Un Papa che emergeva dal buio del mondo marxista,
e dalla cattedra di Pietro parlava al mondo, equivaleva a un terremoto.
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Wojtyla era stato eletto Papa il 16 ottobre 1978. Pochi giorni
dopo si riuniva al Cremlino il Politburo del Pcus, il partito comunista
sovietico, con un ordine del giorno composto da un unico punto:
«Che cosa significa per lUrss lelezione di un
Pontefice che arriva da un Paese socialista?». Il risultato
di quella prima discussione, che si svolse sotto la presidenza di
Leonid Breznev, fu un documento firmato da Oleg Bogomolov, al quale
era stato affidato lo studio del caso. Un anno dopo
Mikhail Suslov, che della stagnazione sovietica era il ferreo custode,
in nome di unortodossia da tempo svuotata di anima e divenuta
pura e semplice liturgia conservatrice, firmò la risoluzione
operativa. I documenti (che furono due) sono fondamentali per capire
il rapporto tra lUrss e il nuovo Pontefice, ma anche tra lUrss
e se stessa, di fronte al mondo che stava cambiando e di cui Wojtyla
era il testimone per conto della Provvidenza: novità
inattesa e incomprensibile per lanchilosata dirigenza moscovita.
Nel corso di quella riunione gli uomini di Breznev si posero queste
domande: «Nuovo Papa di Roma è diventato un cittadino
di un Paese socialista, e per noi si pongono alcuni problemi. Quali
scopi perseguono i gerarchi della Chiesa cattolica? Quali effetti
avrà il nuovo Papa sui rapporti tra il Vaticano e i Paesi
socialisti, soprattutto con la Polonia? Da parte nostra qual è
la reazione più opportuna?».

Queste, le questioni che il Cremlino si mise davanti e che rivelano
subito due elementi: per Mosca, lelezione di Wojtyla fu una
sorpresa assoluta; immediatamente i dirigenti sovietici capirono
che da quel momento il mondo non sarebbe stato più lo stesso.
Il ferreo bipolarismo nato dalla seconda guerra mondiale andava
in frantumi, i due campi non erano più ermetici, un uomo
dellEst sedeva sul Soglio di Pietro, unentità
che nella visione sovietica del mondo apparteneva allOvest.
Che cosa stava per succedere?
Oleg Bogomolov, direttore dellIstituto del sistema socialista
mondiale dellAccademia delle Scienze dellUrss, il 4
novembre 1978 consegnò al Politburo la sua diagnosi sul caso
Wojtyla. Lanalisi, fredda, ruvida e profetica, sosteneva:
«Lelezione va inserita nel contesto del rafforzamento
della pressione politica e ideologica dellOccidente sullUrss
e sui Paesi socialisti: con lelezione di Wojtyla la gerarchia
cattolica cerca di rafforzare linfluenza della Chiesa nel
mondo e di opporsi alla proliferazione delle idee socialiste [
].
Lelezione di un cittadino di un Paese socialista causerà
nei prossimi tempi la crescita della religiosità e la destabilizzazione
in Polonia, innanzitutto, ma anche in Ungheria, in Jugoslavia, in
Lituania, e probabilmente nelle regioni occidentali dellUcraina
e della Bielorussia [...]. Tenendo presenti i numerosi interventi
di Wojtyla in difesa dei diritti e delle libertà delluomo,
si può prevedere una più attiva partecipazione del
Vaticano a questa campagna [...]. Una tale linea verrà sicuramente
accentuata in Polonia, ma si può prevedere che Wojtyla non
rinunci a denunciare anche atti di repressione che si svolgono in
Paesi capitalistici o in altri Paesi, tipo Cile e Nicaragua [...].
Wojtyla, che è sensibile ai problemi dei lavoratori, sicuramente
cercherà di allargare linfluenza della Chiesa nei Paesi
socialisti, ma porrà problemi anche al mondo capitalista
[...]. È sensibile alla pace, appoggerà lidea
del disarmo [...], legandola però al problema dei diritti
delluomo, e ciò renderà più difficile
il nostro dialogo con il Vaticano [...]. È per lecumenismo,
ma bisogna indurre i nostri circoli ortodossi a pronunciarsi contro
i piani vaticani di riunificazione della Cristianità [...].
Wojtyla ha vasti legami internazionali, anche se forse non conosce
bene i meccanismi segreti che funzionano nei corridoi del potere
vaticano. Allinizio, dunque, il nuovo Papa dipenderà
dalla Curia, che cercherà di sottoporlo alla sua influenza.
Ma il carattere indipendente di Wojtyla fa pensare che presto si
libererà dalla tutela della Curia».

Lattenta, predittiva analisi di Bogomolov terminava con la
più classica delle domande: Che fare? Nei confronti del Vaticano:
far capire a Wojtyla che «troppi interventi a favore dei diritti
delluomo porteranno alla riduzione della possibilità
di manovra della Chiesa cattolica nei Paesi dellEst»;
operare in modo che la questione dei diritti delluomo sia
posta anche nei Paesi occidentali. Per le società socialiste:
«È necessario affrontare con maggiore attenzione il
problema di realizzare le esigenze morali e spirituali della personalità;
spesso latteggiamento semplificato e formale che abbiamo nei
confronti della sfera spirituale della vita umana e la riduzione
di essa ai momenti politico-sociali creano la base per il rafforzamento
della Chiesa nelle nostre società».
Un anno dopo, Mikhail Suslov traduceva in politica e azione lanalisi
dellintellettuale. Il repertorio era da guerra fredda e talmente
convenzionale che sarebbe stato bene anche in una spy story: «Assegnare
a radio, televisioni e giornali unintensa attività
di propaganda; consultare i partiti comunisti del mondo, e in particolare
quello italiano; stimolare i circoli vaticani più favorevoli
alla pace nel mondo; incaricare il Kgb di provocare pubblicazioni
allestero sulle pericolose tendenze di Papa Giovanni
Paolo II; allargare gli studi nel campo dellateismo».
Questa risoluzione era firmata da Suslov, Breznev, Kirilenko,
Chernenko e Gorbaciov, che sei anni dopo sarebbe diventato segretario
generale del Pcus e che Wojtyla avrebbe poi definito «uomo
provvidenziale».

