La Cina prosegue nella sua crescita sfrenata:
mai
in passato una grande nazione era riuscita
a crescere con questi ritmi per un periodo di tempo così
lungo.
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Negli Stati Uniti, economia di riferimento a livello mondiale,
è scoppiata la ripresa. Dileguati gli ultimi timori di una
perdurante recessione, dopo il drammatico attentato alle Torri Gemelle,
gli Usa hanno ricominciato a produrre, a vendere, ad acquistare.
E le prospettive di crescita non sembra debbano mutare. Il 2004
dovrebbe chiudersi con un progresso del Prodotto interno lordo pari
al 4,6 per cento; per il 2005 è previsto un ulteriore balzo
del 3,9 per cento.
Quattro le ragioni di questo successo: la politica monetaria espansiva,
con i tassi dinteresse più bassi degli ultimi quarantacinque
anni; la potentissima spinta fiscale (che da un surplus di bilancio
delluno per cento rispetto al Pil nel 2001 ha portato a un
deficit del cinque per cento nel 2003); il deprezzamento del dollaro
(che stimola le esportazioni); e infine la produttività del
lavoro, che continua a crescere grazie alla flessibilità
e alle ristrutturazioni. Sono quattro pilastri che danno solidità
a questa positiva ripresa. Quanto ai pericoli allorizzonte,
qualcuno evidenzia il rischio della ripresa inflazionistica, che
potrebbe far crescere i tassi e rallentare la crescita. E poi cè
il deficit americano, non sostenibile nel lungo periodo. Ma non
sono preoccupato per questi elementi.

Sul tema inflazione, i mercati esagerano la portata del pericolo,
come avevano esagerato nel valutare la recessione nel 2002 e la
deflazione nel 2003. Sul deficit lo stesso Presidente americano
ha dichiarato che nel giro di quattro o cinque anni la crescita
economica ne assorbirà una parte consistente, vale a dire
circa la metà. Cè anche la questione del deficit
commerciale, (pari a circa il cinque per cento del Prodotto interno
lordo), dovuto soprattutto al fatto che la Cina non ha rivalutato
ancora la sua moneta, cosa che tuttavia dovrebbe fare entro la fine
di questanno. Infine, sta rientrando anche lallarme
per la crescita senza occupazione.
In Europa il tasso di sviluppo è decisamente meno robusto
a confronto con quello statunitense. Le previsioni di crescita per
i principali Paesi variano tra l1,2 e l1,8 per cento,
e dovrebbero crescere fino al 2 per cento nel 2005. Sicuramente
migliore è lo scenario che si prospetta per il Regno Unito:
secondo gli esperti, già nel 2004 il Prodotto interno lordo
britannico dovrebbe essere positivo per un 3,5 per cento.
Ci sono varie ragioni per cui lEuropa sta viaggiando a una
velocità inferiore rispetto agli Stati Uniti: una politica
monetaria meno espansiva (per paura dellinflazione); una politica
fiscale poco coraggiosa (anche se la Francia e la Germania hanno
travalicato il rapporto tra il deficit e il Prodotto interno lordo
previsto dal Trattato di Maastricht); e infine, lapprezzamento
delleuro. Stime econometriche sostengono che le difficoltà
delle esportazioni dovute al caro-euro riducono la crescita del
Pil di circa mezzo punto. Anche le ristrutturazioni in atto non
sono abbastanza solide. Nel 1990 il Prodotto interno lordo pro-capite
con potere dacquisto in Europa era quasi uguale a quello degli
Stati Uniti; ai nostri giorni è pari soltanto al 76 per cento.
Eppure, malgrado tutto questo, anche lEuropa sta crescendo.

Nel resto del mondo non mancano altri segnali abbastanza incoraggianti.
Il Giappone dovrebbe chiudere il 2004 con una crescita pari al 3,2
per cento, trainato dal forte incremento delle esportazioni: dopo
tredici anni di crisi, sembra dunque aver risolto i problemi della
crescita. Soffre ancora, Tokyo, per i prestiti bancari non esigibili,
mentre le famiglie continuano a risparmiare troppo, forse perché
sono ancora incerte sul futuro; altrimenti, i risultati sarebbero
addirittura superiori. La Cina prosegue nella sua crescita sfrenata,
superiore agli otto punti percentuali. Mai in passato una grande
nazione era riuscita a crescere con questi ritmi per un periodo
di tempo così lungo.
Qualche problema di fondo permane, e ha proprio a che vedere con
una crescita che sembra insostenibile e che sta causando un incremento
dellinflazione e possibili problemi con il settore bancario
(dal quaranta al quarantacinque per cento dei prestiti non esigibili).
Si tratta in ogni caso di questioni risolvibili, o in via di risoluzione
attraverso la rivalutazione della moneta prevista per la fine dellanno.
Il prezzo delle materie prime in dollari è destinato a scendere,
e pertanto anche il problema inflazionistico sarà praticamente
risolto.
Restando nellarea asiatica, lIndia conferma il tasso
di sviluppo superiore al sei per cento (grazie in modo particolare
alle esportazioni di software e di tecnologia di gran livello);
per le altre Tigri asiatiche, la crescita varia tra il quattro e
il cinque per cento. Per i Paesi del Centro e dellEst Europa,
le stime segnalano un progresso del Prodotto interno lordo tra il
quattro e il 4,5 per cento. Bene anche la Russia, che crescerà
questanno di circa cinque o sei punti percentuali (analoghe
le stime per il 2005), affidando il suo sviluppo più allexport
delle materie prime che non alle ristrutturazioni. Infine, lAmerica
Latina registra tassi di sviluppo tra il tre e il quattro per cento,
con lArgentina prossima al cinque per cento. Molto meglio
dello scorso anno, anche se non ancora abbastanza per i Paesi emergenti
con alti tassi di incremento della popolazione.
Negli ultimi anni il Fondo monetario ha sempre dovuto rialzare le
prospettive di crescita, e questo è successo anche di recente.
Il sistema economico mondiale sta andando meglio del previsto e
cresce più di quanto non abbia fatto nel 2003. Siamo davvero
in una fase consolidata e generalizzata di ripresa.
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