L’Italia
non si è sottratta alla
rovina del
patrimonio idrico
e le zone
maggiormente
colpite risultano quelle a più alta densità industriale
e demografica.
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Introduzione
Le acque destinate ad uso potabile sono quelle che nei diversi Paesi
hanno ricevuto la maggiore attenzione. La classificazione degli
usi dell’acqua e la formulazione dei relativi criteri e standard
rappresentano soltanto i princìpi su cui si fonda la programmazione
qualitativa delle risorse idriche. La gestione ulteriore richiede
la ricerca del loro uso ottimale e la necessità della loro
conservazione in modo da soddisfare le diverse esigenze attuali
e future.
Secondo le più recenti indagini statistiche, nel corso degli
ultimi anni la quantità di acqua dolce disponibile pro capite
è diminuita notevolmente, a causa essenzialmente di tre fenomeni:
• aumento della popolazione mondiale, che determina una
vertiginosa crescita della domanda;
• inquinamento dell’acqua;
• cambiamenti climatici globali.
Le attività di ricerca nei settori della gestione e protezione
delle risorse idriche e dello sviluppo di metodologie per la potabilizzazione
hanno evidenziato la necessità di garantire una fornitura
di acqua potabile, pertanto occorrono importanti cambiamenti nella
politica di gestione delle risorse idriche, riconoscendo tra l’altro
che tale risorsa ha un valore e ogni suo uso deve prevedere un prezzo
in grado di coprire i costi.
A livello globale la situazione attuale riguardo alla risorsa idrica
è caratterizzata dalla scarsa possibilità di reperire
nuove fonti, di conseguenza bisognerebbe impiegarla in modo più
produttivo. Le soluzioni possibili per aumentare la produttività
dell’acqua sono diverse, ma la più importante è
quella di attribuirle un valore di mercato: questo comporta un suo
utilizzo più efficiente poiché promuove l’uso
razionale dell’acqua in tutti i settori economici.
Diversi Paesi del Mediterraneo hanno lamentato un problema di regolazione
e gestione della risorsa idrica: in alcuni i problemi più
importanti riguardano l’aumento della popolazione e la maggiore
richiesta di acqua, la povertà e il sottosviluppo provocano
grossi problemi legati alle risorse idriche: le popolazioni, l’ambiente,
la crescita economica in alcune aree del Mediterraneo sono minacciati
dall’uso senza regole di tale risorsa.
Nei Paesi del Mediterraneo la dimensione assunta dai bisogni e dai
vincoli strutturali legati ai cambiamenti climatici ha reso concreto
il concetto di scarsità delle risorse idriche e l’insufficienza
di acqua di qualità e quantità adeguata è destinata
a rappresentare sempre più un fattore condizionante del loro
sviluppo. Da una parte cresce la domanda per effetto dell’incremento
demografico, del miglioramento delle condizioni di vita, dello sviluppo
dell’industria; dall’altra, la disponibilità
delle risorse idriche naturali per impieghi diretti diminuisce a
causa del peggioramento della qualità.
L’Italia, al pari delle altre nazioni ad economia industriale,
non si è sottratta alla rovina del patrimonio idrico e le
zone maggiormente colpite risultano quelle a più alta densità
industriale e demografica. Com’è noto, all’incremento
demografico ha fatto riscontro l’inurbamento delle popolazioni,
che ha portato al concentramento dei fabbisogni idrici.
Il “Sistema delle Indagini sulle Acque” (Istat) riferito
al 1999 (SIA 99) fornisce informazioni statistiche sul sistema idrico
nella sua totalità e il campo di osservazione dell’indagine
riguarda in generale le acque potabili, le acque reflue urbane e
la gestione dei servizi ad esse associata.
Le statistiche qui prese in considerazione riguarderanno soltanto
l’acqua potabile erogata e fatturata, ossia l’acqua
misurata attraverso contatori presso le utenze finali e pagata dalle
utenze stesse e infine l’acqua potabile immessa in rete dai
gestori delle reti di distribuzione dei singoli comuni.
Partendo da tali considerazioni, ci si propone di analizzare queste
statistiche con dettaglio regionale, per ripartizione geografica
e, considerati i dati e gli indicatori statistici sull’acqua
potabile in Italia, allargare le esigenze conoscitive sul fenomeno
attraverso le previsioni delle risorse idriche nei Paesi del Mediterraneo,
in quanto ottimizzare l’uso della risorsa idrica è
necessario per realizzare uno sviluppo economico e sociale sostenibile.
