E’ stupefacente che anche dopo
un anno in cui le cronache
finanziarie hanno dominato i titoli dei giornali gli
italiani continuino a dedicare
poco tempo
all’informazione finanziaria.
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Si era stati facili profeti lo scorso anno nel prevedere per il
risparmio l’inizio di una nuova importante stagione dopo lo
strappo tra intermediari finanziari e risparmiatori avvenuto su
scala nazionale e internazionale nei mesi precedenti. Non costituisce,
pertanto, motivo di grande sorpresa il constatare la risalita della
propensione al risparmio in Europa da collegarsi alle «mutate
attese circa le future caratteristiche dei sistemi pensionistici
e dei mercati del lavoro e dei sistemi di sicurezza sociale».
Né si sottrae a questa tendenza l’Italia, Paese a tradizionale
vocazione risparmiatrice, in cui la quota del risparmio viene segnalata
ancora in lieve ascesa (dal 12,5% al 12,7% del reddito disponibile
nel 2003) confermando un’inversione rispetto al livello di
inizio secolo (11,2%).
E’ quanto si può desumere dall’indagine sul risparmio
e sui risparmiatori in Italia condotta dalla BNL e dal Centro Einaudi
che puntualmente da oltre vent’anni fotografa gli aspetti
strutturali e le articolazioni del risparmio, esaminando i comportamenti
di quanti lo praticano con un esercizio che viene testualmente qualificato
con tre aggettivi: lungimirante, complesso e faticoso.
Complesso e faticoso, perché ci si deve quotidianamente misurare
con il bilanciamento tra entrate e uscite e con la realtà
di una quarta settimana del mese difficile da superare. Lungimirante,
in quanto comunque il risparmiatore, definito lo scorso anno previdente,
ha assunto come sua caratteristica basilare il “guardare avanti”.

Cominciamo allora il nostro viaggio attraverso l’indagine
di quest’anno, cogliendo dal primo capitolo, dedicato al come
ricreare la fiducia, la considerazione secondo cui «gli italiani
non hanno modificato in maniera forte le loro abitudini di investimento
in conseguenza degli scandali finanziari». E’ questo
un dato sicuramente positivo cui si oppone un altro risultato meno
confortante, se poi si afferma che «il 2004 è associato
a un aumento del numero di individui che non risparmiano […];
una situazione in cui un nucleo familiare su due non risparmia rappresenta
una situazione potenzialmente pericolosa». Anche perché,
come si sottolinea nel rapporto, «se sempre meno il risparmio
rappresenta per gli italiani una virtù assoluta […]
è anche vero che non risparmiatori si diventa per necessità
e non per scelta».
Altro aspetto che incide in modo decisivo sul comportamento dei
risparmiatori si ricava dal numero limitato di persone (il 4%) che
dedica un tempo congruo alla formazione e all’informazione
finanziaria. Qui il giudizio contenuto nel Rapporto è allo
stesso tempo improntato a sorpresa e a severità: «E’
stupefacente che anche dopo un anno in cui le cronache finanziarie
hanno dominato i titoli dei giornali […] gli italiani continuino
a dedicare poco tempo all’informazione finanziaria».

