I Paesi europei
si stanno
preoccupando
di un problema sbagliato:
invece di pensare al dollaro debole, dovrebbero
occuparsi del loro euro forte.
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Il prezzo del dollaro sarà sempre deciso dal mercato. Non
certo da quel che dicono i ministri dell'Economia, né quelli
riuniti di recente a Boca Raton, né quelli che si riuniranno
in qualunque altra città del mondo. Ripeto: sono convinto
che all'economia americana giovi soprattutto che il valore della
valuta venga regolato dal mercato, e non da altri.

E' nelle cose il fatto che se il dollaro scende renderà
le esportazioni americane meno care e le importazioni più
costose, e ciò quindi contribuirà a ridurre il deficit
dei pagamenti degli Stati Uniti d'America.
Ci sono tuttavia prove a sufficienza da un ampio periodo di tempo
che dimostrano quanto non l’attuale amministrazione Bush,
ma nessuna amministrazione statunitense può riuscire a governare
il cambio della valuta. Certo, i consiglieri economici di Bush -
come quelli di precedenti presidenti americani - hanno tentato di
farlo, ma ogni volta sono finiti nei guai. Dunque, non mi sembra
proprio la strada da seguire.
Da più parti si chiede quale potrà essere l’impatto
sull'economia globale di un dollaro debole per un periodo prolungato.
Si può rispondere soltanto che ci saranno alti e bassi economici.
E personalmente non riesco a capire il perché di tutta questa
attenzione per la divisa americana. Il dollaro debole è il
risultato, non la causa, di ciò cui stiamo assistendo, perché
implica il fatto che c'è meno richiesta di moneta americana
e più richiesta di altre valute.
Di fronte al dollaro debole, i Paesi europei si stanno preoccupando
di un problema sbagliato. Invece di pensare al dollaro debole, dovrebbero
occuparsi del loro euro forte. Il vero problema dell'Europa è
la quotazione molto, troppo alta dell’euro. Questo dell'euro
super è il vero punto centrale. E' da qui che bisogna partire
per capire se c'è qualcosa che in questo momento non va,
non funziona. Non c'è motivo economico che giustifichi un
euro così forte. Siamo di fronte ad una contraddizione evidente
fra la debolezza delle economie europee e la quotazione della moneta
comune. Non so se a Boca Raton, in Florida, hanno discusso della
scarsa corrispondenza del valore dell'euro rispetto ai fondamentali
delle economie dei Paesi della zona-euro.
Di sicuro, l'Europa deve riformare la propria economia, in modo
particolare il proprio mercato del lavoro, così come il Giappone
deve sciogliere il nodo delle banche. Ma non mi pare che si tratti
di novità. Sono cose ben note. Si tratta però di processi
che richiedono molto tempo. Ogni riforma seria non si realizza nello
spazio di un mattino. Parlare delle riforme come se potessero cambiare
lo scenario in pochi mesi è una comprensibile tentazione
politica, ma non ha molto a che vedere con l'economia.
Che cosa augurarsi per l’immediato futuro: che i governi dei
Paesi più industrializzati si decidano a fare un passo indietro
e a lasciare fare i mercati, che determineranno le quotazioni delle
differenti valute. Nessuno deve interferire, in alcun modo. Perché
ogni volta che lo si fa, emergono per tutti problemi molto seri.
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