Oggi si può
parlare di un vero e proprio sistema di aree protette che si avvia
verso un futuro in cui economia ed
ecologia possono convivere
perfettamente.
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Quanti di coloro i quali si sono tuffati nelle acque di Rio Maggiore
o Portovenere, hanno fatto snorkelling nei fondali dellisola
di Ustica o in quella di Capraia, hanno attraversato in barca a
vela le acque che circondano Ventotene, hanno perlustrato le suggestive
insenature della Penisola Sorrentina o si sono lasciati avvolgere
dalla frescura delle docili correnti di Porto Cesareo, si sono resi
conto che non si trattava di mari qualsiasi, ma di preziosissimi
lembi di un patrimonio italiano da tutelare e allo stesso tempo
da valorizzare?
Il nostro Paese ne conta ben ventitré, (venti aree marine
protette, due parchi archeologici sommersi e un santuario per i
mammiferi marini), ma presto la loro estensione geografica sarà
aumentata con la nascita ufficiale di altre superfici tutelate.
Allo stato attuale, parliamo di oltre 190 mila ettari di mare e
di più di 570 chilometri di costa: una rete azzurra
caratterizzata da innumerevoli ambienti marini e costieri, un vero
e proprio sistema di aree che ha il duplice ruolo di conservazione
della biodiversità e di sviluppo e sostentamento delle comunità
locali.
Un impulso molto forte alla tutela e alla valorizzazione di questi
autentici tesori italiani è stato dato nellultimo triennio,
che ha visto nascere quattro nuove aree marine protette, i due parchi
archeologici sommersi e il santuario dei cetacei. Queste aree di
eccellenza, in cui sono sintetizzate le caratteristiche naturali
tipiche della Penisola, sono meta ideale di eco-turisti convinti,
ma anche di semplici visitatori e amanti degli ambienti naturali
che scelgono di praticare vacanze ed escursioni eco-compatibili.

La missione delle aree marine protette, infatti, non è soltanto
quella della conservazione degli habitat, della protezione e della
tutela, quindi, della natura e delle peculiarità della fauna
e della flora, ma anche quella di valorizzare gli aspetti culturali,
sociali ed economici delle realtà locali: ed è esattamente
ciò che si va sempre più verificando in numerose aree
marine protette.
Turismo sostenibile, dunque, ma non solo. I parchi marini si trasformano
in veri e propri laboratori di studio e di ricerca, per diventare
modelli di promozione delleducazione ambientale (in alcune
aree si sta sperimentando anche la delfinoterapia). Per questa ragione
divengono teatro di progetti volti allinformazione e alla
divulgazione destinati ai bambini, e che prevedono anche attività
nelle scuole elementari con lorganizzazione di concorsi nazionali
a tema. Né mancano iniziative per laccessibilità
e la fruizione del territorio e dei servizi ai disabili e agli anziani,
o azioni volte alla promozione della fruizione sostenibile da parte
del turismo più complesso, quello nautico.
La mappa del mare protetto è distribuita sullintero
territorio nazionale, con maggiore presenza nelle regioni meridionali
e nelle due grandi isole, dove si sono avute le più recenti
espansioni. In Sicilia, infatti, ai parchi marini di Ustica, delle
Isole dei Ciclopi e delle Egadi, si sono aggiunti quelle delle Isole
Pelagie e di Capo Gallo, nellIsola delle Femmine. La Sardegna,
invece, ospita le aree marine protette dellIsola di Tavolara-Punta
Coda Cavallo, della Penisola del Sinis-Isola Mal di Ventre, di Capo
Carbonara, dellAsinara e di Capo Caccia- Isola Piana (queste
ultime due istituite lo scorso anno). In Puglia, oltre alle Isole
Tremiti, spiccano i parchi marini di Torre Guaceto e di Porto Cesareo.
