Marzo 2005

Problemi del mondo

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Le crisi e la povertà
Rodrigo Rato Direttore Generale del Fondo Monetario Internazionale
 
 






Molti Paesi
produttori di
petrolio devono utilizzare
con maggiore
saggezza i profitti realizzati in
quest’ambito, dando priorità
alla riduzione del debito pubblico.

 

La veloce espansione del commercio e dei flussi di capitale transfrontalieri nel corso degli anni Novanta ha creato opportunità senza precedenti per la crescita e il finanziamento. Ma i flussi di capitali verso i mercati emergenti hanno finito per determinare vulnerabilità che hanno poi prodotto crisi e contagi, in alcuni casi prendendo il mondo intero di sorpresa. Questa fase ci ha comunque impartito alcune importanti lezioni.
La ripresa globale dal 2001 è un vero e proprio tributo alla robustezza dell’economia planetaria e una dimostrazione pratica del fatto che le politiche e le riforme implementate a partire dagli anni Novanta sono riuscite a fare la differenza. Questi successi dovrebbero però contribuire a rafforzare la nostra volontà di fare di più.
Una delle lezioni più rilevanti dello scorso decennio è che l’unico vero modo di affrontare una crisi con successo è quello di ricorrere a difese forti. Questo è vero per i Paesi industriali, che si trovano a fronteggiare variazioni demografiche senza precedenti, per i mercati emergenti che cercano un approdo sicuro nel mare in tempesta dell’economia globale e per i Paesi in via di sviluppo che lottano nel tentativo di ridurre il proprio livello di povertà.
La prevenzione delle crisi deve essere costruita sulla base degli impegni a sostegno di discipline politiche e interventi in grado di rispondere a un mondo in costante e rapidissimo mutamento. Il Fondo monetario internazionale (FMI) riveste un ruolo cruciale in questo piano. Deve infatti fare in modo che ogni Paese sia in grado di capire fino in fondo le implicazioni politiche delle decisioni da prendere e deve fungere da catalizzatore per la vigilanza e la riforma, attività da gestire sulla base di una vera cooperazione internazionale.
Molti dei 184 membri del Fondo Monetario Internazionale hanno risposto alle loro immediate vulnerabilità rafforzando i settori finanziari, aumentando la trasparenza della propria politica economica, incrementando le riserve in valuta e dilatando la flessibilità del tasso di cambio. Il Fondo ha offerto un proprio e importante contributo a questo sforzo grazie all’attività di consulenza e al lavoro su codici e standard. Ma, sul lungo termine, rimangono comunque numerosi punti di vulnerabilità.
L’America deve risolvere i problemi legati al proprio deficit di bilancio, attualmente davvero eccessivo, mentre alcuni Paesi europei devono ancora rilanciare efficacemente le proprie economie, in modo particolare per quanto riguarda la liberalizzazione dei mercati del lavoro. Il Giappone deve riuscire a capitalizzare i progressi effettuati per mezzo di riforme nei settori finanziari e aziendali. Un certo numero di Paesi, inclusi molti di quelli nell’area dell’America Latina, deve rafforzare le proprie posizioni fiscali nel medio termine e riportare i propri rapporti debito-Prodotto interno lordo entro termini tollerabili.
La recente fiammata dei prezzi petroliferi ha portato improvvisamente alla ribalta i problemi energetici. Ancora una volta ci troviamo ad affrontare l’esigenza di espandere la capacità produttiva, di diversificare le fonti energetiche e massimizzare la conservazione. I Paesi non possono sottovalutare l’esigenza di strategie energetiche complesse e articolate. Per di più, molti Paesi produttori di petrolio devono utilizzare con maggiore saggezza i profitti realizzati in quest’ambito, dando priorità alla riduzione del debito pubblico. Inoltre, devono acquisire una maggiore trasparenza nell’utilizzo dei profitti, tra le altre cose partecipando alla Extractive Industries Transparency Initiative, lanciata da Tony Blair al summit di Johannesburg sullo sviluppo sostenibile del 2002.
Un’altra questione fondamentale è quella dell’invecchiamento delle popolazioni. La maggior parte dei Paesi più industrializzati si trova ad affrontare il peso del rapido invecchiamento della propria forza-lavoro e della caduta dei proventi fiscali. Sebbene alcuni Paesi stiano tentando di rispondere agli incombenti problemi di natura fiscale, molti altri stanno posponendo i costosi e difficili temi della riforma della sanità e delle pensioni.

Questo problema è particolarmente acuto in alcune nazioni, ma molti Paesi in via di sviluppo si troveranno anch’essi ad affrontarlo molto presto e in moltissimi casi non avranno neppure il paracadute costituito dalla ricchezza del Paese.
Nel corso dei suoi dialoghi con i Paesi membri, il Fondo Monetario Internazionale sta prestando sempre maggiore attenzione alle implicazioni politiche delle variazioni demografiche. Il Fondo effettua anche un attento monitoraggio degli sviluppi del mercato dei capitali, analizza i settori finanziari e valuta la sostenibilità dei debiti. Queste iniziative possono perfezionare la strategia di prevenzione delle crisi, ma risulteranno efficaci soltanto se saranno in grado di spingere i Paesi “avvisati” ad agire tempestivamente. Disavanzi e vulnerabilità devono essere corretti prima che diventino problemi: per il Paese stesso, per i suoi vicini e per il sistema globale. La cooperazione internazionale tramite il Fondo monetario mira a risolvere i problemi prima che si trasformino in crisi vere e proprie.
Questo stesso tipo di cooperazione internazionale – tramite il Fondo Monetario e la Banca mondiale – gioca un ruolo determinante anche nella lotta alla povertà nei Paesi a basso reddito. Centinaia di milioni di persone nel mondo vivono con meno di un dollaro al giorno. In questi Paesi la mortalità infantile rimane inaccettabilmente elevata, mentre Aids e altre malattie risultano endemiche. Certo, Cina e India grazie alla loro crescita economica rapidissima hanno fatto passi da gigante, ma l’Africa sub-sahariana continua a perdere terreno.
La Conferenza di Monterrey del 2002 ha individuato e approvato un metodo per spingere verso il futuro questo continente: i Paesi ricchi devono offrire aiuti e opportunità commerciali, le istituzioni multilaterali devono offrire consulenza in materia di politica economica, ma anche assistenza tecnica e finanziamenti, mentre gli stessi Paesi in difficoltà devono impegnarsi a migliorare le proprie capacità di governo e imparare a concentrarsi su programmi realmente efficaci di riduzione della povertà.

Questo è il momento giusto perché i Paesi ricchi comincino a tenere fede ai propri impegni. Ma entrambe le questioni sono irrisolte a causa di una preoccupante vacuità della leadership politica. Le recenti proposte presentate alle Nazioni Unite e nelle riunioni annuali ottobrine del Fondo Monetario Internazionale sono state incoraggianti, ma ormai è il momento di prendere decisioni e non più soltanto di presentare proposte.
Ridurre la povertà concretamente è possibile. Ora la sfida consiste nell’ottenere un vero successo mondiale. Cinque anni fa il Fondo Monetario ha decretato che la riduzione della povertà era l’obiettivo centrale del proprio impegno nei confronti dei Paesi a basso reddito. Come la prevenzione delle crisi, si tratta di uno sforzo che non consente mezze misure.

   
   
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