E a proposito di fonti d’informazione alle quali attingere
va sottolineato come ancora una volta la banca resta il canale principale
con una frequenza di priorità ancora molto elevata (al primo
posto nel 54% dei casi), un livello marcatamente superiore a quello
registrato da canali alternativi, quali amici o familiari (14%),
media di informazione (12%) e promotori finanziari (10%). E proprio
in questo ambito trova un suo ruolo anche il progetto “PattiChiari”
sviluppato su iniziativa dell’Associazione Bancaria Italiana
(ABI) con l’intento di contribuire al rinnovamento del sistema
dei rapporti tra banche e clientela, sia famiglie che imprese. Pur
essendo necessariamente limitato il periodo di osservazione per
stilare un giudizio, non può passare sotto silenzio il fatto
che le famiglie italiane siano abbastanza soddisfatte delle loro
banche, a conferma della sostanziale tenuta di un buon legame fiduciario.
Un legame che caratterizza anche il servizio di gestione professionale
del risparmio offerto dalle banche, con il 67,4% degli intervistati
che dichiara di essere molto soddisfatto della banca di famiglia.
In positivo vanno poi lette anche alcune risposte (un vero e proprio
messaggio di cui le banche dovrebbero tenere conto!) circa le condizioni
economiche praticate, l’efficienza dei servizi e l’efficienza
della consulenza in materia di investimenti. Così come non
dovrebbe essere sottovalutato il desiderio espresso da molti clienti
di una «maggiore continuità della relazione personale
con gli operatori di filiale».
Continuando questo percorso nel mondo dei risparmiatori, ci imbattiamo
poi nel capitolo dedicato al loro rapporto con il remote banking,
un settore questo in cui da anni le banche profondono investimenti
a testimonianza di un’innovazione tecnologica sempre più
pervasiva e di una ricerca costante dell’integrazione delle
applicazioni di sportello con l’operatività attraverso
canali remoti. Infatti, nell’ultimo biennio quasi tutte le
principali banche italiane hanno provveduto all’offerta di
carte prepagate per i pagamenti in Internet presso i merchant convenzionati
con il circuito Visa Electron; così come hanno aderito all’iniziativa
dell’ABI denominata Bankpass Web con la quale si possono effettuare
pagamenti sicuri in Internet con carte di credito e di debito.
A parte rilevare l’espansione ulteriore dei canali bancari
a distanza, il Rapporto di quest’anno sottolinea la positiva
influenza esercitata sul livello di soddisfazione complessiva del
rapporto banca-cliente. Peraltro, «le famiglie mostrano di
non avere ancora piena consapevolezza dei vantaggi derivanti dalle
transazioni elettroniche in termini di riduzione dei costi e dei
tempi oltre che di tracciabilità dei trasferimenti monetari».
In un’ottica di miglioramento rimane poi uno spazio da poter
utilizzare più proficuamente, ossia quello dell’e-commerce
in quanto le banche non sono state in grado di ritagliarsi un ruolo
primario nell’intermediazione tra consumatori e negozi virtuali.
Probabilmente su questa scelta di campo ha influito e sta influendo
il deludente risultato riscontrato agli inizi di questo secolo dagli
e-shop che alcune banche allora tra le più attive
in Internet avevano aperto per favorire questo tipo di transazioni.
Pronunciata la parola magica (Internet), non ci si può esimere
dal soffermarsi sul limitato utilizzo di tali servizi da parte dei
risparmiatori declinando una pluralità di ragioni: dalla
preferenza ad utilizzare il rapporto personale con il funzionario
di banca, alla convinzione della mancanza di una reale esigenza,
alla complicazione associata all’utilizzo di questo canale.
Anche l’elemento costo gioca il proprio ruolo in senso penalizzante;
e qui, facendo una breve digressione, è facile ricordare
come in periodo di euforia da new economy la gratuità
dell’accesso ai servizi offerti su Internet fosse la parola
d’ordine comune agli operatori di ogni settore incluso il
bancario, il quale dal canto suo allettava i risparmiatori all’utilizzo
attraverso il meccanismo dell’offerta di interessanti remunerazioni
per l’accensione dei conti on line.
Le cose sono poi radicalmente cambiate con il passare del tempo:
la necessità di fronteggiare gli investimenti in tecnologia
in presenza di ricavi generati dalle operazioni on line che copriva
a stento i costi di gestione da un lato ha comportato l’imposizione
di un canone per l’accesso ad Internet; dall’altro,
ha prodotto la revisione della politica di pricing prima adottata,
spingendo verso l’alto il livello commissionale medio e comprimendo
contestualmente la remunerazione dei conti on line.
A completamento del ritratto del risparmiatore italiano vale la
pena di tornare su un aspetto prima già ricordato, quello
dell’informazione finanziaria calata nello scenario del delicato
rapporto tra intermediari e clientela. Al riguardo i riscontri che
si leggono nella ricerca non sono confortanti, in quanto «i
risparmiatori italiani continuano a denunciare rilevanti limiti
di preparazione e consapevolezza finanziaria». Cosicché
nella maggior parte dei casi le decisioni di investimento sono delegate
all’intermediario di fiducia (soprattutto banche) e –
peggio ancora – la finanza personale è vista con diffidenza
da almeno 7 italiani su 10. Non si può allora non convenire
con quanto tesualmente affermato qualche riga più avanti:
«La non conoscenza delle regole e del funzionamento degli
investimenti e della finanza personale nel ventunesimo secolo è
un lusso che costerà sempre più caro».

Dopo aver esaminato i tratti più rilevanti che concorrono
ad offrirci il ritratto del risparmiatore italiano, dipingendo un
quadro in cui accanto a luci non mancano alcune ombre preoccupanti,
ci avviamo ad una conclusione per la quale sembra opportuno fissare
alcune condizioni al fine di delineare un percorso virtuoso di crescita.
La prima condizione appare legata al varo di una normativa che,
tenendo conto dell’evoluzione e dello sviluppo operativi degli
ultimi decenni, sia comunque in grado di assicurare un corretto
bilanciamento delle esigenze scaturenti dai contrapposti interessi
in gioco in un quadro di certezze e tutele giuridiche; senza con
ciò introdurre elementi di ingessatura a discapito della
fisiologica crescita e della vivacità creativa del mercato.
La seconda condizione da cogliere su un piano squisitamente operativo
da un lato sposta l’attenzione sullo sforzo in più
richiesto agli intermediari perché valorizzino a pieno il
patrimonio fiduciario accumulato e conservato nel corso di questi
anni nonostante alcune serie disavventure ; in particolare, le banche
che continuano a riscuotere ampi consensi da parte dei risparmiatori
dovranno mettere mano ad una rimodulazione della propria offerta
di servizi, distinguendo con maggiore accuratezza i canali di vendita,
le caratteristiche e le relative esigenze delle diverse fasce di
clientela.
Dall’altro lato, la seconda condizione pone l’accento
sul popolo dei risparmiatori che, oltre a segnalarsi per un utilizzo
degli strumenti finanziari tradizionali e innovativi, dovrà
dedicarsi con maggiore cura alla conoscenza e all’approfondimento
di temi finanziari ed economici di impatto sulle specifiche situazioni
personali. Attraverso questi due passaggi (normativo e operativo)
si dovrebbe realizzare accanto a condizioni di maggiore trasparenza
un migliore funzionamento dei mercati finanziari, obiettivo ultimo
di qualsiasi economia di mercato. Ecco allora che l’augurio
che ci sentiamo di fare all’Italia nell’ottica del “guardare
in avanti” è non solo di rinverdire la propria tradizionale
vocazione al risparmio, ma anche di iniziare un’epoca contrassegnata
da una nuova civiltà del risparmio.
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