Non va certo
trascurato il fatto che il sistema
bancario italiano può essere visto come un
laboratorio di
innovazione, che fa dellefficienza
e della redditività il proprio credo.
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Tra le molteplici possibili chiavi di lettura, due sono quelle
che questanno, a mio giudizio, si impongono allattenzione
e alla riflessione del lettore, scorrendo le dense pagine delle
Considerazioni Finali del Governatore della Banca dItalia:
limportanza dellinnovazione e il ruolo cruciale del
sistema bancario nel riavvio del ciclo economico del Paese.
Quanto alla prima delle due, limportanza dellinnovazione,
al di là di una citazione che compare già nella prima
riga di questo documento, evocandone i suoi aspetti funzionale,
organizzativo e tecnico per il migliore adempimento dei compiti
spettanti alla Banca Centrale, essa si conferma quale autentico
filo dArianna indispensabile per far uscire lItalia
e gli altri Paesi occidentali dalle secche del ristagno economico.

In realtà, non si tratta di una semplice affermazione di
principio ma di una documentata valutazione di risultanze. Si prenda,
ad esempio, il raffronto tra larea Euro e gli Usa, dove il
favorevole andamento degli investimenti in informatica viene posto
in cima allelenco dei fattori giustificativi di un proseguimento
nel ritmo sostenuto dellattività produttiva di quella
nazione. Ma in maniera ancor più netta linnovazione
viene chiamata in causa qualche pagina dopo, quando, analizzando
la situazione italiana, si sottolinea come vi sia «una dipendenza
dellaumento della produttività totale dei fattori dallintensità
degli investimenti in nuove tecnologie e dal grado di esposizione
internazionale». Un giudizio stilato sulla base di una ricerca
econometrica e che era stato preceduto da due affermazioni probanti
circa la riduzione del nostro peso reale nel commercio mondiale
(con una quota dei prodotti italiani scesa a prezzi costanti dal
4,5% del 1995 al 3,9% del 1998, per poi approdare malinconicamente
al 3,0% nel 2003) e circa la scarsezza di produzione di beni tecnologicamente
avanzati, rimanendo purtroppo lItalia ancorata a settori tradizionali
e alle nicchie del lusso.
Cè, altresì, da aggiungere che in Italia il
paradigma dellinnovazione trova reali difficoltà applicative
a causa di una persistente frammentazione della struttura produttiva
che rende complessa la via allo sviluppo tecnologico; una via che
può essere percorsa solo «con limpegno dei produttori,
eventualmente attraverso consorzi di medie e piccole imprese e la
collaborazione con i centri universitari di alto livello scientifico
di cui il nostro Paese dispone». Con queste parole si gettano
le basi e si delineano le condizioni di scenario per un nuovo modello
di sviluppo della società italiana in cui lindustria
deve ritrovare il suo ruolo propulsivo «contando sulle diffuse
e vivaci capacità imprenditoriali e su un ricostituito rapporto
di collaborazione con il sistema creditizio».

Già, le banche, la seconda chiave interpretativa; ad esse,
come forse si ricorderà, anche lo scorso anno veniva riconosciuta
dalla Banca dItalia una funzione di leadership ora riconfermata
e ancor più dettagliata nelle sue prerogative. Sorgono, pertanto,
spontanei gli interrogativi sul perché di tanta insistenza
nei confronti del sistema bancario e su quali sono i motivi giustificativi
per questa rivendicazione di funzione. Innanzitutto, non va certo
trascurato il fatto che il sistema bancario italiano può
essere visto come un laboratorio di innovazione, in quanto negli
ultimi anni «ha realizzato un processo di ristrutturazione
e di riallocazione proprietaria di ampiezza comparabile a quella
attuata, sia pure in un diverso contesto, negli anni Trenta».
Un laboratorio di innovazione che comunque fa dellefficienza
e della redditività il proprio credo, sia nella riorganizzazione
delle strutture aziendali con caratteristiche operative disomogenee,
sia nella razionalizzazione dei diversi canali distributivi, sportelli,
rete di promotori e canali telematici.
Ma, al di là di questi aspetti strutturali e morfologici,
sono gli ambiti applicativi che altrettanto vistosamente qualificano
il percorso compiuto dalle banche sui sentieri dellinnovazione.
Non potendo soffermarci adeguatamente sulla loro totalità,
ci si limiterà ad alcuni dei più significativi.
Si prenda in considerazione il versante dei rapporti tra banche
e Internet. La rete delle reti ha da molto tempo catturato linteresse
delle banche, che inizialmente lhanno utilizzata principalmente
come veicolo di immagine (chi non ricorda i cosiddetti siti vetrina,
dietro i quali cera in effetti ben poca sostanza?). La situazione
si è, peraltro, positivamente evoluta al punto che attualmente
si riscontra su Internet una presenza pressoché completa
delluniverso italiano delle banche in grado di offrire servizi
informativi, così come almeno 9 banche su 10 sono in grado
di competere nei servizi dispositivi. Minore, ma comunque ragguardevole
(circa il 40%) risulta, infine, la percentuale di aziende bancarie
che partecipano ad iniziative di e-commerce.
