Marzo 2005

Azienda italia 2005 - previsioni potenziali

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Economia condizionata
da Cina, dollaro e petrolio
Mario Deaglio Presidente della Repubblica Italiana
 
 






Bisogna che tutti, non solo le
imprese ma anche i cittadini,
recuperino il gusto di orizzonti più ampi, di strategie d’impresa e di piani di vita che vadano al di là
di un periodo
di pochi mesi.

 

Pareri, giudizi, sentenze, divinazioni: tutti si rivolgono agli economisti chiedendo loro una divinazione qualsiasi, purché positiva. Al bisogno “tecnico” di impostare la propria attività sull’arco dell’anno solare, alla voglia di “fare il punto”, si aggiunge un desiderio scaramantico di scacciare i demoni dell’incertezza: il pubblico non si accontenta che gli economisti indossino l’abito dello sciamano ed estraggano dalla borsa una sfera di cristallo. Pretende anche che la sfera sia colorata di rosa, anche se, dati i tempi, non può che trattarsi di un rosa molto pallido.

In realtà gli economisti non conoscono il futuro, non sono degli sciamani, non dispongono di sfere di cristallo, più o meno colorate, e, il più delle volte, fanno previsioni – che preferiscono chiamare proiezioni – solo perché tirati per i capelli, ben sapendo che sono debolissime. Non è un caso che organismi internazionali illustri, come Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale, abbiano sbagliato alla grande le loro previsioni degli ultimi 4-5 anni, soprattutto per l’instabilità del quadro politico mondiale che ha tolto punti fermi sui quali impostare qualsiasi ragionamento sul futuro.
In realtà, l'economista non si chiede «che cosa succederà?», un interrogativo al quale la sua risposta vale all’incirca quella di un comune mortale, ma «che cosa succederebbe se non ci fossero imprevisti?». Il suo è un esercizio di logica, non un vaticinio, esercizio particolarmente faticoso in anni in cui gli imprevisti sono diventati la regola, e le statistiche risultano sempre meno buone. Il deterioramento della qualità delle cifre deriva dal rapido mutamento delle strutture produttive e degli stili di vita, e dall’estendersi di fenomeni, come l’economia irregolare e quella criminale, che non si riescono a misurare in maniera soddisfacente e talvolta anche dal taglio delle risorse con cui fare indagini serie.
Va aggiunto che, in un quadro economico poco dinamico, com’è quello attuale dell’economia italiana ed europea, tutte le previsioni si “schiacciano”, differiscono tra loro di pochi decimali; e che, data l’imprecisione statistica, prevedere una crescita del prodotto lordo all’1,2 oppure all’1,5 per cento è praticamente la stessa cosa: significa semplicemente crescita moderata, appena un po’ sopra la stagnazione.

Il meglio che si può fare è quindi elencare ordinatamente i fattori di incertezza e provare a formulare qualche ipotesi sugli effetti che avrà sull’economia italiana un’evoluzione probabile delle variabili più note, il che non è un esercizio inutile, visto che l’affanno nazionale sulla legge finanziaria ci ha indotto a dimenticare fattori ben più importanti che incideranno sulla crescita italiana.
Assai più che dagli sgravi fiscali e dagli incentivi alle imprese, infatti, l’andamento dell’economia italiana dipenderà da tre lontani fattori internazionali che, nell’ordine, sono la congiuntura cinese, il cambio euro/dollaro, il prezzo del petrolio. Come dire che, per determinare come andranno le cose in Italia nel 2005, il premier cinese è importante almeno quanto il nostro ministro dell’Economia, e l’Opec almeno quanto i nostri sindacati. Ed è un frutto del nostro provincialismo che si parli molto del nostro ministro e dei nostri sindacati, e molto meno del premier cinese e dell’Opec.
L’importanza della congiuntura economica cinese è evidente se si considera che all’incirca un terzo di tutta la crescita mondiale del 2004 ha avuto luogo in quello che una volta si chiamava il Celeste Impero e che proprio la Cina, con il suo dinamismo economico, è stata il vero motore dell’economia mondiale. Alla domanda diretta cinese di prodotti si aggiungono cospicui effetti indiretti, in quanto tutta l’Asia Orientale, Giappone compreso, ha ricevuto uno stimolo assai importante dalla domanda cinese e questo stimolo ha coinvolto anche l’Italia che pure deve fare i conti con gli effetti negativi di un’aumentata concorrenza asiatica, soprattutto nel settore tessile.
La crescita cinese è destinata a rallentare nel 2005. Rendendo più caro il costo del denaro, le autorità di Pechino si sono giustamente preoccupate di ridurre la velocità di espansione, ora assolutamente folle, e non c’è dubbio che una simile politica avrà effetti frenanti sulla crescita mondiale; non sappiamo però né quale sarà l’entità di un simile rallentamento né quanto peserà sugli altri Paesi. Si può comunque ritenere che se la riduzione della crescita si manterrà nell’ordine di 1-2 punti percentuale – ossia se la crescita del prodotto lordo cinese passerà dal 10 all’8 per cento circa – non dovremmo risentirne più di tanto e potremmo anche esser favoriti dall’autolimitazione delle esportazioni tessili cinesi (proprio per far piacere all’Europa, Pechino ha imposto dazi alle proprie esportazioni tessili). Se la crescita dovesse abbassarsi in maniera più sensibile, ne soffriranno le molte imprese italiane che, dopo un ritardo iniziale, hanno intrapreso con entusiasmo un’avventura cinese.
Oltre che alle cifre della crescita cinese, l’attenzione italiana dovrebbe essere rivolta al costo del denaro americano, previsto in graduale ma sensibile risalita nel corso del 2005. Tale risalita dovrebbe per lo meno frenare la caduta del dollaro e dare un po’ di fiato a un euro troppo alto che taglia le ali agli esportatori italiani, e non solo a quelli che esportano verso l’America ma a tutti quelli che si trovano in concorrenza con Paesi le cui produzioni sono espresse in dollari. Certo, con il denaro più caro, gli Stati Uniti dovrebbero crescere meno, ma si può ritenere che questo freno sia più che compensato dagli effetti espansivi sulle esportazioni negli Usa e altrove. Si può ritenere che una stabilizzazione del cambio al livello di 1,3 dollari per un euro rappresenterebbe un livello ottimale.

