Marzo 2005

XXII rapporto BNL/centro Einaudi

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Dalla vocazione al risparmio alla civiltà del risparmio
Filippo Cucuccio  
 
 






E’ stupefacente che anche dopo
un anno in cui le cronache
finanziarie hanno dominato i titoli dei giornali gli
italiani continuino a dedicare
poco tempo
all’informazione finanziaria.

 

Si era stati facili profeti lo scorso anno nel prevedere per il risparmio l’inizio di una nuova importante stagione dopo lo strappo tra intermediari finanziari e risparmiatori avvenuto su scala nazionale e internazionale nei mesi precedenti. Non costituisce, pertanto, motivo di grande sorpresa il constatare la risalita della propensione al risparmio in Europa da collegarsi alle «mutate attese circa le future caratteristiche dei sistemi pensionistici e dei mercati del lavoro e dei sistemi di sicurezza sociale».
Né si sottrae a questa tendenza l’Italia, Paese a tradizionale vocazione risparmiatrice, in cui la quota del risparmio viene segnalata ancora in lieve ascesa (dal 12,5% al 12,7% del reddito disponibile nel 2003) confermando un’inversione rispetto al livello di inizio secolo (11,2%).
E’ quanto si può desumere dall’indagine sul risparmio e sui risparmiatori in Italia condotta dalla BNL e dal Centro Einaudi che puntualmente da oltre vent’anni fotografa gli aspetti strutturali e le articolazioni del risparmio, esaminando i comportamenti di quanti lo praticano con un esercizio che viene testualmente qualificato con tre aggettivi: lungimirante, complesso e faticoso. Complesso e faticoso, perché ci si deve quotidianamente misurare con il bilanciamento tra entrate e uscite e con la realtà di una quarta settimana del mese difficile da superare. Lungimirante, in quanto comunque il risparmiatore, definito lo scorso anno previdente, ha assunto come sua caratteristica basilare il “guardare avanti”.

Cominciamo allora il nostro viaggio attraverso l’indagine di quest’anno, cogliendo dal primo capitolo, dedicato al come ricreare la fiducia, la considerazione secondo cui «gli italiani non hanno modificato in maniera forte le loro abitudini di investimento in conseguenza degli scandali finanziari». E’ questo un dato sicuramente positivo cui si oppone un altro risultato meno confortante, se poi si afferma che «il 2004 è associato a un aumento del numero di individui che non risparmiano […]; una situazione in cui un nucleo familiare su due non risparmia rappresenta una situazione potenzialmente pericolosa». Anche perché, come si sottolinea nel rapporto, «se sempre meno il risparmio rappresenta per gli italiani una virtù assoluta […] è anche vero che non risparmiatori si diventa per necessità e non per scelta».
Altro aspetto che incide in modo decisivo sul comportamento dei risparmiatori si ricava dal numero limitato di persone (il 4%) che dedica un tempo congruo alla formazione e all’informazione finanziaria. Qui il giudizio contenuto nel Rapporto è allo stesso tempo improntato a sorpresa e a severità: «E’ stupefacente che anche dopo un anno in cui le cronache finanziarie hanno dominato i titoli dei giornali […] gli italiani continuino a dedicare poco tempo all’informazione finanziaria».