La scelta di far riferimento a questa fonte è stata dettata
dal fatto che essa rappresenta al momento l’unica fonte di
informazioni per quanto riguarda la ripartizione per usi dell’acqua
erogata. E’ possibile integrare queste statistiche con alcuni
dati che provengono dall’indagine Osservatorio ambientale
sulle città, condotta dall’Istat. Tale indagine ha
avuto per oggetto 22 comuni rappresentati dai comuni capoluogo di
regione, dai comuni capoluogo delle province autonome di Trento
e Bolzano e dal comune di Catania poiché comune centro di
area metropolitana.
Altre fonti affrontano il problema delle risorse idriche, ma spesso
si adottano metodologie e tecniche di ricerca non perfettamente
confrontabili. Per ciò che riguarda la disponibilità
di dati sulle risorse idriche nei Paesi del Mediterraneo, si è
incontrata la difficoltà nell’avere statistiche che
assumessero i Paesi mediterranei come partizione prioritaria preferendo
a questa altre suddivisioni geo-politiche. Considerato ciò,
per i Paesi del Mediterraneo si analizzeranno i dati FAO (Aquastat).
Dati e indicatori statistici sul consumo di acqua potabile
in Italia
Nel 1999 l’acqua erogata in Italia, ovvero quella misurata
attraverso contatori ed effettivamente consumata dall’utente,
è stata pari a 5,61 miliardi di metri cubi (Tab. 1). L’Istat
stima la ripartizione del volume di acqua annualmente erogata in
Italia come segue:
- il 32% è fornito nelle regioni del Nord-Ovest;
- il 20% nell’Italia Centrale;
- il 20% nel Meridione;
- il 19% nelle regioni del Nord-Est;
- il 10% nelle Isole.
Il valore pro-capite, calcolato sugli abitanti residenti nell’anno,
è pari a 267 litri per abitante al giorno e questo indicatore
statistico usato per confrontare i consumi di acqua è molto
importante in quanto strumento sintetico più utilizzato per
descrivere le diverse realtà oggetto di indagine, sia a livello
nazionale che internazionale.
Le regioni dell’Italia settentrionale, che per ragioni climatiche
hanno una maggiore disponibilità di risorse idriche, presentano
un valore pro-capite superiore a quello nazionale. Nel Nord-Ovest
l’acqua erogata pro capite è pari a 323 litri per abitante
al giorno, con valori massimi in Liguria (373 litri per abitante
al giorno) e in Valle d’Aosta (364 litri per abitante al giorno).
Nel Nord-Est il valore pro-capite è pari a 268 litri per
abitante al giorno, ma esiste una significativa variabilità
tra le regioni: l’Emilia Romagna presenta il valore più
basso (240 litri per abitante al giorno), il Friuli e il Trentino
quello più elevato (318 litri per abitante al giorno).
Nel Centro, l’acqua erogata pro-capite è moderatamente
più elevata (275 litri per abitante al giorno) del valore
nazionale grazie alla regione Lazio che registra un valore nettamente
superiore (311 litri per abitante al giorno), mentre le altre regioni
si collocano tutte su valori inferiori a quello nazionale.
Il consumo pro-capite assume i livelli più bassi nelle regioni
meridionali (214 litri per abitante al giorno) e in quelle insulari
(236 litri per abitante al giorno), con valori minimi in Puglia
(157 litri per abitante al giorno). Soffermandoci su quest’ultimo
dato si deve aggiungere che esso è tra i più bassi
valori di acqua erogata perché non misurata e tale problema
emergeva dall’analisi dei dati sui servizi idrici, raccolti
attraverso i questionari per ciascun impianto di acquedotto e di
rete di distribuzione dell’acqua potabile.
L’acqua erogata è quella effettivamente consumata per
i diversi tipi di usi. Tale valore è il risultato della misura
effettuata attraverso contatori presso l’utente finale. In
molti comuni il valore di acqua erogata non coincide con il consumo
complessivo reale, ma rappresenta un valore inferiore a questo.
In generale, le differenze possono essere ricondotte ai seguenti
motivi:
• non sempre vengono effettuate le misure relative ai consumi
d’acqua per alcuni servizi pubblici (fontane,
pulizia delle strade, mercati, caserme, ospedali);
• in diversi comuni non vengono effettuate le misure dei consumi
d’acqua presso le utenze (letture del contatore).