Dunque, il tema delle-banking, un tema trattato non molto
tempo fa in questa stessa Rivista, si pone come autentica realtà
innovativa del nostro Paese, propiziato probabilmente da alcuni
fattori concorrenti: una maggiore convenienza comparata rispetto
ai canali tradizionali (minori costi), un graduale ma costante cambiamento
nei gusti e nelle preferenze del consumatore di prodotti finanziari
e una favorevole evoluzione del quadro normativo. Su questultimo
fattore vale la pena di fare una breve digressione e di spendere
qualche parola in più: infatti, dopo lintroduzione
del riconoscimento del valore legale della firma elettronica, agli
inizi di questanno in ottemperanza ad una direttiva europea
del 2001 lordinamento italiano si è arricchito della
figura della fatturazione elettronica. Ciò significherà,
in prospettiva, favorire il trattamento automatico dellintero
ciclo commerciale e finanziario, ma soprattutto porre i due interlocutori
del rapporto banca-impresa in grado di parlare un linguaggio articolato
sui presupposti dellefficienza, della semplificazione e della
razionalizzazione.
Chiusa la parentesi sullinflusso della cornice normativa,
torniamo allutilizzo di Internet per sottolineare un dato
rassicurante anche in proiezione futura, la sostanziale stabilità
della percentuale di frodi su operazioni a distanza e di quella
delle frodi sul totale delle operazioni svolte con carte di credito.
Il riferimento alle carte di credito schiude luscio ad un
tema altrettanto sensibile allinnovazione, quello degli strumenti
di pagamento. E, infatti, sicuramente sintomatico che le carte
di credito che hanno raggiunto quota 12,5 milioni di unità
(con un incremento di 1 milione sullanno precedente) hanno
visto crescere la numerosità delle operazioni svolte su Internet
(7,4%) a fronte di un aumento complessivo, ma minore, delle transazioni
svolte (+4,4%).
Ma il nuovo che avanza non si limita a ciò: da
un lato i bonifici su Internet risultano raddoppiati rispetto al
2002 e risultano aver toccato i 15 milioni di unità; dallaltro
sembrano incontrare un favore crescente le operazioni di pagamento
in rete effettuate con carte prepagate e moneta elettronica (oltre
60mila) con uno scatto di crescita veramente considerevole (queste
operazioni si sono, infatti, quintuplicate!).
Questo trend positivo colpisce ancor di più se paragonato
agli andamenti degli altri strumenti di pagamento: si registra,
infatti, un arretramento nelluso degli assegni e una marcata
decelerazione per i prelievi di contante da ATM (per questi ultimi,
finito leffetto conversione lira/euro, la crescita è
stata solo del 2,8%). Per completezza di quadro conoscitivo si ricorda
che le carte di debito dal canto loro, pur rimanendo sui livelli
del 2002 quanto a numerosità (sono 25 milioni gli esemplari
in circolazione), hanno segnato una significativa crescita delle
transazioni effettuate (+8% per complessivi 570 milioni di transazioni).
Se queste sono alcune delle credenziali in mano al sistema bancario
sul fronte dellinnovazione, meglio si comprende allora perché
Fazio riaffermi con vigore che «le banche, la loro iniziativa,
la loro capacità di operare inserendosi in uno sforzo corale
sono indispensabili per una nuova fase di sviluppo».
Il monito del Governatore si cala in uno scenario caratterizzato
dalla ricerca e dalla definizione di regole chiare per tutti i protagonisti
della vita sociale ed economica e per tutti i possibili spazi applicativi,
a cominciare da un versante così delicato e altrettanto problematico
quale il rapporto banca-impresa. In questa ottica consentire alle
imprese di riappropriarsi del ruolo di motore centrale in uneconomia
tradizionalmente di trasformazione non si traduce soltanto in un
miglioramento dei profitti per le singole entità, ma fa salire
allintero sistema Paese alcuni gradini nella difficile
scala della competitività internazionale.
Ecco spiegato linvito a «proiettarsi in un futuro che
dovrà fondarsi su un insieme armonico di valori morali, di
leggi, di strutture economiche che diano sostanza alle aspettative
di quanti [
] attendono un miglioramento delle loro condizioni
di vita» 6. Condizione necessaria per creare un nuovo patto
intergenerazionale dal quale dipendono le condizioni di progresso
civile, sociale ed economico del Paese.
Ci fermiamo qui in questa lettura delle Considerazioni Finali,
svolta sul sentiero dellinnovazione, che ci ha permesso attraverso
le chiavi interpretative suggerite di cogliere la decisa volontà
della Banca Centrale di indirizzare il Paese verso un nuovo modello
di sviluppo.
Prima di concludere, però, può essere di conforto
riscontrare altri segnali che vanno in questa stessa direzione:
accenti simili a quelli del Governatore appaiono, infatti, anche
nel discorso di insediamento del nuovo Presidente di Confindustria,
così come la volontà di progredire insieme ha dato
vita nello scorso mese di giugno ad un osservatorio permanente sui
rapporti banca-impresa, risultato concreto di un tavolo di lavoro
congiunto delle principali associazioni di categoria. Si è
forse allinizio di una nuova fase in cui il linguaggio e la
volontà comuni appaiono sempre più indispensabili
in un momento storico dove la dimensione europea sta compiendo dei
passi in avanti essenziali, pungolando i singoli partecipanti ad
atteggiamenti proattivi e non di mera partecipazione simbolica.
Se dunque Bruxelles chiama, è bene che Roma risponda adeguatamente:
che sia finalmente la volta giusta perché un sogno affascinante,
la creazione di un sistema Paese, si traduca in realtà
tangibile?
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