E a proposito di fonti d’informazione alle quali attingere va sottolineato come ancora una volta la banca resta il canale principale con una frequenza di priorità ancora molto elevata (al primo posto nel 54% dei casi), un livello marcatamente superiore a quello registrato da canali alternativi, quali amici o familiari (14%), media di informazione (12%) e promotori finanziari (10%). E proprio in questo ambito trova un suo ruolo anche il progetto “PattiChiari” sviluppato su iniziativa dell’Associazione Bancaria Italiana (ABI) con l’intento di contribuire al rinnovamento del sistema dei rapporti tra banche e clientela, sia famiglie che imprese. Pur essendo necessariamente limitato il periodo di osservazione per stilare un giudizio, non può passare sotto silenzio il fatto che le famiglie italiane siano abbastanza soddisfatte delle loro banche, a conferma della sostanziale tenuta di un buon legame fiduciario. Un legame che caratterizza anche il servizio di gestione professionale del risparmio offerto dalle banche, con il 67,4% degli intervistati che dichiara di essere molto soddisfatto della banca di famiglia. In positivo vanno poi lette anche alcune risposte (un vero e proprio messaggio di cui le banche dovrebbero tenere conto!) circa le condizioni economiche praticate, l’efficienza dei servizi e l’efficienza della consulenza in materia di investimenti. Così come non dovrebbe essere sottovalutato il desiderio espresso da molti clienti di una «maggiore continuità della relazione personale con gli operatori di filiale».
Continuando questo percorso nel mondo dei risparmiatori, ci imbattiamo poi nel capitolo dedicato al loro rapporto con il remote banking, un settore questo in cui da anni le banche profondono investimenti a testimonianza di un’innovazione tecnologica sempre più pervasiva e di una ricerca costante dell’integrazione delle applicazioni di sportello con l’operatività attraverso canali remoti. Infatti, nell’ultimo biennio quasi tutte le principali banche italiane hanno provveduto all’offerta di carte prepagate per i pagamenti in Internet presso i merchant convenzionati con il circuito Visa Electron; così come hanno aderito all’iniziativa dell’ABI denominata Bankpass Web con la quale si possono effettuare pagamenti sicuri in Internet con carte di credito e di debito.
A parte rilevare l’espansione ulteriore dei canali bancari a distanza, il Rapporto di quest’anno sottolinea la positiva influenza esercitata sul livello di soddisfazione complessiva del rapporto banca-cliente. Peraltro, «le famiglie mostrano di non avere ancora piena consapevolezza dei vantaggi derivanti dalle transazioni elettroniche in termini di riduzione dei costi e dei tempi oltre che di tracciabilità dei trasferimenti monetari». In un’ottica di miglioramento rimane poi uno spazio da poter utilizzare più proficuamente, ossia quello dell’e-commerce in quanto le banche non sono state in grado di ritagliarsi un ruolo primario nell’intermediazione tra consumatori e negozi virtuali. Probabilmente su questa scelta di campo ha influito e sta influendo il deludente risultato riscontrato agli inizi di questo secolo dagli e-shop che alcune banche allora tra le più attive in Internet avevano aperto per favorire questo tipo di transazioni. Pronunciata la parola magica (Internet), non ci si può esimere dal soffermarsi sul limitato utilizzo di tali servizi da parte dei risparmiatori declinando una pluralità di ragioni: dalla preferenza ad utilizzare il rapporto personale con il funzionario di banca, alla convinzione della mancanza di una reale esigenza, alla complicazione associata all’utilizzo di questo canale. Anche l’elemento costo gioca il proprio ruolo in senso penalizzante; e qui, facendo una breve digressione, è facile ricordare come in periodo di euforia da new economy la gratuità dell’accesso ai servizi offerti su Internet fosse la parola d’ordine comune agli operatori di ogni settore incluso il bancario, il quale dal canto suo allettava i risparmiatori all’utilizzo attraverso il meccanismo dell’offerta di interessanti remunerazioni per l’accensione dei conti on line.
Le cose sono poi radicalmente cambiate con il passare del tempo: la necessità di fronteggiare gli investimenti in tecnologia in presenza di ricavi generati dalle operazioni on line che copriva a stento i costi di gestione da un lato ha comportato l’imposizione di un canone per l’accesso ad Internet; dall’altro, ha prodotto la revisione della politica di pricing prima adottata, spingendo verso l’alto il livello commissionale medio e comprimendo contestualmente la remunerazione dei conti on line.
A completamento del ritratto del risparmiatore italiano vale la pena di tornare su un aspetto prima già ricordato, quello dell’informazione finanziaria calata nello scenario del delicato rapporto tra intermediari e clientela. Al riguardo i riscontri che si leggono nella ricerca non sono confortanti, in quanto «i risparmiatori italiani continuano a denunciare rilevanti limiti di preparazione e consapevolezza finanziaria». Cosicché nella maggior parte dei casi le decisioni di investimento sono delegate all’intermediario di fiducia (soprattutto banche) e – peggio ancora – la finanza personale è vista con diffidenza da almeno 7 italiani su 10. Non si può allora non convenire con quanto tesualmente affermato qualche riga più avanti: «La non conoscenza delle regole e del funzionamento degli investimenti e della finanza personale nel ventunesimo secolo è un lusso che costerà sempre più caro».

Dopo aver esaminato i tratti più rilevanti che concorrono ad offrirci il ritratto del risparmiatore italiano, dipingendo un quadro in cui accanto a luci non mancano alcune ombre preoccupanti, ci avviamo ad una conclusione per la quale sembra opportuno fissare alcune condizioni al fine di delineare un percorso virtuoso di crescita.
La prima condizione appare legata al varo di una normativa che, tenendo conto dell’evoluzione e dello sviluppo operativi degli ultimi decenni, sia comunque in grado di assicurare un corretto bilanciamento delle esigenze scaturenti dai contrapposti interessi in gioco in un quadro di certezze e tutele giuridiche; senza con ciò introdurre elementi di ingessatura a discapito della fisiologica crescita e della vivacità creativa del mercato.
La seconda condizione da cogliere su un piano squisitamente operativo da un lato sposta l’attenzione sullo sforzo in più richiesto agli intermediari perché valorizzino a pieno il patrimonio fiduciario accumulato e conservato nel corso di questi anni nonostante alcune serie disavventure ; in particolare, le banche che continuano a riscuotere ampi consensi da parte dei risparmiatori dovranno mettere mano ad una rimodulazione della propria offerta di servizi, distinguendo con maggiore accuratezza i canali di vendita, le caratteristiche e le relative esigenze delle diverse fasce di clientela.
Dall’altro lato, la seconda condizione pone l’accento sul popolo dei risparmiatori che, oltre a segnalarsi per un utilizzo degli strumenti finanziari tradizionali e innovativi, dovrà dedicarsi con maggiore cura alla conoscenza e all’approfondimento di temi finanziari ed economici di impatto sulle specifiche situazioni personali. Attraverso questi due passaggi (normativo e operativo) si dovrebbe realizzare accanto a condizioni di maggiore trasparenza un migliore funzionamento dei mercati finanziari, obiettivo ultimo di qualsiasi economia di mercato. Ecco allora che l’augurio che ci sentiamo di fare all’Italia nell’ottica del “guardare in avanti” è non solo di rinverdire la propria tradizionale vocazione al risparmio, ma anche di iniziare un’epoca contrassegnata da una nuova civiltà del risparmio.

   
   
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