In alcuni casi la fatturazione dell’acqua non è legata
ai consumi, poiché può essere, ad esempio, di tipo
forfettario, mentre in altri casi l’acqua non è fatturata
(ISTAT, 1999). Nel 1999 l’acqua fatturata, che rappresenta
la quantità di acqua pagata dall’utenza, ammonta a
5,69 miliardi di metri cubi (Tab. 2). Come emerge dal confronto
tra la Tab. 1 e la Tab. 2, l’acqua fatturata totale non coincide
con l’acqua erogata. Le differenze con il volume dell’acqua
erogata dipendono dalle diverse tipologie di fatturazione adottate
(forfettaria, canone, tariffa) e dall’eventuale obbligo contrattuale
a pagare una quantità minima impegnata anche se non consumata.
Il totale dell’acqua fatturata è costituito da 4,92
miliardi di metri cubi per utenze civili (87% del totale), da 586
milioni di metri cubi per utenze produttive (10%), da 182 milioni
di metri cubi per altri usi (3%).
La classificazione delle diverse tipologie di utenza risente dei
criteri adottati dai singoli gestori, che riflettono le specifiche
realtà territoriali.
Le regioni dell’Italia centrale (fatta eccezione per la Toscana),
dell’Italia insulare e dell’Italia meridionale fatturano
per utenze civili una quota di acqua superiore al valore nazionale,
l’inverso avviene per le regioni dell’Italia nord occidentale
e nord orientale, in cui la quota delle utenze per usi produttivi
(pari rispettivamente al 16% e al 13%) è sempre maggiore
della rispettiva quota nazionale (10%). Si differenzia il Friuli
Venezia Giulia, che presenta un’incidenza dell’acqua
fatturata per altri usi (18,9%) superiore a quella per utenze produttive
(7,6%).
Leggendo le percentuali relative alla regione Puglia, si ha che
il 90,2% del totale acqua fatturata è per uso civile, mentre
il 9,5% è per utenze produttive, anche se l’agricoltura
ha reti proprie di distribuzione, lo 0,3% del totale è per
altri usi, e tale dato dipende dai diversi tipi di tariffe adottate
in alcuni comuni dove c’è una maggiore suddivisione
per i diversi usi.
L’acqua fatturata per utenze civili è prevalentemente
destinata agli usi civili domestici (Tab. 3) e in minor misura agli
usi civili non domestici (caserme, ospedali, scuole, mercati, uffici,
negozi) e ad altri usi. A livello nazionale, l’acqua fatturata
per usi domestici è pari a 4,26 miliardi di metri cubi, per
usi non domestici è di 575 milioni di metri cubi e per altri
usi è di 91 milioni di metri cubi. Le regioni dell’Italia
nord occidentale fatturano in questo settore (Tab. 4) il 32% del
totale nazionale, seguite dalle regioni dell’Italia centrale
e meridionale con il 20%, dalle regioni del Nord Est con il 17%
e dalle Isole con il 12%.
Per gli usi civili non domestici prevalgono invece le regioni dell’Italia
centrale con il 30% sul totale di questo settore, seguite dal Nord
Est (22%), dal Nord Ovest (20%), dal Meridione (18%) e dalle Isole
(9%).
Per quanto concerne gli altri usi delle utenze civili, si nota una
distribuzione percentuale più uniforme nelle regioni dell’Italia
settentrionale e centrale (26% del corrispondente totale nazionale).
La distribuzione delle incidenze dell’acqua fatturata a livello
regionale evidenzia una prevalenza netta degli usi civili domestici
su tutti gli altri (Tab. 5). La quantità di acqua fatturata
per usi civili non domestici ha un peso del 10% sul totale fatturato
in Italia. Nelle regioni dell’Italia meridionale questa quota
è nettamente inferiore a quella nazionale (tra il 5% e l’8%),
con l’eccezione della Campania (13%); la stessa incidenza
è molto variabile nelle regioni del Centro, nelle quali il
valore più elevato è quello del Lazio (20%) e il valore
più basso quello della Toscana (9%).
La stessa variabilità delle quote si registra nelle regioni
dell’Italia settentrionale, dove si passa dal 15% del Veneto
al 5% della Lombardia.
Nell’acqua fatturata per le utenze produttive sono comprese
quella afferente al settore “industria e altre attività
economiche” e quella relativa a uso agricolo e zootecnico.
