Marzo 2005

Cina più vicina?

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Collaborare per il futuro
Carlo Azeglio CIAMPI Presidente della Repubblica Italiana
 
 

I rapporti tra l’Italia e la Cina, e tra questa e l’Unione europea, si possono sviluppare solo all’interno di un sistema di regole cer-te e condivise, da rispettare con rigore.

 

Sin dal 1983, quando mi sono recato in Cina per la prima volta – primo Governatore di una Banca centrale occidentale a visitare la Repubblica Popolare Cinese – ho constatato una forte volontà di collaborazione, l’ampiezza delle opportunità, un’evidenza di rilevanti complementarità. Rimasi colpito dalla consapevolezza dei dirigenti cinesi dei problemi da risolvere e dalla loro determinazione a condurre il Paese verso nuovi orizzonti di progresso. Sottolineai – nei contatti con i responsabili di governo e dell’economia – l’importanza prioritaria di approfondire la conoscenza reciproca, anche attraverso scambi nel settore della formazione. Illustrai la struttura del sistema industriale italiano, i suoi punti di forza e il dinamismo delle nostre imprese; capacità che le rendono, ora come allora, capaci di sostenere la competizione con gli altri Paesi sul mercato cinese.
In quel periodo la Cina aveva un’economia totalmente pianificata, ma portava già i segni di una forte volontà di sviluppo che avrebbe presto alimentato una straordinaria trasformazione. Questo Paese ha quintuplicato il proprio Prodotto interno lordo nell’arco di vent’anni; è divenuto il più grande e dinamico mercato mondiale; sta modificando la geografia economica del mondo. E’ naturale che un’ascesa di dimensioni così ampie e al tempo stesso così rapida susciti ansietà, oltre che curiosità e aspettative. Ma la forte integrazione della Cina nello sviluppo mondiale è un dato – probabilmente la più significativa trasformazione economica in atto nel XXI secolo – con cui dobbiamo misurarci con fiducia per coglierne appieno le potenzialità; è una realtà alla quale dobbiamo partecipare.
Vi sono tutte le premesse affinché Italia e Cina conferiscano ai loro rapporti maggiori coerenza e sistematicità. La visita in Italia del Primo ministro cinese Wen Jiabao nel maggio dello scorso anno ha messo in luce come questa convinzione risponda alle attese dell’una e dell’altra parte.
Non ho dubbi che i nostri imprenditori dispongano delle qualità – coraggio e dinamismo, spirito d’iniziativa e capacità d’adattamento – necessarie per affermarsi nel mercato cinese, che sapranno accrescere la loro competitività per far fronte alla concorrenza sempre più agguerrita.
Vi sono imprese che soffrono della concorrenza cinese; altre che hanno investito in questo Paese, creando crescita e occupazione e traendone profitto. Il successo di chi ha scelto questa strada conferma la validità dell’esempio industriale italiano, costituito, oltre che da alcuni grandi complessi industriali di fama internazionale, da un tessuto di piccole e medie imprese – tecnologicamente avanzate, spesso provviste di una propria capacità di ricerca, di notevole flessibilità organizzativa – che presentano affinità e complementarità con l’economia cinese.
Occorre guardare lontano: nei prossimi vent’anni in Cina si svilupperanno su larga scala i consumi privati e i servizi ad essi collegati, aumenterà la spinta verso una migliore qualità della vita; crescerà, con un ritmo sostenuto, non solo il numero dei nostri concorrenti, ma anche quello dei potenziali acquirenti dei nostri prodotti.


