Nessuno sembra
disposto ad
affidare il compito di trovare una via duscita a Blair, che
sarebbe invece ansioso di
assumersi il ruolo di salvatore
dellEuropa.
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Tutte le frustrazioni del mondo: tristezza, rammarico, vergogna,
prostrazione pro-fonda... Il fallimento del vertice europeo per
il rifinanziamento del bilancio comunitario negli anni dal 2007
al 2013, dopo che la Costituzione era stata congelata
a seguito del voto negativo francese e olandese, è accreditato
al premier britannico Blair, che dal primo luglio avrebbe preso
il timone della presidenza Ue. E le accuse fioccano da molte parti,
soprattutto dai nuovi Paesi membri, tanto che qualcuno suggerisce
limmagine di una nuova Cortina di ferro, o di un nuovo Muro
tra Ovest ed Est europei, alle prese con scetticismo, ma anche con
odii, diffidenze e sospetti. Polacchi, cechi, ungheresi, sloveni,
i nuovi membri che si erano detti pronti a rinunciare a finanziamenti
comunitari pur di salvare lEuropa con un compromesso, non
hanno nascosto il loro triste senso doffesa. LOvest
europeo è stanco hanno detto e questo suo stato
danimo è e continuerà ad essere pericoloso,
tanto più quanto più durerà.
La vecchia Europa ha paura del nuovo mondo della concorrenza, non
vuole pagare il prezzo del successo, sostiene la Gazeta Wyborcza,
principale medium polacco, fondato negli anni eroici (1980-1990)
della lotta non violenta per la democrazia, che si chiede se nel
no dellEuropa dellOvest a un accordo ci
sia qualcosa di più dellegoismo finanziario, una paura
del futuro. Ed è, questo, un sospetto che unisce Praga e
Budapest, Bratislava e Lubiana, deluse dopo lenorme energia
spesa in decenni per approdare allEuropa e allOccidente,
e convinte che, dopo il tradimento dellalleato
Blair, abbia prevalso la spinta veteroegemonista di Berlino e di
Parigi.
La determinazione dei nuovi entrati era incentrata su un certo pragmatismo.
Se si dovesse andare allesercizio provvisorio avevano
sostenuto concordemente a rimetterci sarebbero stati i Paesi
beneficiari di fondi regionali, che necessitano di una programmazione
di spesa pluriennale: quindi, i Paesi dellEst, ma anche lItalia.

Di tempo, ora, in realtà ce nè pochissimo.
Visto che il 2005 è irrimediabilmente perso, perché
nessuno crede ad un accordo durante i sei mesi della presidenza
britannica, e visto che la procedura richiede mesi di lavoro e negoziati
dalla decisione dei governi allattuazione pratica, gli esperti
giudicano che restino a disposizione per trovare unintesa
i primi tre mesi del 2006. Si potrebbe forse arrivare a giugno,
con la fine della presidenza austriaca. Più in là,
scatta lemergenza e i fondi per il Sud italiano saranno a
rischio.
Sotto la presidenza austriaca si dovrebbe tenere anche il vertice
straordinario limitato ai soli capi di governo, chiesto dalla Francia,
per discutere la crisi aperta dalla bocciatura franco-olandese della
Carta costituzionale. E anche in questo caso nessuno sembra disposto
ad affidare il compito di trovare una via duscita a Blair,
che sarebbe invece ansioso di assumersi il ruolo di salvatore dellEuropa.
Allo stato delle cose, lunica cosa certa è che la Costituzione
resterà congelata almeno fino a dopo le elezioni presidenziali
francesi del 2007, nella speranza, inespressa e probabilmente vana,
che il prossimo inquilino dellEliseo trovi il modo per indire
un nuovo referendum. Ma più la crisi ristagna, più
la polemica anglo-francese sulle due visioni dEuropa cresce
di livello (e siamo solo allinizio), più il tentativo
di far coesistere le due anime dellUnione in un unico testo
diventa obsoleto. È stato scritto che come quei ricchi americani
che si fanno ibernare in attesa che si trovi una cura per guarire
le loro malattie, la Carta europea entra in un freezer dal quale
difficilmente qualcuno si ricorderà di toglierla.
I punti - Le posizioni
Il rimborso - Nel 1984 il premier Margaret Thatcher ottenne un rimborso
dei due terzi del contributo annuale al bilancio dellUe della
Gran Bretagna, allora in grave crisi economica. Nel 2005 la cifra
del rimborso (rebate) è stato di 5,3 miliardi
di euro. Senza interventi correttivi, dovrebbe raggiungere la media
di 7,1 miliardi annui tra il 2007 e il 2013.
La Francia e la maggior parte degli Stati membri hanno chiesto di
ridurlo o di eliminarlo. La Gran Bretagna non ha ceduto. Il Lussemburgo
ha proposto di congelarlo a 4,6 miliardi lanno per il 2007
e di farlo scendere gradualmente fino al 2013.
I contributi - Gli Stati membri contribuiscono al budget comunitario,
pari a circa 100 miliardi di euro annui, con una cifra proporzionale
al Pil.
Germania, Gran Bretagna, Austria, Olanda, Francia e Svezia, i sei
maggiori contribuenti, hanno chiesto di ridurre il loro contributo
all1 per cento del Pil.
LOlanda, irremovibile, chiedeva di pagare 1,5 miliardi in
meno. La Svezia era sulle posizioni olandesi, anche se con toni
più sfumati. Il Lussemburgo ha proposto di fissare il tetto
massimo all1,06 per cento del Pil, contro l1,24 suggerito
dalla Commissione europea. LItalia considera accettabile il
progetto lussemburghese.
La Pac - La Politica agricola comune assorbe il 40 per
cento del budget europeo e la Francia ne è il principale
beneficiario. Nel 2002 Parigi ha ottenuto di congelare il Fondo
della Pac a 43 miliardi di euro fino al 2013, per evitare che con
lallargamento lUnione potesse tagliare i fondi per lagricoltura.
La Gran Bretagna ha chiesto di ridurre i sussidi allagricoltura
a favore di ricerca e tecnologia. LItalia si è allineata
al Regno Unito, sebbene sia tra i Paesi che ricevono le maggiori
sovvenzioni agricole. La Francia si è rifiutata di mettere
in discussione laccordo. Anche la Spagna ha chiesto che la
Pac venga rispettata.
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