Da qui, scendendo verso la pianta dello Stivale, si raggiunge lunica
area marina calabrese, quella di Capo Rizzuto. La Campania, oltre
alla celeberrima Punta Campanella, la propaggine estrema del lungo
sperone roccioso della Penisola Sorrentina, custodisce entrambi
i parchi archeologici italiani, quelli di Baia e di Gaiola, un intero
universo risalente alletà romana, che il mare ha tenuto
nascosto. Queste due aree, insieme a quella marina protetta di Secche
di Tor Paterno, al largo della costa laziale, possono essere definite
le aree sommerse, vale a dire aree che non hanno perimetrazione
sulla terraferma e il cui valore è tutto da ricercare nei
fondali.
Il Centro-Nord dellItalia ospita laltra area marina
della regione Lazio, quella delle Isole di Ventotene e di Santo
Stefano, nellArcipelago Pontino. Risalendo lungo il litorale,
fino a raggiungere la costa del Mar Ligure, incontriamo i due parchi
marini di Portofino e delle Cinque Terre. Anche una striscia di
questo mare forma il santuario per i mammiferi marini, area marina
internazionale.
Sullaltro versante costiero, quello adriatico, ci imbattiamo
nella riserva di Miramare, in Friuli-Venezia Giulia.

La geografia del mare protetto, dicevamo, è destinata a
crescere. Sono ormai giunte alla fine del loro iter istitutivo,
infatti, altre quattro aree: Santa Maria di Castellabate e Costa
degli Infreschi, nel Cilento; Capo Murro di Porco, in Sicilia; Capo
Testa-Punta Falcone, in Sardegna. Lo scrigno con tutti i colori
del mare italiano potrà diventare ancora più prezioso,
nel momento in cui si sommeranno altre zone protette, particolarmente
nelle regioni meridionali della Penisola. Nomi? Se ne possono fare
a iosa: le due coste di Santa Maria di Leuca, dalla ionica Ugento
alladriatica Porto Badisco, ricchissime di grotte marine e
costiere oggetto di numerosi studi scientifici; le zone umide del
Salento, con rigorose norme che regolino, ad esempio, lo sviluppo
alle Cesine di un turismo eco-compatibile; la tutela di quanto di
buono è rimasto nel calabrese Capo Vaticano, zona che fu
difesa a oltranza dallo scrittore Berto (il vicentino autore de
Il cielo è rosso e de Il male oscuro che sono stati due capolavori
della narrativa italiana contemporanea), finché fu in vita,
e che alla sua morte venne invaso fin sullorlo del mare da
un numero abnorme di seconde case in forma di villette e piccoli
condominii; la fascia che bagna Capo Colonna, sempre in Calabria,
baricentro delle poleis dei coloni greci che sbarcarono
qui fra il VII e il VI secolo prima di Cristo; il mare che bagna
Mozia, in Sicilia, anchessa un baricentro, ma della civiltà
fenicia, al modo dellarea di Tharros, in Sardegna
Del resto, cantieri sparsi, anche se non sempre operativi, per insufficienza
di finanziamenti, ci sono. Se in molti tratti costieri della Penisola
sono stati individuati relitti di navi naufragate con carichi di
mercanzie e vari materiali da trasporto, (anfore, in genere), va
ricordato il caso dei Gemelli di Riace, il cui recupero ci ha restituito
due capolavori dellarte ellenica. Rammentiamo, fra laltro,
le ricerche subacquee di un archeologo dilettante, Raffaele Congedo,
che aveva esplorato molti tratti costieri salentini (era solito
persino dipingere quadri ad olio sottacqua), localizzando
ad esempio da Porto Cesareo a nord alcune enormi colonne e una vasca
in marmo pregiato, evidentemente colate a picco con la nave oneraria
che le trasportava, e che lì sono rimaste, per la difficoltà
di riportarle in superficie e, a quanto pare, per i mezzi finanziari
mai resi disponibili per il loro recupero. Congedo raccolse le sue
esperienze in un libro, Salento scrigno dacque, ormai pressoché
introvabile, nel quale indicava tutte le coordinate (disegni compresi)
dei suoi ritrovamenti.
