Marzo 2005

Risorse idriche italiane e dell’area mediterranea

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Fino all'ultima goccia
Sabrina Greco  
 
 

L’Italia non si è sottratta alla
rovina del
patrimonio idrico
e le zone
maggiormente
colpite risultano quelle a più alta densità industriale e demografica.

 

Introduzione


Le acque destinate ad uso potabile sono quelle che nei diversi Paesi hanno ricevuto la maggiore attenzione. La classificazione degli usi dell’acqua e la formulazione dei relativi criteri e standard rappresentano soltanto i princìpi su cui si fonda la programmazione qualitativa delle risorse idriche. La gestione ulteriore richiede la ricerca del loro uso ottimale e la necessità della loro conservazione in modo da soddisfare le diverse esigenze attuali e future.
Secondo le più recenti indagini statistiche, nel corso degli ultimi anni la quantità di acqua dolce disponibile pro capite è diminuita notevolmente, a causa essenzialmente di tre fenomeni:


aumento della popolazione mondiale, che determina una vertiginosa crescita della    domanda;
inquinamento dell’acqua;
cambiamenti climatici globali.


Le attività di ricerca nei settori della gestione e protezione delle risorse idriche e dello sviluppo di metodologie per la potabilizzazione hanno evidenziato la necessità di garantire una fornitura di acqua potabile, pertanto occorrono importanti cambiamenti nella politica di gestione delle risorse idriche, riconoscendo tra l’altro che tale risorsa ha un valore e ogni suo uso deve prevedere un prezzo in grado di coprire i costi.
A livello globale la situazione attuale riguardo alla risorsa idrica è caratterizzata dalla scarsa possibilità di reperire nuove fonti, di conseguenza bisognerebbe impiegarla in modo più produttivo. Le soluzioni possibili per aumentare la produttività dell’acqua sono diverse, ma la più importante è quella di attribuirle un valore di mercato: questo comporta un suo utilizzo più efficiente poiché promuove l’uso razionale dell’acqua in tutti i settori economici.
Diversi Paesi del Mediterraneo hanno lamentato un problema di regolazione e gestione della risorsa idrica: in alcuni i problemi più importanti riguardano l’aumento della popolazione e la maggiore richiesta di acqua, la povertà e il sottosviluppo provocano grossi problemi legati alle risorse idriche: le popolazioni, l’ambiente, la crescita economica in alcune aree del Mediterraneo sono minacciati dall’uso senza regole di tale risorsa.
Nei Paesi del Mediterraneo la dimensione assunta dai bisogni e dai vincoli strutturali legati ai cambiamenti climatici ha reso concreto il concetto di scarsità delle risorse idriche e l’insufficienza di acqua di qualità e quantità adeguata è destinata a rappresentare sempre più un fattore condizionante del loro sviluppo. Da una parte cresce la domanda per effetto dell’incremento demografico, del miglioramento delle condizioni di vita, dello sviluppo dell’industria; dall’altra, la disponibilità delle risorse idriche naturali per impieghi diretti diminuisce a causa del peggioramento della qualità.
L’Italia, al pari delle altre nazioni ad economia industriale, non si è sottratta alla rovina del patrimonio idrico e le zone maggiormente colpite risultano quelle a più alta densità industriale e demografica. Com’è noto, all’incremento demografico ha fatto riscontro l’inurbamento delle popolazioni, che ha portato al concentramento dei fabbisogni idrici.
Il “Sistema delle Indagini sulle Acque” (Istat) riferito al 1999 (SIA 99) fornisce informazioni statistiche sul sistema idrico nella sua totalità e il campo di osservazione dell’indagine riguarda in generale le acque potabili, le acque reflue urbane e la gestione dei servizi ad esse associata.
Le statistiche qui prese in considerazione riguarderanno soltanto l’acqua potabile erogata e fatturata, ossia l’acqua misurata attraverso contatori presso le utenze finali e pagata dalle utenze stesse e infine l’acqua potabile immessa in rete dai gestori delle reti di distribuzione dei singoli comuni.
Partendo da tali considerazioni, ci si propone di analizzare queste statistiche con dettaglio regionale, per ripartizione geografica e, considerati i dati e gli indicatori statistici sull’acqua potabile in Italia, allargare le esigenze conoscitive sul fenomeno attraverso le previsioni delle risorse idriche nei Paesi del Mediterraneo, in quanto ottimizzare l’uso della risorsa idrica è necessario per realizzare uno sviluppo economico e sociale sostenibile. La scelta di far riferimento a questa fonte è stata dettata dal fatto che essa rappresenta al momento l’unica fonte di informazioni per quanto riguarda la ripartizione per usi dell’acqua erogata. E’ possibile integrare queste statistiche con alcuni dati che provengono dall’indagine Osservatorio ambientale sulle città, condotta dall’Istat. Tale indagine ha avuto per oggetto 22 comuni rappresentati dai comuni capoluogo di regione, dai comuni capoluogo delle province autonome di Trento e Bolzano e dal comune di Catania poiché comune centro di area metropolitana.
Altre fonti affrontano il problema delle risorse idriche, ma spesso si adottano metodologie e tecniche di ricerca non perfettamente confrontabili. Per ciò che riguarda la disponibilità di dati sulle risorse idriche nei Paesi del Mediterraneo, si è incontrata la difficoltà nell’avere statistiche che assumessero i Paesi mediterranei come partizione prioritaria preferendo a questa altre suddivisioni geo-politiche. Considerato ciò, per i Paesi del Mediterraneo si analizzeranno i dati FAO (Aquastat).

