Settembre 2005

Rischio di crollo

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È solo Europa-mercato
Josep Borrell Fontelles Presidente del Parlamento europeo
 
 

 

 

 

Dobbiamo chiarire a noi stessi e a tutti gli altri quale Europa vogliamo. Questo sarà senza dubbio il momento della verità.

 

La nostra Unione è in panne e non può restarci per molto tempo. La costruzione europea sta attraversando un periodo molto delicato e movimentato della sua storia. Non ci voleva proprio una crisi finanziaria dopo la crisi di fiducia messa in luce e amplificata dai risultati dei referendum sulla Costituzione in Francia e in Olanda. Il Parlamento farà uso di tutti i suoi poteri per evitare l’asfissia finanziaria. Anche se la situazione restasse immutata, cioè in assenza di un’intesa sulle “Prospettive finanziarie 2007-2013” entro il novembre dell’anno prossimo, l’Unione tornerebbe alla procedura di bilancio annuale. A quel punto il Parlamento giocherà pienamente il suo ruolo e utilizzerà i poteri di bilancio che il Trattato gli dà per assicurare la continuità delle politiche di bilancio. Eviteremo l’asfissia finanziaria e garantiremo la sopravvivenza ma, ovviamente, questo non basta.
I capi di Stato e di governo devono assumere decisioni che in questa occasione non sono stati in grado di prendere. Abbiamo appena accolto dieci nuovi Paesi e abbiamo creato legittime aspettative in altri. Non possiamo accontentarci della sopravvivenza. Serve certezza sulle risorse finanziarie disponibili e utilizzabili fino al 2013, per consentire a ciascuno di fare i propri conti e di programmare il proprio sviluppo.

L’andamento delle trattative di Bruxelles e certe posizioni assunte nell’ultima fase negoziale non lasciano sperare che si possa trovare un’intesa nel corso della presidenza britannica. Ci si è focalizzati troppo sui saldi netti, cioè su quanto ogni Paese versa al bilancio comune e recupera poi attraverso le iniziative finanziate dall’Ue sul suo territorio. Ma questa è una visione totalmente sbagliata. Così si dimentica che siamo insieme perché c’è un valore aggiunto europeo. Tutti abbiamo tratto grandi benefici dalla costruzione europea in maniera diretta o indiretta. Se si continua sul terreno dei saldi netti non ne usciremo e sarà impossibile arrivare a un accordo.
Tutti dicono di volere più Europa. Ma se tutti dicono di volere la stessa cosa e poi non si mettono d’accordo, viene qualche dubbio sulla reale volontà degli uni e degli altri. Forse si vogliono due Europe diverse. Dobbiamo verificare se esse sono compatibili, complementari o conflittuali. Non potremo evitare un dibattito di fondo su che cosa significhi per gli uni e per gli altri volere l’Europa. Dobbiamo chiarire a noi stessi e a tutti gli altri quale Europa vogliamo. Questo sarà senza dubbio il momento della verità.
Oggi sembra vincente l’Europa-mercato. Io la chiamerei “Europa molle”, senza spina dorsale. Ma non a tutti sta bene così. C’è un certo numero di Paesi che non ci sta e c’è il Parlamento europeo con le sue forze politiche maggiori. Bisogna smetterla di ragionare soltanto in termini di Stati, perché in Europa ci sono per fortuna altri soggetti politici. I partiti politici europei, per l’appunto. La storia non è finita con le cadute degli ultimi tempi.

 

   
   
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