I maggiori volumi di acqua fatturata per industria e altre attività
si riscontrano nelle regioni dell’Italia nord occidentale
(54%); quelli minori nell’Italia meridionale e insulare (10%
complessivo).
Il monitoraggio sull’uso dell’acqua nell’ambito
urbano è particolarmente importante perché le città
sono un luogo ad alta densità abitativa con peculiari modalità
di consumo (Istat, 2002). L’indagine “Osservatorio ambientale
sulle città”, condotta dall’Istat, rileva i consumi
di acqua per diversi usi: uso domestico, uso industriale e commerciale
e altri usi.
I maggiori consumi di acqua in ambito urbano sono legati all’uso
domestico, come si vede dalla composizione percentuale nel grafico
nella pagina a fronte.
L’acqua immessa in rete rappresenta la quantità d’acqua
che alimenta la rete di distribuzione a partire dai serbatoi di
raccolta. La rete può essere alimentata da uno o più
acquedotti e/o direttamente da altre fonti quali pozzi, sorgenti,
navi cisterna, autobotti.
Non sempre tale valore viene misurato, in molti casi viene stimato
sulla base del totale dell’acqua addotta dagli acquedotti
e delle eventuali immissioni dirette da parte di altre fonti di
alimentazione. Se si confrontano le statistiche dell’acqua
immessa in rete con le statistiche dell’acqua erogata, risultano
evidenti differenze nell’ordine di grandezza tra le due misure
sia nel dato nazionale sia in ciascuna regione (Tab. 6).
Su tutto il territorio nazionale la differenza percentuale tra acqua
erogata e acqua immessa in rete è pari a -29%; essa risulta
più rilevante per le regioni meridionali e per le Isole,
laddove è pari a -37% e a -35%. Nelle regioni del Nord Est
la differenza tra acqua erogata e acqua immessa in rete è
del -27%, in quelle del Centro è del -28%, nelle regioni
del Nord Ovest è del -21%. La situazione presenta comunque
una variabilità tra regioni e tra zone diverse del Paese:
le differenze più elevate si verificano infatti in Puglia
(-50%), in Valle d’Aosta e in Sardegna (-40% per entrambe).
Le possibili cause di tale fenomeno sono riconducibili ad alcuni
fattori:
• esistenza di grandi quantità di acqua destinate ad
usi pubblici che non vengono misurate e quindi
contabilizzate nell’acqua erogata;
• sfori dei serbatoi, laddove l’acqua disponibile ne
superi la capacità di contenimento in particolari
periodi dell’anno o in particolari momenti della giornata;
• furti e prelievi abusivi dalla rete;
• perdite delle condotte.
Queste situazioni sono riconducibili a scelte delle amministrazioni
per l’uso dell’acqua potabile nei propri servizi, a
modalità di gestione e di conservazione dell’acqua,
a scarsi controlli contro i comportamenti illeciti e alla vetustà
degli impianti. Alcune di queste cause possono essere controllate
in misura più o meno efficace dai soggetti gestori con una
natura giuridica tale da consentire una gestione della politica
delle risorse idriche con economie di scala più attente all’efficienza
e all’efficacia dei risultati di gestione.
Disponibilità e uso dell’acqua nei Paesi del Mediterraneo
Mentre diventano sempre più diffuse le difficoltà
di approvvigionamento, il veloce incremento della popolazione, il
miglioramento delle condizioni di vita, i consumi crescenti di acqua
potabile fanno aumentare la domanda di acqua sia per i bisogni primari
sia per l’agricoltura e l’industria. Per un rapporto
dettagliato dei dati circoscritti a ciascun Paese si rimanda il
lettore alla Tab. 7.
In alcune aree del Mediterraneo l’assenza di fonti disponibili
e accessibili di acqua potabile è strettamente collegata
all’elevato tasso di malattie e di mortalità.
Negli ultimi decenni si è registrato un aumento dei consumi
pro-capite da ricondursi principalmente all’innalzamento del
reddito medio delle popolazioni. I Paesi del bacino mediterraneo
con un valore basso dell’indicatore dependency ratio
non rappresentano zone critiche per ciò che riguarda la risorsa
idrica.
Nei Paesi del Mediterraneo le risorse idriche hanno un ruolo centrale
nelle dinamiche di sviluppo delle singole regioni. La molteplicità
degli aspetti geomorfologici, climatici, geografici, economici e
politici influenza la natura multidimensionale e multifunzionale
dell’acqua, intesa come risorsa ambientale.
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