Il fatto di dar
valore solo
al piacere senza mostrare nessun interesse diretto per la libertà,
i diritti o le
condizioni reali
di vita, non è certo un punto a favore dellutilitarismo
classico.
|
|
La concezione che Amartya Sen ha elaborato e sostenuto viene chiamata
criterio delle capacitazioni. Le capacitazioni di cui
parla Sen sono in particolare capacità di «acquisire
funzionamenti cui (una persona) ha motivo di attribuire valore [
]
e questo fornisce un modo particolare di impostare la formulazione
di giudizi su uguaglianza e disuguaglianza». Spiega Sen: «I
funzionamenti considerati possono variare dai più elementari,
come essere ben nutriti, sottrarsi per quanto possibile a malattia
o a mortalità precoce, eccetera, ad acquisizioni le più
complesse e sofisticate, come lavere rispetto per se stessi,
essere in grado di prendere parte alla vita della comunità,
e così via».
Lidea di applicare questo punto di vista ai problemi dello
sviluppo si deve interamente a Sen. In anni recenti anche Martha
Nussbaum ha utilizzato unimpostazione basata sulle capacitazioni
per discutere questioni di sviluppo, particolarmente per quel che
riguarda le donne.
Proprio perché gli interessi di Sen in quanto economista
sono in effetti frequentemente, e di solito, di portata internazionale,
i suoi scritti si indirizzano spesso ai problemi di ciò che
si chiama sviluppo economico. In questambito,
lopinione prevalente prevede che lunico problema sia
linnalzamento del reddito monetario o forse della produzione
economica lorda delle nazioni sottosviluppate.
Un modo in cui Sen ci mostra la necessità di unità
di misura più sensibili del sottosviluppo, della
povertà e di altre forme di indigenza economica è
osservando quanto il denaro e la produzione economica lorda siano
misure vaghe del benessere economico e quanto seriamente la nostra
base informativa venga ristretta quando non riusciamo
ad ottenere informazioni riguardanti quali risultati derivino da
dati livelli di reddito o di produzione in varie condizioni.

«La relazione fra reddito e capacitazione scrive Sen
risente fortemente delletà del soggetto (per
esempio, a causa dei particolari bisogni degli anziani e dei giovanissimi),
dei ruoli sessuali e sociali (si pensi alle speciali responsabilità
della maternità, ma anche a certi obblighi familiari determinati
dal costume), della località (che può essere esposta
alle inondazioni o alle siccità, oppure in alcuni
centri urbani malsicura e violenta), della situazione epidemiologica
(per esempio, quando in una regione ci sono malattie endemiche)
o di altri fattori di cui una singola persona non controlla affatto
o solo limitatamente le variazioni».
Unimpressionante statistica che Sen utilizza per illustrare
questa tesi è la seguente: «I maschi del Kerala e della
Cina superano nettamente i maschi afro-americani in termini di sopravvivenza
fino a unetà avanzata; e anche le donne afro-americane,
nei gruppi di età più elevata, hanno un tasso di sopravvivenza
simile a quello delle cinesi, molto più povere, e nettamente
inferiore rispetto a quello delle indiane del Kerala, più
povere ancora. Dunque gli americani neri non soffrono solo di una
privazione relativa, in termini di reddito, rispetto ai compatrioti
bianchi; in termini di sopravvivenza fino a unetà avanzata
sono anche più deprivati in assoluto rispetto a popolazioni
a basso reddito come gli indiani del Kerala (sia gli uomini che
le donne) e dei cinesi (gli uomini)».
Voglio richiamare lattenzione su una critica interessante
che Sen muove a una versione dellutilitarismo, quella secondo
cui il benessere può essere misurato semplicemente a partire
dalla soddisfazione di desideri. Sen afferma che nei casi di privazioni
estreme e molto durature la soddisfazione di desideri può
anche costituire una base informativa impoverita perché una
frequente conseguenza di situazioni di questo genere è la
riduzione della gamma di desideri, in virtù della situazione
disperata. Come egli scrive, «il problema è particolarmente
grave in un contesto di radicate disuguaglianze e deprivazioni.