Dati e indicatori statistici sul consumo di acqua potabile in Italia

Nel 1999 l’acqua erogata in Italia, ovvero quella misurata attraverso contatori ed effettivamente consumata dall’utente, è stata pari a 5,61 miliardi di metri cubi (Tab. 1). L’Istat stima la ripartizione del volume di acqua annualmente erogata in Italia come segue:

- il 32% è fornito nelle regioni del Nord-Ovest;
- il 20% nell’Italia Centrale;
- il 20% nel Meridione;
- il 19% nelle regioni del Nord-Est;
- il 10% nelle Isole.

Il valore pro-capite, calcolato sugli abitanti residenti nell’anno, è pari a 267 litri per abitante al giorno e questo indicatore statistico usato per confrontare i consumi di acqua è molto importante in quanto strumento sintetico più utilizzato per descrivere le diverse realtà oggetto di indagine, sia a livello nazionale che internazionale.
Le regioni dell’Italia settentrionale, che per ragioni climatiche hanno una maggiore disponibilità di risorse idriche, presentano un valore pro-capite superiore a quello nazionale. Nel Nord-Ovest l’acqua erogata pro capite è pari a 323 litri per abitante al giorno, con valori massimi in Liguria (373 litri per abitante al giorno) e in Valle d’Aosta (364 litri per abitante al giorno). Nel Nord-Est il valore pro-capite è pari a 268 litri per abitante al giorno, ma esiste una significativa variabilità tra le regioni: l’Emilia Romagna presenta il valore più basso (240 litri per abitante al giorno), il Friuli e il Trentino quello più elevato (318 litri per abitante al giorno).
Nel Centro, l’acqua erogata pro-capite è moderatamente più elevata (275 litri per abitante al giorno) del valore nazionale grazie alla regione Lazio che registra un valore nettamente superiore (311 litri per abitante al giorno), mentre le altre regioni si collocano tutte su valori inferiori a quello nazionale.
Il consumo pro-capite assume i livelli più bassi nelle regioni meridionali (214 litri per abitante al giorno) e in quelle insulari (236 litri per abitante al giorno), con valori minimi in Puglia (157 litri per abitante al giorno). Soffermandoci su quest’ultimo dato si deve aggiungere che esso è tra i più bassi valori di acqua erogata perché non misurata e tale problema emergeva dall’analisi dei dati sui servizi idrici, raccolti attraverso i questionari per ciascun impianto di acquedotto e di rete di distribuzione dell’acqua potabile.
L’acqua erogata è quella effettivamente consumata per i diversi tipi di usi. Tale valore è il risultato della misura effettuata attraverso contatori presso l’utente finale. In molti comuni il valore di acqua erogata non coincide con il consumo complessivo reale, ma rappresenta un valore inferiore a questo. In generale, le differenze possono essere ricondotte ai seguenti motivi:

• non sempre vengono effettuate le misure relative ai consumi d’acqua per alcuni servizi   pubblici (fontane, pulizia delle strade, mercati, caserme, ospedali);
• in diversi comuni non vengono effettuate le misure dei consumi d’acqua presso le utenze   (letture del contatore).