Karol Wojtyla ha abbattuto il comunismo? La risposta lha
data lui stesso: «Lalbero era già marcio, io
gli ho dato una buona scrollata». E i documenti Bogomolov-Suslov
ne sono eccezionale testimonianza: negli argomenti usati in quelle
parole cè la traccia di quanto quel mondo fosse arrivato
ai suoi ultimi atti. Il comunismo sarebbe crollato ugualmente, ma
sicuramente la novità di un Papa che emergeva dal buio del
mondo marxista e dalla cattedra di Pietro parlava al mondo equivaleva
a un terremoto, era limmagine vivente del fallimento di un
sistema.
Cè poi, ovviamente, tutta la storia dellattentato
del turco Ali Agca, ci sono i misteri rimasti tali, ci sono le piste
(quella bulgara, in particolare) che portavano ad Est. È
stato generalmente riconosciuto che a tutto questo Wojtyla ha dato
una risposta da Papa, sviluppando una mistica dellattentato,
considerato segno della sofferenza che il vicario di Cristo doveva
patire perché fossero realizzati i piani della Provvidenza
sul finire del XX secolo, primo fra tutti il crollo del sistema
comunista. Nellanno giubilare, il Papa rese noto il terzo
mistero di Fatima e dal Vaticano venne diffusa linterpretazione
che il vescovo bianco ucciso dai nemici della fede visto
dalla veggente era una metafora di Giovanni Paolo II.
La risposta della storia civile è diversa. Dallelezione
di Wojtyla gli eventi si succedono a velocità e intensità
impensabili fino a quel momento. Nei cantieri navali di Danzica
nasce Solidarnosc, il sindacato libero di Lech Walesa. Gli operai
polacchi che sfilano dietro il ritratto del Papa e licona
della Madonna Nera chiedono democrazia e libertà sindacali,
ma anche la trasmissione via radio della messa domenicale. Il Cremlino
è tentato dallantico riflesso: invadere la Polonia.
Loperazione è pronta. I leader del Patto di Varsavia
e i segretari dei partiti fratelli (il tedesco Honecker,
innanzitutto) insistono per lintervento.
Oggi sappiamo che Wojtyla scrisse personalmente a Breznev e fece
un parallelo ingombrante, paragonando linvasione che stava
per compiersi con quella nazista del 39. Linvasione
non si verificò. Ma a Varsavia prese il potere il generale
Jaruzelski per conto di Mosca. Tuttavia si trattava degli ultimi
sussulti di una costruzione che non stava più in piedi. Nell89
in Polonia si svolsero le prime elezioni libere e pluraliste.
Un anno dopo Walesa fu eletto presidente della Repubblica. I regimi
dellEst caddero in successione, ormai senza scampo: Budapest,
Praga
Il Muro di Berlino crollò in una notte di festa.
A Mosca, Gorbaciov stava consumando gli ultimi due anni di potere
e la sua personale utopia: riformare democraticamente un sistema
irriformabile. Il 31 dicembre 1991 lultima bandiera rossa
fu ammainata anche dalla cupola del Cremlino.
Sebbene abbia seguito (da Roma a Maastricht, da Bochum a Istanbul
e a Sofia) lintero processo per lattentato di Agca al
Papa, non sono riuscito a capire, al pari di altri giornalisti,
alcune cose. La prima: il presidente della Corte dAssise,
Severino Santiapichi, ad un certo punto aveva creato in aula unatmosfera
rarefatta, propensa alla confessione dellattentatore. Stavamo
per conoscere la verità sui mandanti, e dunque sui fini dei
due colpi di pistola sparati a Piazza San Pietro. Ma proprio a quel
punto, mentre il silenzio era solcato soltanto dalle voci del giudice
e dellimputato, un avvocato lanciò un insulto verso
il turco, rompendo lincantesimo. «Lei è indegno
della toga che indossa!», reagì Santiapichi. Ma ormai
la verità era ridiscesa in fondo al pozzo.
La seconda: un giorno, mentre rispondeva alle domande del magistrato,
il turco sostenne di essere Cristo, sproloquiò sul terzo
segreto di Fatima, e fece intendere che pazzo non era, ma che da
quel momento in poi non avrebbe detto nulla che interessasse il
processo in corso. Perché lo fece? Aveva subìto pressioni?
E da parte di chi? Dagli archivi di Mosca e da quelli della Stasi
tedesco-orientale fino a questo momento non è emerso nulla
che possa illuminarci in proposito. Il Papa non era mai tornato
su questa vicenda. Agca è in carcere in Turchia, e si guarda
bene dal dire una sola parola: forse il silenzio gli garantisce
ancora oggi la vita.
Sono trascorsi, dal giorno dellattentato, poco meno di due
decenni e mezzo, troppo tempo per linvestigazione di chi è
fuori dai giochi carsici fra i labirinti del potere, troppo poco
invece per i ritmi di emersione della verità storica. Per
ora ci restano le ipotesi, le legittime suspicioni, i teoremi logici.
Sono ancora vivi alcuni depositari dei segreti interessi che portarono
allattentato dell81. Ma lasceranno mai memoria o testimonianza
di un progetto che voleva fermare la storia del mondo?
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