La competitività dell’industria italiana non si manifesta solo nei tradizionali beni di consumo (dalla moda al design), ma investe anche settori ad alta tecnologia e una vastissima gamma di macchinari specializzati e di beni intermedi, che sono grandemente richiesti proprio dai Paesi emergenti.
Poiché l’Italia è un Paese povero di materie prime, molti dei nostri prodotti pongono, nella loro ideazione, un’estrema attenzione al risparmio energetico e di materiali; la Cina progredisce su una traiettoria di sviluppo ad alta, dispendiosa, intensità di energia e di materie prime: è un altro profilo sotto cui valutare positivamente il vantaggio di nuove partnership bilaterali. Per antica cultura artigianale, evoluta col tempo in sofisticata cultura industriale, i nostri imprenditori sono lontani dagli atteggiamenti rigidi talora rimproverati dai Paesi emergenti ai produttori degli Stati più sviluppati.
L’Italia ha tutti i numeri per affermarsi solidamente nella realtà dell’economia cinese. Occorre incutere fiducia, mostrando concretezza, serietà. Occorre la capacità di tutti gli operatori economici italiani, siano essi pubblici o privati, e delle nostre Istituzioni di muoversi in modo sinergico, varando strategie ed effettuando investimenti che mirino a una presenza capillare e duratura e non estesa solo ai grandi agglomerati urbani costieri.
Il Forum industriale organizzato da Confindustria e dall’Istituto per il commercio con l’estero (Ice) che si è svolto a Shanghai durante la mia visita di Stato ha costituito un’occasione per mettere a frutto preziose possibilità di cooperazione, uno stimolo all’innovazione del sistema produttivo di entrambi i Paesi. Ma è chiaro che i rapporti tra l’Italia e la Cina, e tra questa e l’Unione europea, si possono sviluppare solo all’interno di un sistema di regole certe e condivise, da rispettare con rigore: esso deve costituire il principio cardine delle relazioni internazionali.
La Cina è forse il Paese che più di tutti ha beneficiato della liberalizzazione degli scambi. Ora che ha aderito all’Organizzazione mondiale del commercio (Omc) – grazie anche all’appoggio di Italia e Unione europea – ci attendiamo che essa partecipi alle responsabilità globali di assicurare uno sviluppo armonioso del commercio mondiale. Questo presuppone il rispetto delle norme in materia di concorrenza, la tutela dei diritti di proprietà intellettuale, la trasparenza del quadro giuridico, l’abolizione delle restrizioni in atto per le industrie straniere e la rimozione di ogni altra forma di distorsione del commercio e degli investimenti.

Il celere sviluppo industriale cinese pone dei problemi di compatibilità con la tutela dell’ambiente. L’Italia può promuovere in Cina una promettente cooperazione in questo settore, nella certezza che la protezione dell’ambiente è una delle materie che più richiedono collaborazione, in via bilaterale e multilaterale. In questo campo, sono stati avviati dei progetti di pregio, come il padiglione di Quinghua a Pechino, realizzato con le più avanzate tecnologie ambientali messe a punto nel nostro Paese; esse saranno in tal modo introdotte nell’edilizia cinese in rapida crescita.
I legami culturali tra i nostri due Paesi creano, oltre a reciproca conoscenza, importanti opportunità di collaborazione. Con questo spirito l’Italia partecipa da tempo al restauro di monumenti che sono simbolo della storia cinese, come la Città Proibita, e si accinge ad offrire il suo impegno anche in quello della Grande Muraglia.
La Cina non è solo un’antica civiltà e una dinamica realtà economica. E’ anche un attore politico, chiamato – come l’Unione europea – ad assumere un ruolo crescente nella sfera internazionale. Europa e Cina condividono l’interesse ad affrontare insieme le grandi sfide del nostro secolo: da quelle di governabilità, come la prevenzione delle crisi regionali e internazionali, e la loro gestione nel quadro delle istituzioni multilaterali e delle Nazioni Unite, alla promozione di uno sviluppo sostenibile che impone una corretta gestione delle risorse naturali del pianeta, alla ricerca di fonti di energia rinnovabili, al concreto impegno nel prevenire cambiamenti climatici. E, soprattutto, il superamento del divario Nord-Sud.

 

   
   
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