femminile. Questo non è assolutamente vero. Lo spettatore ama scoprire mondi nuovi e situazioni alternative, è sensibile, e quindi è sempre disponibile ad accettare immagini che non appartengono al quotidiano.

Se nel campo della composizione la situazione è piuttosto critica, anche nel settore della direzione d’orchestra la situazione non è sicuramente rosea. Fa sempre notizia vedere una donna sul podio che dirige un’orchestra sinfonica, poiché si è abituati a vedere il posto occupato da un uomo. Il che è tutt’altro che giusto. Eppure, all’estero la cosa non è rara, dal momento che le donne direttori hanno un loro ruolo ben definito.
La musica al femminile ha un’incognita positiva, un fascino in più, non determinato dalla figura dell’artista, ma dal modo diverso di vivere l’aspetto musicale che completa il mondo dell’interpretazione. Con ogni probabilità, siamo abituati a rivolgerci malinconicamente al passato, accettando acriticamente e totalmente il “deja vu” come tassello del grande mosaico storico, senza porci fra l’altro alcun problema né morale né psicologico. Eppure le donne compositrici, anche se in misura minore, furono ben presenti nei momenti cruciali, come la Tailleferre che fece parte del mitico “Group de six”, oppure la Duchamp Cecile Chaminade, la Clara Schumann e altre ancora. Di conseguenza, non si comprendono le cause intrinseche di questa reazione passiva; o, cosa ancora più grave, dell’indifferenza che emargina l’altra metà del cielo.

Il celebre detto “provare per credere”, anche se piuttosto avvilente e scontato, si dimostra efficace per i più scettici, in quanto soltanto ascoltando direttamente la musica si ha l’esatta dimensione del grado di preparazione delle colleghe compositrici. Non dobbiamo dimenticare che stiamo operando culturalmente nel Ventunesimo secolo, in un’epoca, cioè, in cui si predicano i princìpi della parità dei diritti, oltre che dei doveri; in tempi in cui le donne sembrano avere maggiore spirito d’iniziativa e volontà di intrapresa rispetto agli uomini, e non soltanto nelle cosiddette società avanzate.
In ogni caso, il problema si va imponendo all’attenzione del pubblico e dei critici, e non può più essere eluso. Le resistenze potranno solamente porre banali ostacoli e rinviarne la soluzione, comunque, riteniamo, nel breve periodo. I tabù e i pregiudizi sono destinati al tramonto irrimediabile. Tanto prima accadrà, tanto meglio sarà. Per noi e per la musica.

   
   
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