In alcuni casi la fatturazione dell’acqua non è legata ai consumi, poiché può essere, ad esempio, di tipo forfettario, mentre in altri casi l’acqua non è fatturata (ISTAT, 1999). Nel 1999 l’acqua fatturata, che rappresenta la quantità di acqua pagata dall’utenza, ammonta a 5,69 miliardi di metri cubi (Tab. 2). Come emerge dal confronto tra la Tab. 1 e la Tab. 2, l’acqua fatturata totale non coincide con l’acqua erogata. Le differenze con il volume dell’acqua erogata dipendono dalle diverse tipologie di fatturazione adottate (forfettaria, canone, tariffa) e dall’eventuale obbligo contrattuale a pagare una quantità minima impegnata anche se non consumata.
Il totale dell’acqua fatturata è costituito da 4,92 miliardi di metri cubi per utenze civili (87% del totale), da 586 milioni di metri cubi per utenze produttive (10%), da 182 milioni di metri cubi per altri usi (3%).
La classificazione delle diverse tipologie di utenza risente dei criteri adottati dai singoli gestori, che riflettono le specifiche realtà territoriali.
Le regioni dell’Italia centrale (fatta eccezione per la Toscana), dell’Italia insulare e dell’Italia meridionale fatturano per utenze civili una quota di acqua superiore al valore nazionale, l’inverso avviene per le regioni dell’Italia nord occidentale e nord orientale, in cui la quota delle utenze per usi produttivi (pari rispettivamente al 16% e al 13%) è sempre maggiore della rispettiva quota nazionale (10%). Si differenzia il Friuli Venezia Giulia, che presenta un’incidenza dell’acqua fatturata per altri usi (18,9%) superiore a quella per utenze produttive (7,6%).
Leggendo le percentuali relative alla regione Puglia, si ha che il 90,2% del totale acqua fatturata è per uso civile, mentre il 9,5% è per utenze produttive, anche se l’agricoltura ha reti proprie di distribuzione, lo 0,3% del totale è per altri usi, e tale dato dipende dai diversi tipi di tariffe adottate in alcuni comuni dove c’è una maggiore suddivisione per i diversi usi.
L’acqua fatturata per utenze civili è prevalentemente destinata agli usi civili domestici (Tab. 3) e in minor misura agli usi civili non domestici (caserme, ospedali, scuole, mercati, uffici, negozi) e ad altri usi. A livello nazionale, l’acqua fatturata per usi domestici è pari a 4,26 miliardi di metri cubi, per usi non domestici è di 575 milioni di metri cubi e per altri usi è di 91 milioni di metri cubi. Le regioni dell’Italia nord occidentale fatturano in questo settore (Tab. 4) il 32% del totale nazionale, seguite dalle regioni dell’Italia centrale e meridionale con il 20%, dalle regioni del Nord Est con il 17% e dalle Isole con il 12%.
Per gli usi civili non domestici prevalgono invece le regioni dell’Italia centrale con il 30% sul totale di questo settore, seguite dal Nord Est (22%), dal Nord Ovest (20%), dal Meridione (18%) e dalle Isole (9%).
Per quanto concerne gli altri usi delle utenze civili, si nota una distribuzione percentuale più uniforme nelle regioni dell’Italia settentrionale e centrale (26% del corrispondente totale nazionale).
La distribuzione delle incidenze dell’acqua fatturata a livello regionale evidenzia una prevalenza netta degli usi civili domestici su tutti gli altri (Tab. 5). La quantità di acqua fatturata per usi civili non domestici ha un peso del 10% sul totale fatturato in Italia. Nelle regioni dell’Italia meridionale questa quota è nettamente inferiore a quella nazionale (tra il 5% e l’8%), con l’eccezione della Campania (13%); la stessa incidenza è molto variabile nelle regioni del Centro, nelle quali il valore più elevato è quello del Lazio (20%) e il valore più basso quello della Toscana (9%).
La stessa variabilità delle quote si registra nelle regioni dell’Italia settentrionale, dove si passa dal 15% del Veneto al 5% della Lombardia.
Nell’acqua fatturata per le utenze produttive sono comprese quella afferente al settore “industria e altre attività economiche” e quella relativa a uso agricolo e zootecnico.
I maggiori volumi di acqua fatturata per industria e altre attività si riscontrano nelle regioni dell’Italia nord occidentale (54%); quelli minori nell’Italia meridionale e insulare (10% complessivo).
Il monitoraggio sull’uso dell’acqua nell’ambito urbano è particolarmente importante perché le città sono un luogo ad alta densità abitativa con peculiari modalità di consumo (Istat, 2002). L’indagine “Osservatorio ambientale sulle città”, condotta dall’Istat, rileva i consumi di acqua per diversi usi: uso domestico, uso industriale e commerciale e altri usi.
I maggiori consumi di acqua in ambito urbano sono legati all’uso domestico, come si vede dalla composizione percentuale nel grafico nella pagina a fronte.
L’acqua immessa in rete rappresenta la quantità d’acqua che alimenta la rete di distribuzione a partire dai serbatoi di raccolta. La rete può essere alimentata da uno o più acquedotti e/o direttamente da altre fonti quali pozzi, sorgenti, navi cisterna, autobotti.
Non sempre tale valore viene misurato, in molti casi viene stimato sulla base del totale dell’acqua addotta dagli acquedotti e delle eventuali immissioni dirette da parte di altre fonti di alimentazione. Se si confrontano le statistiche dell’acqua immessa in rete con le statistiche dell’acqua erogata, risultano evidenti differenze nell’ordine di grandezza tra le due misure sia nel dato nazionale sia in ciascuna regione (Tab. 6).
Su tutto il territorio nazionale la differenza percentuale tra acqua erogata e acqua immessa in rete è pari a -29%; essa risulta più rilevante per le regioni meridionali e per le Isole, laddove è pari a -37% e a -35%. Nelle regioni del Nord Est la differenza tra acqua erogata e acqua immessa in rete è del -27%, in quelle del Centro è del -28%, nelle regioni del Nord Ovest è del -21%. La situazione presenta comunque una variabilità tra regioni e tra zone diverse del Paese: le differenze più elevate si verificano infatti in Puglia (-50%), in Valle d’Aosta e in Sardegna (-40% per entrambe). Le possibili cause di tale fenomeno sono riconducibili ad alcuni fattori:

• esistenza di grandi quantità di acqua destinate ad usi pubblici che non vengono misurate    e quindi contabilizzate nell’acqua erogata;

• sfori dei serbatoi, laddove l’acqua disponibile ne superi la capacità di contenimento in    particolari periodi dell’anno o in particolari momenti della giornata;

• furti e prelievi abusivi dalla rete;

• perdite delle condotte.

Queste situazioni sono riconducibili a scelte delle amministrazioni per l’uso dell’acqua potabile nei propri servizi, a modalità di gestione e di conservazione dell’acqua, a scarsi controlli contro i comportamenti illeciti e alla vetustà degli impianti. Alcune di queste cause possono essere controllate in misura più o meno efficace dai soggetti gestori con una natura giuridica tale da consentire una gestione della politica delle risorse idriche con economie di scala più attente all’efficienza e all’efficacia dei risultati di gestione.

Disponibilità e uso dell’acqua nei Paesi del Mediterraneo

Mentre diventano sempre più diffuse le difficoltà di approvvigionamento, il veloce incremento della popolazione, il miglioramento delle condizioni di vita, i consumi crescenti di acqua potabile fanno aumentare la domanda di acqua sia per i bisogni primari sia per l’agricoltura e l’industria. Per un rapporto dettagliato dei dati circoscritti a ciascun Paese si rimanda il lettore alla Tab. 7.
In alcune aree del Mediterraneo l’assenza di fonti disponibili e accessibili di acqua potabile è strettamente collegata all’elevato tasso di malattie e di mortalità.
Negli ultimi decenni si è registrato un aumento dei consumi pro-capite da ricondursi principalmente all’innalzamento del reddito medio delle popolazioni. I Paesi del bacino mediterraneo con un valore basso dell’indicatore dependency ratio non rappresentano zone critiche per ciò che riguarda la risorsa idrica.
Nei Paesi del Mediterraneo le risorse idriche hanno un ruolo centrale nelle dinamiche di sviluppo delle singole regioni. La molteplicità degli aspetti geomorfologici, climatici, geografici, economici e politici influenza la natura multidimensionale e multifunzionale dell’acqua, intesa come risorsa ambientale.

   
   
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