Piccoli, ma anche meno piccoli cantieri marini, e sparsi cantieri
terrestri. Si riteneva che a Capo Colonna ci fosse poco o nulla
da riportare in luce, al di là della superba colonne dellantico
tempio di Hera Lacinia. Ma scavi recenti hanno messo in luce una
serie di ambienti che hanno allargato notevolmente il recinto archeologico,
in una regione che in Magna Grecia ebbe poleis di enorme
rilevanza per civiltà, storia e cultura. E passando dalla
Calabria alla Puglia settentrionale, non va dimenticato che una
città come Arpi, solo parzialmente riportata alla luce, può
rivelare una struttura urbana addirittura più vasta di quella
di Pompei, con probabile presenza di altri tesori darte.
Ventitré le riserve marine, ventiquattro per ora
i parchi nazionali esistenti nel nostro Paese: una situazione che
ha portato lItalia ai primi posti in Europa per qualità
e quantità del verde protetto (con la copertura dell11
per cento del territorio di tutta la Penisola). Un bel successo
per una nazione, che è stato riconosciuto anche dallUe
e dallOcse. Ma non è soltanto una questione di numeri.
Si è voluto fortemente puntare sulla valorizzazione di queste
aree, non solo incrementando quelle da tutelare, ma coniugando tutela
dellambiente, sviluppo, crescita economica e identità
territoriale. Oggi si può parlare di un vero e proprio sistema
di aree protette che si avvia verso un futuro in cui economia ed
ecologia possono convivere perfettamente. Lo slogan ambiente
come opportunità di sviluppo sta trovando una concreta
attuazione. La gestione dei territori contribuisce allo sviluppo
locale, attraverso le attività compatibili con lambiente,
che riguardano lagricoltura di qualità, il turismo
sostenibile, lartigianato tipico, la ricerca. E in questo
modo che i parchi si stanno trasformando da luoghi inaccessibili
a laboratori di studio ed esperienze per la valorizzazione delle
risorse, in una visione sistemica tra le più complete del
Vecchio Continente, in cui convivono natura, cultura ed eco-sviluppo.

E necessario insistere in questa direzione per garantire
un analogo sviluppo anche alle aree marine protette. Allo stato,
tutti gli sforzi sono rivolti al potenziamento del sistema parchi
marini. Tutela del mare e simultanea incentivazione delle attività
legate ad esso possono rappresentare la formula che porta direttamente
allo sviluppo di un sistema integrato. Sono già numerose
le iniziative nate per potenziare le attività tradizionali:
dalle immersioni allo snorkelling, dalle escursioni guidate al pescaturismo,
alle visite ai Musei del mare e agli acquari. Sempre più
diffusi sono, ad esempio, il sea-watching, praticabile anche navigando
su battelli a fondo trasparente, e il whale-watching, per andare
alla ricerca dei giganti del mare, come balene, capodogli e delfini,
facilmente avvistabili nel Santuario dei mammiferi, la vasta zona
tutelata compresa tra le coste toscane, liguri, sarde, francesi
e del Principato di Monaco.
Proprio per tenere alta la guardia nei confronti della salute del
nostro mare è stato messo in moto un Programma di monitoraggio
dellambiente marino-costiero, in collaborazione con le quindici
regioni italiane bagnate dal mare. In un triennio sono stati archiviati
circa 250 mila dati, col controllo di 81 aree marine variamente
considerate lungo le coste. Per la prevenzione e la lotta allinquinamento
da idrocarburi e da altre sostanze nocive opera una flotta di 71
unità navali: 10 navi daltura, 12 unità speciali
e 49 mezzi costieri (due unità vennero impiegate con successo
alle operazioni di disinquinamento sotto le coste galiziane della
Spagna, in seguito allincidente della Prestige).
Sono coinvolti per ora 310 marittimi e 42 operatori terrestri; si
pattugliano costantemente gli 8.000 chilometri delle coste nazionali.
Infine, si dispone di 15 battelli ecologici antinquinamento, che
presto diventeranno 30, destinati al pattugliamento delle sole aree
marine protette situate in Liguria, Lazio, Sardegna, Sicilia, Campania,
Calabria e Puglia.
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