Infine, il prezzo del petrolio. La condizione migliore per l’Italia e per tutta l’Europa sarebbe quella in cui, dopo le fiammate speculative degli scorsi mesi, esso si assestasse tra i 35 e i 40 dollari al barile. A questo prezzo, i Paesi produttori sono in grado di aumentare consumi e investimenti e quindi la loro domanda di prodotti italiani segnerà una buona crescita e, al tempo stesso, gli effetti frenanti del caro-petrolio risultano sopportabili.

Crescita cinese all’8 per cento, euro a 1,3 dollari, petrolio a 35-40 dollari: ecco tre cifre di riferimento che il lettore potrà usare nel corso del 2005 per un sommario esame delle condizioni esterne dell’economia italiana. Se la prima cifra si dovesse abbassare e le altre due dovessero alzarsi sensibilmente, il lettore saprà che siamo fuori rotta; solo se invece ci sarà buon vento e queste “stelle polari” rimarranno nei limiti indicati, le misure previste dalla legge finanziaria avranno veramente rilevanza.
Come sappiamo, queste misure non sono le migliori possibili per stimolare la crescita, in quanto sarebbe stato a breve termine più efficace aumentare la spesa pubblica anziché ridurre le imposte e, in subordine, ridurre le imposte prevalentemente per i contribuenti delle fasce basse di reddito. Questo discostarsi delle scelte ottimali di breve periodo è il risultato di una precisa decisione politica; all’economista non rimane che prenderne atto e registrare la probabilità che da quella legge finanziaria derivi comunque uno stimolo all’espansione, anche se più modesto di quello che altrimenti si sarebbe potuto ottenere.
Tutto questo lungo discorso ci porta alle conclusioni, generalmente condivise, di una crescita compresa nel 2005 tra l’1 (o forse l’1,2; ma, come spiegato sopra, quest’accanimento sui decimali non è significativo) e l’1,5 per cento, con la possibilità di un profilo in moderata salita nel corso dell’anno dal tasso annuo dello 0,8-1 per cento del primo trimestre a quello dell’1,8-2,2 dell’ultimo trimestre. Un simile scenario è vulnerabile, oltre che al discostarsi delle variabili estere dai livelli sopra indicati, anche a due evoluzioni interne: l’andamento della finanza locale e la tenuta del sistema delle imprese.
La legge finanziaria, infatti, scarica una parte delle proprie tensioni sugli enti locali e scommette quindi sulla loro capacità di contenere la spesa (strutturalmente crescente a tassi piuttosto elevati) senza ridurre eccessivamente la qualità dei servizi resi ai cittadini. Se tale scommessa dovesse essere persa, gli equilibri della legge finanziaria sarebbero rimessi in discussione; l’area più sensibile è rappresentata dalla spesa sanitaria, dove l’effetto dei tagli sarebbe più immediatamente percepito dal cittadino-utente. Le amministrazioni locali, quindi, devono “tenere”, ossia impostare in modo nuovo la propria attività.
Contemporaneamente devono “tenere” anche le imprese, sottoposte alle tensioni del caro-euro e del basso costo delle importazioni dai Paesi emergenti. E’ interessante notare, a questo proposito, che quasi tutti i grandi gruppi italiani pubblici e privati hanno effettuato nel corso del 2004 manovre incisive di ristrutturazione, fusione, rinnovo dei vertici e delle strategie. Vedremo nel 2005 se queste operazioni porteranno davvero frutto.
In conclusione, più che la quantità della crescita, comunque scarsa, conterà la qualità: la salita del prodotto lordo potrà infatti derivare in maniera prevalente da un “rimbalzo” congiunturale oppure dall’inizio di un cambiamento strutturale, dal tentativo di risolvere davvero, sia a livello pubblico sia a livello privato, i nodi dei trasporti e dell’energia, dell’istruzione e della ricerca. E bisogna che tutti, non solo le imprese ma anche i cittadini, recuperino il gusto di orizzonti più ampi, di strategie d’impresa e di piani di vita che vadano al di là di un periodo di pochi mesi.
E così la proiezione-previsione rischia di trasformarsi in predica-speranza. Tanto vale allora chiuderla con una citazione di Leopardi che, nel Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggero, afferma in maniera ironica: «... il caso, fino a tutto quest’anno, ha trattato tutti male... Coll’anno nuovo, il caso comincerà a trattar bene voi e me e tutti gli altri, e si principierà la vita felice».

   
   
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