Una persona che viva in totale deprivazione e conduca una vita stentata
può non apparire in una brutta condizione, secondo la metrica
mentale del desiderio e del suo appagamento, se accetta linclemenza
del fato con rassegnata sopportazione.
In situazioni di persistente deprivazione, le vittime non stanno
continuamente a lamentarsi e a compiangersi, e molto spesso si sforzano
enormemente di trarre piacere da piccole occasioni di conforto.
E di ridurre i desideri personali a proporzioni modeste, più
realiste. Il grado di deprivazione di una persona, allora, può
non essere assolutamente registrato nella metrica dellappagamento
dei desideri, per quanto egli o ella possa essere del tutto impossibilitata
a nutrirsi adeguatamente, vestirsi decentemente, educarsi soddisfacentemente
e ripararsi confortevolmente».
Le capacitazioni, nel senso di Sen, non sono semplicemente modi
di funzionamento dotati di valore: esse sono libertà di godere
di tali funzionamenti dotati di valore, una tesi annunciata nel
titolo del libro di Sen Lo sviluppo è libertà e sottolineato
in tutto il volume. Ovviamente, cè spazio per dissentire
su quali funzionamenti esattamente siano «dotati di valore»,
o tali che le persone abbiano «ragione di attribuire loro
valore», ma tale dissenso è qualcosa che Sen considera
esso stesso dotato di valore piuttosto che svantaggioso. Anzi, Sen
non pretende neanche che il criterio delle capacitazioni comprenda
tutti i fattori che si potrebbe voler includere nella valutazione
del benessere: «Per esempio, potremmo dare molta importanza
a regole e procedure, anziché solo alle libertà e
agli esiti». Egli si pone la domanda: «Questa pluralità
è fonte dimbarazzo per chi difende lutilizzo
del punto di vista delle capacitazioni rispetto a ogni altro fattore
pertinente?», e ad essa risponde con un deciso no: «Caso
mai è vero il contrario: sostenere che esiste una sola grandezza
omogenea da valutare significa ridurre drasticamente lambito
dei nostri ragionamenti intorno ai valori. Per esempio, il fatto
di dar valore solo al piacere senza mostrare nessun interesse diretto
per la libertà, i diritti, la creatività o le condizioni
reali di vita, non è certo un punto a favore dellutilitarismo
classico. Più in generale, incaponirsi sul godimento quasi
meccanico di ununica cosa buona sempre uguale
sarebbe un negare la nostra umanità di creature ragionanti;
sarebbe come rendere facile la vita a uno chef trovandogli un piatto
che piaccia a tutti (tipo il salmone affumicato o magari anche le
patatine fritte), oppure ununica qualità che dovremmo
cercare tutti di massimizzare (per esempio, che il cibo sia salato
al punto giusto)».

Matematicamente parlando, quel che il criterio delle capacitazioni
produce (anche quando si sia convenuto su una lista di funzionamenti
dotati di valore, cosa che, come ci dice Sen, richiede «una
discussione pubblica e unaccettazione e comprensione democratica»)
non è un ordinamento completo di situazioni, rispetto al
benessere positivo, bensì un ordinamento parziale e alquanto
approssimativo. Questo criterio (talora Sen lo chiama «punto
di vista») non pretende di produrre un metodo di decisione
che possa essere programmato su un computer. Quello che fa è
invitarci a riflettere su quali modi di funzionamento formino parte
delle nozioni di vita buona della nostra e di altre
culture e indagare quanta libertà di conseguire tali funzionamenti
vari gruppi di persone effettivamente posseggano in varie situazioni.
Un approccio del genere ci richiederà di smetterla di collocare
in compartimenti divisi letica, leconomia e la politica
come abbiamo fatto da quando nel 1932 Lionel Robbins trionfò
sugli economisti del benessere seguaci di Pigou e di ritornare
al genere di valutazione ragionata e sensibile del benessere che
Adam Smith vide come essenziale al compito delleconomista.
|