A quel punto
i Paesi ancora
dipendenti dal
petrolio saranno costretti ad una feroce lotta
geo-politica che garantisca un
accesso ai
rimanenti pozzi mediorientali.
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Il 26 settembre 2002 il mondo diede uno sguardo al futuro. La General
Motors aveva debuttato al Paris Motor Show con una rivoluzionaria
auto a idrogeno, lelemento più basilare e leggero delluniverso,
che, bruciando, emette soltanto acqua pura e calore. Quellautomobile
è costruita su un telaio a pila a combustibile che dura ventanni.
Gli acquirenti potranno così cambiare modello ogni volta
che lo desiderino. Niente volante, pedali, freni, motore: si guida
con un joystick. È una vettura davanguardia, adatta
alla generazione dot.com.
Un dettaglio molto interessante è che, sebbene il prototipo
sia stato finanziato dalla GM, gran parte dellingegneria,
del design e del software è stata sviluppata in Europa. Il
veicolo indica linizio della fine del motore a combustione
interna, e il passaggio da una civiltà basata sul petrolio
ad una civiltà fondata sullidrogeno. E il debutto in
Europa la dice lunga sul grande mutamento, ma anche sul diverso
modo in cui Europa e America vedono il proprio futuro.
LUnione europea e gli Stati Uniti hanno iniziato a percorrere
strade divergenti su uno degli aspetti fondamentali che caratterizzano
una società: il suo regime energetico. Questa nuova realtà
è emersa particolarmente evidente al vertice mondiale tenuto
a Johannesburg, dove lUnione europea ha insistito perché
tutti i Paesi del mondo raggiungano entro il 2010 un target del
15 per cento di energia rinnovabile, iniziativa che gli Usa hanno
fortemente contrastato. LUe ha già stabilito lobiettivo
interno, che prevede il raggiungimento, entro quella data, del 22
per cento di energia rinnovabile per la produzione di elettricità,
e del 12 per cento per tutta lenergia proveniente da fonti
rinnovabili.
La differenza di approccio per quanto riguarda il futuro dellenergia
non potrebbe essere più assoluta. Mentre lUe inizia
a mobilitare il proprio settore industriale, i propri istituti di
ricerca e lopinione pubblica per una storica transizione che
li allontanerà dai combustibili-fossili e li condurrà
verso un futuro di idrogeno e risorse rinnovabili, gli Usa cercano
disperatamente di assicurarsi un maggiore e più sicuro accesso
al petrolio. Ne è una prova lossessione quasi fanatica
del presidente Bush di voler aprire in Alaska una riserva-rifugio
per lestrazione del petrolio mai utilizzato finora, sebbene
le stime più ottimistiche indichino in quelloro nero
un livello del solo 1 per cento rispetto alla produzione globale.
Nei circoli politici americani si sta facendo strada lipotesi
che lattacco allIraq sia stato determinato anche dal
fatto che questo Paese possiede la seconda più grande riserva
petrolifera del mondo dopo lArabia Saudita. Controllati quei
pozzi, gli Usa godrebbero di una nuova strategica posizione di influenza
nel Golfo Persico, facendo così da contrappeso allinfluenza
saudita nellarea. Nel frattempo, se dovesse fallire questa
strategia, un accordo con Putin garantirebbe allAmerica il
petrolio della Siberia. Certo, quel che non è stato detto
nelleuforia che circola intorno alla ricerca di una possibile
alternativa al petrolio del Golfo è che le riserve petrolifere
rimaste alla Russia sono pari a meno della metà di quelle
arabe. Esse si stanno esaurendo velocemente, con lentrata
nel mercato mondiale di compagnie petrolifere russe. È allora
evidente che, mentre lUe guarda al futuro, gli Usa cercano
disperatamente di aggrapparsi al passato.
Il mondo si sta muovendo verso unera che vede il tramonto
della grande cultura del combustibile-fossile, una cultura avviata
oltre trecento anni fa con lutilizzo della forza motrice del
carbone e del vapore. I più eminenti petro-geologi del mondo
non sono concordi nel definire quando esattamente la produzione
globale di petrolio raggiungerà la sua punta massima, cioè
il momento in cui la metà delle riserve di petrolio conosciute
e quelle già individuate o ancora da scoprire saranno già
state utilizzate.
Una volta raggiunto quel punto, il prezzo del petrolio sui mercati
mondiali salirà costantemente, mentre la produzione di oro
nero diminuirà, tracciando la classica curva a forma di campana.
Le Cassandre del settore affermano che la punta massima di produzione
sarà raggiunta con ogni probabilità alla fine di questo
decennio, e comunque non più tardi del 2020. Gli ottimisti,
invece, sostengono che il picco di produzione globale non si verificherà
fino al 2040. Ciò che in ogni caso colpisce è che,
in entrambi i casi, si parla di un breve arco di tempo: venti, al
massimo trentanni. Lelemento su cui tutti sembrano concordare
è che una volta raggiunta la punta massima di produzione
globale di petrolio, i due terzi delle rimanenti riserve saranno
in Medio Oriente, la regione politicamente più instabile
e volubile del pianeta. Ciò significa che a quel punto i
Paesi ancora dipendenti dal petrolio saranno costretti ad una feroce
lotta geo-politica che garantisca una continuità di accesso
ai rimanenti pozzi del Medio Oriente, con tutti i rischi e le conseguenze
che una realtà del genere comporta.
In prospettiva, la differenza tra Europa e America su questo punto
si riscontra negli atteggiamenti delle grandi compagnie petrolifere
mondiali. I giganti europei del petrolio, come la British Petroleum
e la Royal Dutch Shell, hanno preso un impegno a lungo termine per
prepararsi alla transizione che li porterà fuori dal mercato
dei combustibili-fossili, e stanno investendo grosse cifre sulla
ricerca o lo sviluppo dellidrogeno e di altre forme di tecnologia
rinnovabile.
Il nuovo slogan della Bp è Beyond Oil (Oltre
il petrolio). E il presidente del CdA della Dutch Shell ha
pubblicamente affermato che la sua compagnia si sta preparando per
la fine dellera degli idrocarburi e sta attivamente esplorando
la promessa delleconomia a idrogeno.
Al contrario, le compagnie americane, come la Exxon Mobil, sono
rimaste ancorate ai combustibili-fossili e dedicano ben pochi sforzi
alla ricerca di fonti di energia rinnovabile e allo sviluppo dellidrogeno.
LUnione europea si trova in una posizione unica per avanzare
una pretesa sul futuro e diventare la prima superpotenza a dire
addio alloro nero e ad entrare nellera dellidrogeno.
Con tutta probabilità, un cambiamento di regime energetico
di queste proporzioni avrà nel corso del prossimo mezzo secolo
un impatto sociale tanto profondo quanto quello del carbone e del
vapore di tre secoli fa.
Lera del combustibile-fossile cambiò il nostro stile
di vita, la nostra idea di commercio e di governo, nonché
i valori secondo i quali ancora oggi viviamo. La prossima economia
a idrogeno farà altrettanto. Ad un certo momento, lEuropa
si dirigerà verso un nuovo futuro energetico. Quando ciò
accadrà, come per effetto di un grande maremoto, gli Stati
Uniti saranno costretti a ripensare il proprio futuro energetico.
Lultima volta che gli Usa sono stati risvegliati dal proprio
sonnambulismo fu nel 1956, quando i russi mandarono il loro primo
satellite nello spazio. Colti di sorpresa, mobilitarono ogni risorsa
della società americana pur di raggiungere e sorpassare i
sovietici. Forse questo è il tempo di un altro scossone.
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